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2024-12-06
Berthe Morisot. Pittrice impressionista. Una grande mostra alla GAM di Torino
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Berthe Morisot. Eugène Manet all’isola di Wight, 1875 . Parigi, musée Marmottan Monet, legs Annie Rouart, 1993. lnv. 6029
Padre funzionario statale di alto rango, madre pronipote del celebre pittore Jean-Honoré Fragonard, Berthe Morisot (Bourges, 1841-Parigi, 1895) visse sin da subito in un ambiente familiare estremamente sensibile all’arte e alla cultura. Allieva di Camille Corot - che la spinse a dipingere En plein air – e modella d'elezione di Edouard Manet , con cui ebbe un rapporto di stima e di amicizia forte e profondo (e di cui ne divenne anche la cognata, sposando il fratello Eugène), fu proprio grazie a questo legame che la Morisot , già «insofferente » agli accademismi, abbracciò definitivamente la poetica del nascente movimento impressionista: nel 1973, insieme a Degas, Renoir, Sisley, Pissarro, Monet e altri artisti meno noti fondò la «Società anonima degli artisti, pittori, scultori, incisori, ecc» e nel giro di qualche anno , nonostante fosse una donna, divenne una delle personalità di spicco del gruppo impressionista, unica esponente femminile del movimento. E come tale, oltre che per la sua pennellata lunga e rapida, a tratti incompiuta, sfuggente e frastagliata, capace di rappresentare con grazia gli elementi della natura e della realtà, è passata alla storia… Una figura importante quella di Berthe Morisot, che la città di Torino, nell’anno internazionalmente dedicato all’impressionismo,ha scelto di omaggiare con la bella mostra allestita alla GAM, curata da Maria Teresa Benedetti e Giulia Perin, in collaborazione con il Musée Marmottan Monet di Parigi, istituzione che vanta la più grande raccolta di opere della Morisot.
La mostra, le tematiche e l'allestimento
Un percorso espositivo originale, arricchito da un displey di Stefano Arienti, noto artista contemporaneo, che, in dialogo con le opere esposte, si sviluppa lungo le sale della mostra, regalando al visitatore un’ambientazione inedita. L’intervento di Arienti, che riveste le pareti con carte da parati e nastri d’organza a righe o fiori tipici dell’epoca, dettagli d’arredo, «quadri pongo» e un meraviglioso trompe-l’œil di un grande prato soleggiato, è un allestimento perfetto per entrare in piena sintonia
con l’atmosfera domestica dei soggetti cari alla Morisot (e agli impressionisti in generale), che l’esposizione torinese suddivide in 4 macro-tematiche: sfera familiare, ritratti femminili, paesaggi e giardini e figure nel verde.
Uno stile «leggero» quello di Berthe Morisot, caratterizzato da atmosfere brillanti e cromaticamente intense, ma allo stesso tempo intime e delicate, momenti di vita familiare e di società, dove a dominare è la luce, protagonista assoluta delle sue opere: come in Pasie che cuce nel giardino (1881-82), una tela di grandi dimensioni (concessa dal Musée des Beaux-Arts di Pau ) che ritrae la giovane bambinaia della figlia Julie; Su una panchina al bois de Boulogne (1894); Pastorella nuda sdraiata (1891) e la meravigliosa La bambina con la bambola o l'interno del cottage (1886). Straordinari, inoltre, Autoritratto (1885), Eugène Manet all’isola di Wight (1875) realizzato dalla pittrice durante il viaggio di nozze in Inghilterra e e Il Ciliegio (1891), tra i dipinti ad olio di dimensioni più imponenti realizzati dalla Morisot. Da segnalare, accanto alle opere universalmente conosciute, anche un corpus di lavori meno noti-provenienti da collezioni private - tra i quali spicca Ciotola del latte (1890), esposto per la prima volta in Italia e venduto in un’asta Sotheby’s a maggio 2022 per più di un milione di euro...
Una mostra ricca e ben articolata, che regala al visitatore un «quadro» (è proprio il caso di dirlo…) completo della vita e dell’ universo creativo di un’artista che ha affidato a uno dei suoi diari la perfetta descrizione della sua essenza: «La mia vita si limita a voler fissare qualcosa di quello che accade, e bene, quell’ambizione è ancora smisurata! …un atteggiamento di Julie, un sorriso, un fiore, un frutto, un ramo d’albero, una sola di queste cose mi basta».
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Alla Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea di Torino (sino al 9 marzo 2025), una grande mostra celebra la storia e il percorso artistico di Berthe Morisot, l’unica donna tra i fondatori del movimento impressionista. Dai dipinti alle incisioni, esposte oltre 40 opere, tra cui famosi capolavori provenienti dal Musée Marmottan Monet di Parigi.Padre funzionario statale di alto rango, madre pronipote del celebre pittore Jean-Honoré Fragonard, Berthe Morisot (Bourges, 1841-Parigi, 1895) visse sin da subito in un ambiente familiare estremamente sensibile all’arte e alla cultura. Allieva di Camille Corot - che la spinse a dipingere En plein air – e modella d'elezione di Edouard Manet , con cui ebbe un rapporto di stima e di amicizia forte e profondo (e di cui ne divenne anche la cognata, sposando il fratello Eugène), fu proprio grazie a questo legame che la Morisot , già «insofferente » agli accademismi, abbracciò definitivamente la poetica del nascente movimento impressionista: nel 1973, insieme a Degas, Renoir, Sisley, Pissarro, Monet e altri artisti meno noti fondò la «Società anonima degli artisti, pittori, scultori, incisori, ecc» e nel giro di qualche anno , nonostante fosse una donna, divenne una delle personalità di spicco del gruppo impressionista, unica esponente femminile del movimento. E come tale, oltre che per la sua pennellata lunga e rapida, a tratti incompiuta, sfuggente e frastagliata, capace di rappresentare con grazia gli elementi della natura e della realtà, è passata alla storia… Una figura importante quella di Berthe Morisot, che la città di Torino, nell’anno internazionalmente dedicato all’impressionismo,ha scelto di omaggiare con la bella mostra allestita alla GAM, curata da Maria Teresa Benedetti e Giulia Perin, in collaborazione con il Musée Marmottan Monet di Parigi, istituzione che vanta la più grande raccolta di opere della Morisot.La mostra, le tematiche e l'allestimentoUn percorso espositivo originale, arricchito da un displey di Stefano Arienti, noto artista contemporaneo, che, in dialogo con le opere esposte, si sviluppa lungo le sale della mostra, regalando al visitatore un’ambientazione inedita. L’intervento di Arienti, che riveste le pareti con carte da parati e nastri d’organza a righe o fiori tipici dell’epoca, dettagli d’arredo, «quadri pongo» e un meraviglioso trompe-l’œil di un grande prato soleggiato, è un allestimento perfetto per entrare in piena sintoniacon l’atmosfera domestica dei soggetti cari alla Morisot (e agli impressionisti in generale), che l’esposizione torinese suddivide in 4 macro-tematiche: sfera familiare, ritratti femminili, paesaggi e giardini e figure nel verde. Uno stile «leggero» quello di Berthe Morisot, caratterizzato da atmosfere brillanti e cromaticamente intense, ma allo stesso tempo intime e delicate, momenti di vita familiare e di società, dove a dominare è la luce, protagonista assoluta delle sue opere: come in Pasie che cuce nel giardino (1881-82), una tela di grandi dimensioni (concessa dal Musée des Beaux-Arts di Pau ) che ritrae la giovane bambinaia della figlia Julie; Su una panchina al bois de Boulogne (1894); Pastorella nuda sdraiata (1891) e la meravigliosa La bambina con la bambola o l'interno del cottage (1886). Straordinari, inoltre, Autoritratto (1885), Eugène Manet all’isola di Wight (1875) realizzato dalla pittrice durante il viaggio di nozze in Inghilterra e e Il Ciliegio (1891), tra i dipinti ad olio di dimensioni più imponenti realizzati dalla Morisot. Da segnalare, accanto alle opere universalmente conosciute, anche un corpus di lavori meno noti-provenienti da collezioni private - tra i quali spicca Ciotola del latte (1890), esposto per la prima volta in Italia e venduto in un’asta Sotheby’s a maggio 2022 per più di un milione di euro...Una mostra ricca e ben articolata, che regala al visitatore un «quadro» (è proprio il caso di dirlo…) completo della vita e dell’ universo creativo di un’artista che ha affidato a uno dei suoi diari la perfetta descrizione della sua essenza: «La mia vita si limita a voler fissare qualcosa di quello che accade, e bene, quell’ambizione è ancora smisurata! …un atteggiamento di Julie, un sorriso, un fiore, un frutto, un ramo d’albero, una sola di queste cose mi basta».
Getty Images
Era inoltre il 22 dicembre, quando il Times of Israel ha riferito che «Israele ha avvertito l'amministrazione Trump che il corpo delle Guardie della rivoluzione Islamica dell'Iran potrebbe utilizzare un'esercitazione militare in corso incentrata sui missili come copertura per lanciare un attacco contro Israele». «Le probabilità di un attacco iraniano sono inferiori al 50%, ma nessuno è disposto a correre il rischio e a dire che si tratta solo di un'esercitazione», ha in tal senso affermato ad Axios un funzionario di Gerusalemme.
Tutto questo, mentre il 17 dicembre il direttore del Mossad, David Barnea, aveva dichiarato che lo Stato ebraico deve «garantire» che Teheran non si doti dell’arma atomica. «L'idea di continuare a sviluppare una bomba nucleare batte ancora nei loro cuori. Abbiamo la responsabilità di garantire che il progetto nucleare, gravemente danneggiato, in stretta collaborazione con gli americani, non venga mai attivato», aveva detto.
Insomma, la tensione tra Gerusalemme e Teheran sta tornando a salire. Ricordiamo che, lo scorso giugno, le due capitali avevano combattuto la «guerra dei dodici giorni»: guerra, nel cui ambito gli Stati Uniti avevano colpito tre siti nucleari iraniani, per poi mediare un cessate il fuoco con l’aiuto del Qatar. Non dimentichiamo inoltre che Trump punta a negoziare un nuovo accordo sul nucleare di Teheran con l’obiettivo di scongiurare l’eventualità che gli ayatollah possano conseguire l’arma atomica. Uno scenario, quest’ultimo, assai temuto tanto dagli israeliani quanto dai sauditi.
Il punto è che le rinnovate tensioni tra Israele e Teheran si stanno verificando in una fase di fibrillazione tra lo Stato ebraico e la Casa Bianca. Trump è rimasto irritato a causa del recente attacco militare di Gerusalemme a Gaza, mentre Netanyahu non vede di buon occhio la possibile vendita di caccia F-35 al governo di Doha. Bisognerà quindi vedere se, nei prossimi giorni, il dossier iraniano riavvicinerà o meno il presidente americano e il premier israeliano.
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Il Comune fiorentino sposa l’appello del Maestro per riportare a casa le spoglie di Cherubini e cambiare nome al Teatro del Maggio, in onore di Vittorio Gui. Partecipano al dibattito il direttore del Conservatorio, Pucciarmati, e il violinista Rimonda.
Muwaffaq Tarif, lo sceicco leader religioso della comunità drusa israeliana
Il gruppo numericamente più importante è in Siria, dove si stima che vivano circa 700.000 drusi, soprattutto nel Governatorato di Suwayda e nei sobborghi meridionali della capitale Damasco. In Libano rappresentano il 5% del totale degli abitanti e per una consolidata consuetudine del Paese dei Cedri uno dei comandanti delle forze dell’ordine è di etnia drusa. In Giordania sono soltanto 20.000 su una popolazione di 11 milioni, ma l’attuale vice-primo ministro e ministro degli Esteri Ayman Safadi è un druso. In Israele sono membri attivi della società e combattono nelle Forze di difesa israeliane (Idf) in una brigata drusa. Sono circa 150.000 distribuiti nel nNord di Israele fra la Galilea e le Alture del Golan, ma abitano anche in alcuni quartieri di Tel Aviv.
Lo sceicco Muwaffaq Tarif è il leader religioso della comunità drusa israeliana e la sua famiglia guida la comunità dal 1753, sotto il dominio ottomano. Muwaffaq Tarif ha ereditato il ruolo di guida spirituale alla morte del nonno Amin Tarif, una figura fondamentale per i drusi tanto che la sua tomba è meta di pellegrinaggio.
Sceicco quali sono i rapporti con le comunità druse sparpagliate in tutto il Medio Oriente?
«Siamo fratelli nella fede e nell’ideale, ci unisce qualcosa di profondo e radicato che nessuno potrà mai scalfire. Viviamo in nazioni diverse ed anche con modalità di vita differenti, ma restiamo drusi e questo influisce su ogni nostra scelta. Nella storia recente non sempre siamo stati tutti d’accordo, ma resta il rispetto. Per noi è fondamentale che passi il concetto che non abbiamo nessuna rivendicazione territoriale o secessionista, nessuno vuole creare una “nazione drusa”, non siamo come i curdi, noi siamo cittadini delle nazioni in cui viviamo, siamo israeliani, siriani, libanesi e giordani».
I drusi israeliani combattono nell’esercito di Tel Aviv, mentre importanti leader libanesi come Walid Jumblatt si sono sempre schierati dalla parte dei palestinesi.
«Walid Jumblatt è un politico che vuole soltanto accumulare ricchezze e potere e non fare il bene della sua gente. Durante la guerra civile libanese è stato fra quelli che appoggiavano Assad e la Siria che voleva annettere il Libano e quindi ogni sua mossa mira soltanto ad accrescere la sua posizione. Fu mio nonno ha decidere che il nostro rapporto con Israele doveva essere totale e noi siamo fedeli e rispettosi. La fratellanza con le altre comunità non ci impone un pensiero unico e quindi c’è molta libertà, anche politica nelle nostre scelte».
In Siria c’è un nuovo governo, un gruppo di ex qaedisti che hanno rovesciato Assad in 11 giorni e che adesso si stanno presentando al mondo come moderati. Nei mesi scorsi però i drusi siriani sono stati pesantemente attaccati dalle tribù beduine e Israele ha reagito militarmente per difendere la sua comunità.
«Israele è l’unica nazione che si è mossa per aiutare i drusi siriani massacrati. Oltre 2000 morti, stupri ed incendi hanno insanguinato la provincia di Suwayda, tutto nell’indifferenza della comunità internazionale. Il governo di Damasco è un regime islamista e violento che vuole distruggere tutte le minoranze, prima gli Alawiti ed adesso i drusi. Utilizzano le milizie beduine, ma sono loro ad armarle e permettergli di uccidere senza pietà gente pacifica. Siamo felici che l’aviazione di Tel Aviv sia intervenuta per fermare il genocidio dei drusi, volevamo intervenire personalmente in sostegno ai fratelli siriani, ma il governo israeliano ha chiuso la frontiera. Al Shara è un assassino sanguinario che ci considera degli infedeli da eliminare, non bisogna credere a ciò che racconta all’estero. La Siria è una nazione importante ed in tanti vogliono destabilizzarla per colpire tutto il Medio Oriente. Siamo gente semplice e povera, ma voglio comunque fare un appello al presidente statunitense Donald Trump di non credere alle bugie dei tagliagole di Damasco e di proteggere i drusi della Siria».
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