2025-02-10
«Macché ritorsioni sui dazi. Con gli Usa si può collaborare»
Nicola Bertinelli (Imagoeconomica)
Il presidente del Consorzio Parmigiano Reggiano Nicola Bertinelli : «Ci proponiamo come interlocutori per far riconoscere nella Ue le eccellenze americane. Siamo a disposizione del governo».Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio Parmigiano Reggiano. Che numeri ha la vostra filiera?«Nel 2024, 4 milioni e 80.000 forme. 11.000 in meno rispetto al 2021. Questo è l’ordine di grandezza. Abbiamo un protocollo per valorizzare e regolamentare la nostra offerta».Una sorta di Opec del Parmigiano…«Detta così non suona affatto bene. I prodotti ad indicazione geografica devono regolamentare la propria offerta in base alla normativa europea. A tutela del territorio e del consumatore. Siamo sottoposti a miriadi di controlli».Il Parmigiano nel mondo che numeri ha?«Su 168.000 tonnellate prodotte annualmente, esportiamo il 43%. Fatto 100 il mercato estero, un 25% è rappresentato dagli Usa, il 24% dalla Francia. La Germania viaggia intorno al 18-19%. Regno Unito al 12%. Canada quinto mercato col 10%».Gli Usa sono il 10% del totale prodotto?«12%».In termini di soldi quanto vale il business del Parmigiano?«Al caseificio due miliardi di euro. Al dettaglio quattro. In America, 250 milioni all’ingrosso e 700 al consumatore. Nel mezzo ci sta l’industria americana che importa le forme intere e poi le porziona per il mercato. Non abbiamo un accordo di libero scambio che riconosce la nostra specificità. Laddove questo accordo esiste non esportiamo invece le forme intere ma il porzionato. Questo ci dà maggiori garanzie di controllo».Curiosità. Come viaggia il Parmigiano?«Nave ovviamente. E quando ci sono tensioni sulla domanda dei container ne risentiamo».Al consumatore finale americano, quanto costa in più il Parmigiano rispetto a noi? Lasciando ancora da parte il tema dazi?«Allargo il ragionamento, così si capisce meglio. Fatto 100 il mercato americano dei formaggi a pasta dura, il 92,5% è Parmesan e affini. Il 7-8% è “il” Parmigiano. Sottolineo “il”, non dico “vero”. Così ci capiamo. Il Parmigiano costa mediamente 40 dollari al chilo. Il Parmesan, che pesa il 92% del mercato, la metà»C’è chi sostiene che il Parmesan tarocco rafforzerebbe l’identità del Parmigiano. Concordi o il cosiddetto «italian sounding» è un danno?«La tesi non è affatto corretta. Il danno per il produttore ma anche per il consumatore è certo. Quest’ultimo può cadere in due tipi di errori. Il primo in termini di autenticità. Crede di acquistare, a torto, il Parmigiano. Il secondo in termini di provenienza. Crede di acquistare comunque un prodotto italiano. Vaglielo a spiegare che quel prodotto non è italiano quando sulla confezione vede il tricolore o il disegno del Colosseo».La differenza di prezzo non basta a mettere in guardia il consumatore…«Fai la spesa, vedi la Torre di Pisa sulla porzione, pensi sia quanto meno formaggio italiano».I dazi, di cui tanto si parla, sul Parmigiano esistono già. Giusto?«Si paga un 15% sul prezzo alla dogana»Messi da Trump nel 2019?«No, questi esistono dalla notte dei tempi. Trump nel 2019 li ha elevati al 40% a causa di un contenzioso fra Stati Uniti ed Ue. L’Organizzazione mondiale del commercio ha rilevato come l’Unione europea si fosse comportata scorrettamente sussidiando il consorzio Airbus (tra Francia e Regno Unito, ndr). Washington è stata autorizzata a mettere i dazi su prodotti dell’Unione europea. E ci abbiamo rimesso noi. Se permetti è un ragionamento folle. Perché dovevamo risarcire noi il danno accertato al comparto aerospaziale americano?».Dillo a chi sostiene che conviene fare la voce grossa con l’Europa unita contro Trump. Peraltro, quel contenzioso fu promosso da Obama.«La nostra visione è che siamo stati sacrificati perché l’anno successivo c’erano le elezioni presidenziali del 2020. E Trump voleva ingraziarsi il voto determinante degli allevatori, agricoltori e produttori di formaggio del Wisconsin. L’industria del Parmesan, per intendersi. Il Wisconsin è uno Stato chiave in ogni elezione presidenziale. Consentimi però un’ulteriore digressione».Prego.«I produttori di latte in America se la passano non benissimo. C’è un eccesso di offerta di latte fresco rispetto alla domanda. I movimenti “No Milk” hanno contribuito a modificare le abitudini degli americani. Ricordi la famiglia Bradford che a colazione aveva in tavola enormi bottiglie di latte? Un ricordo del passato. I produttori vendono il latte a 28 centesimi al litro contro i 55 che abbiamo in Ue. Non coprono i costi di produzione. E Washington paga sussidi veri tramite il farm bill (una sorta di Pac americana) per tenere in vita gli allevatori. L’industria del cibo e la conseguente indipendenza alimentare sono ritenute strategiche per l’economia americana».Eccesso di latte che si riversa sul Parmesan e quindi i suoi produttori spingono di nuovo per i dazi sul Parmigiano?«Teoricamente si. In pratica non ha molto senso. Visto dal lato del politico. Il Parmigiano, dicevamo, rappresenta il 7,5% del mercato dei formaggi a pasti dura e viene venduto al doppio del prezzo. Immaginiamo di aumentare di nuovo i dazi dal 15% al 40% sul prezzo all’ingrosso. Significa un 25% in più. Il prezzo del Parmigiano passerebbe da 20 a 25 dollari a libbra. Ma chi compra oggi il Parmigiano reggiano in America lo fa scientemente. Perché già lo paga di più. Dubito che inizierebbe ad acquistare il Parmesan. Farebbe solo imbufalire l’elettore che ha scelto Trump per abbassare l’inflazione. Non aumentarla».Mi sentirei di dire che i dazi hanno senso, ad esempio, se imposti sulle vetture europee sì da indurre le case automobilistiche a tornare a produrle a Detroit. Ma non puoi fare il Parmigiano nel Wisconsin. Le auto in Michigan invece sì!«Mi sembra che tu abbia centrato il punto. Se nel lungo termine i dazi sono dannosi per tutti, nel breve termine possono servire a preservare l’industria del Paese che mette i dazi. Ma a patto che si parli di beni sostituibili. Essendo il Parmigiano non sostituibile, ancorché imitabile pessimamente con il Parmesan, il dazio farebbe solo aumentare il prezzo. Più in generale un danno per il consumatore senza ottenere nessun vantaggio di tipo economico o industriale».Sul tema dazi avete comunque un piano di azione eventuale se necessario?«Posso dire cosa auspico. Il Parmigiano ha mille anni di storia. Il nostro Consorzio ha compiuto 90 anni da pochi mesi. Senza Parmigiano non ci sarebbe buona parte dell’agricoltura nella nostra regione. Non avrebbe senso economico coltivare le colline. Noi valorizziamo il latte. Abbiamo un patrimonio di conoscenze da mettere a disposizione. Siccome nel Wisconsin, nel Massachussetts e nel Vermont fanno veramente degli ottimi formaggi legati alla loro storia, al loro saper fare, alla loro tradizione ed alla loro heritage, noi possiamo accompagnarli in un percorso per arrivare al riconoscimento commerciale delle loro eccellenze nei nostri territori».Una roba intelligente.«Ci poniamo come interlocutori in un progetto di cooperazione internazionale perché dentro l’Unione europea, un mercato di 500 milioni di persone, le loro eccellenze possano essere riconosciute, tutelate, protette e adeguatamente etichettate. Io ci credo in un Us cheddar, per intendersi».Indurli a valorizzare il loro territorio piuttosto che produrre Parmesan.«Diamo una prospettiva concreta ai produttori americani di latte che racimolano appena 28 centesimi a litro. Non è utopia quello che dico. Siamo riusciti a farlo, ad esempio, con la tequila. Un gran vantaggio per il Messico. Oggi la tequila è un prodotto riconosciuto in quanto tale dentro l’Ue. Grazie anche al nostro sforzo. Abbiamo creato valore per il Messico. Possiamo fare altrettanto per gli Usa. Il nostro governo sa che noi siamo a disposizione per un progetto ambizioso come questo».Che posizione avete a proposito dell’accordo Mercosur con l’America Latina? Negativa come gli agricoltori?«Questo è un tema che non deve essere trattato con leggerezza. Come produttore di Parmigiano Reggiano vedo nell’accordo Mercosur un passo avanti per la tutela delle denominazioni. Ma l’accordo così com’è rischia di essere devastante per la nostra agricoltura. È impensabile aprire il nostro mercato a prodotti che sono stati ottenuti con tecniche, farmaci, sostanze e molecole da noi vietate da anni. Gli antibiotici si usano per curare gli animali, non come fattore di crescita. Altrimenti i nostri agricoltori e allevatori sono fuori mercato e quel che è peggio si fa un danno ai consumatori. E non si creda che tutto si risolva attraverso i controlli in base a determinate soglie limite. Perché statisticamente solo il 3% di ciò che entra alla frontiera viene analizzato. Del resto, il Covid prima e la guerra in Ucraina poi, ci insegnano che la sicurezza alimentare è sicurezza nazionale. Quindi l’accordo in tal senso così com’è spazzerebbe vari i comparti della nostra agricoltura. E come vicepresidente di Coldiretti, e non solo presidente del Consorzio Parmigiano Reggiano, ritengo personalmente che l’accordo non sia accettabile e quindi mi vede fortemente contrario».
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.