
«La situazione più difficile è nel Donetsk». Ad affermarlo ieri, dopo un confronto con il comandante in capo delle forze di difesa Oleksandr Syrskyi con cui si è dipinto un quadro generale in merito ai vari fronti del conflitto con la Russia, è stato Volodymyr Zelensky. In particolare, il presidente ucraino ha ammesso che il proprio esercito sta soffrendo la forte pressione esercitata dal nemico nella direzione di Kurakhiv, punto strategico per tenere il controllo degli oblast di Donetsk e Luhansk. Inoltre, stando a quanto appreso dal Kyiv Independent che riporta le dichiarazioni del portavoce del Comando meridionale dell’esercito ucraino, Vladyslav Voloshyn, la Russia starebbe preparando una massiccia offensiva da sferrare nei pressi del distretto di Velyka Novosilka che collega le regioni di Donetsk e Dnipropetrovsk. Il livello di guardia rimane molto alto anche a Zaporizhzhia, dove l’area attorno alla centrale nucleare è ancora fortemente instabile e si teme un’azione russa in direzione di Huliaipole e Orikhiv, in base alle informazioni raccolte dall’intelligence ucraina riguardo a spostamenti di armi e munizioni delle truppe di Mosca nella zona. A Kharkiv, invece, un missile russo ha provocato almeno 23 feriti. In tutta risposta Kiev non sta a guardare, specialmente da quando può attingere dai missili balistici americani. Il ministero della Difesa russo ha infatti denunciato ieri di averne dovuto abbattere otto in 24 ore: «I sistemi di difesa aerea hanno abbattuto otto missili balistici, sei bombe aeree guidate Jdam di fabbricazione statunitense e 45 droni», si legge nella nota. Tuttavia, nella regione di Kaluga a Sud di Mosca, i detriti provocati dall’esplosione di tre droni intercettati dalla difesa aerea hanno causato un incendio all’interno di un deposito di petrolio appartenente alla società Kaluganafteprodukt Jsc, accusata da Kiev di essere coinvolta nel sostegno dell’aggressione militare russa.
Nel frattempo, il piano diplomatico continua a essere fortemente inclinato e condizionato a causa dell’eventuale coinvolgimento di soldati occidentali a sostegno dell’Ucraina paventato ieri da Regno Unito e Francia. A svelare il presunto piano bellicoso ideato da Emmanuel Macron è stato ieri il quotidiano transalpino Le Monde, secondo cui sarebbero state riattivate le discussioni tra Parigi e Londra sull’invio di truppe occidentali e di società di difesa private sul suolo ucraino, per non farsi trovare impreparati nella prospettiva di un eventuale disimpegno americano nel sostegno a Kiev una volta che Donald Trump si insedierà ufficialmente alla Casa Bianca il prossimo 20 gennaio. Uno scenario sul quale c’è differenza di vedute all’interno degli alleati europei, con Germania e Italia in testa. Se Roma, attraverso le parole del ministro degli Esteri Antonio Tajani pronunciate ieri a margine del G7 Esteri a Fiuggi, ha ribadito che non invierà nessun soldato a combattere in Ucraina al fine di evitare qualsiasi escalation, Berlino difende la scelta di non aver consegnato a Kiev i missili da crociera Taurus. Inoltre, il governo guidato da Olaf Scholz, preso atto del momento delicato in seguito al lancio di prova del nuovo missile balistico Oreshnik effettuato lo scorso 21 novembre dalla Russia su Dnipro e alle recenti minacce con cui Vladimir Putin ha detto di non escludere attacchi ai Paesi occidentali, ha esortato i cittadini a creare rifugi protettivi nelle case convertendo scantinati e garage in bunker antiaerei da utilizzare in caso di emergenza.






