2021-03-16
Bergoglio proibisce di benedire le unioni gay
Il Pontefice approva il responso della Congregazione per la dottrina della fede: non è lecito invocare grazie divine per coppie omosessuali. Con buona pace dei vescovi che avevano tentato la fuga in avanti, teorizzando la possibilità di cambiare la prassi.Cozza contro la dottrina, i canoni, le Scritture, la tradizione, insomma non possumus. Dopo un balletto durato anni, qualche richiesta al proposito covava già sotto le braci del doppio sinodo sulla famiglia 2014-2015, arriva l'ex Sant'Uffizio a dire che «la benedizione delle unioni omosessuali non può essere considerata lecita». Non solo. Perché il «non licet» pronunciato ieri vale anche per le benedizioni di coppie conviventi o coppie di fatto.La Congregazione per la dottrina della fede rispondendo ad un quesito - dubium - con un responsum approvato da papa Francesco, mette nero su bianco che «non è lecito impartire una benedizione a relazioni, o a partenariati anche stabili, che implicano una prassi sessuale fuori dal matrimonio». Con tanti saluti alla Chiesa tedesca, impegnata in un cammino sinodale di due anni che preoccupa il Vaticano e da cui si erano levate autorevoli richieste per arrivare alla benedizione di coppie omosessuali. E tanti saluti anche al vescovo belga di Anversa, monsignor Johan Bonny, che da vero pioniere nel 2016 scriveva un libro in cui sosteneva che la Chiesa non può «continuare ad affermare che non esiste nessun altro tipo di amore diverso da quello del matrimonio eterosessuale. Troviamo lo stesso amore di un uomo e una donna che vivono insieme», scriveva, «anche nei gay e nelle lesbiche». Perciò auspicava di creare «un rito alternativo» che consentisse appunto la benedizione in chiesa delle coppie omosessuali, dei divorziati risposati e dei conviventi. Ora, dopo il chiarimento firmato dal cardinale prefetto Louis Ladaria e approvato dal Papa, di «alternativo» restano solo le richieste di questi vescovi, come quella di monsignor Heinrich Timmerevers di Dresda che nell'ottobre scorso aveva annunciato alla agenzia cattolica Kna di voler ampliare la cura pastorale per gli omosessuali attraverso un percorso che poteva anche portare alla benedizione per le coppie omosessuali. Oppure come, appena un mese fa, aveva richiesto monsignor Peter Kohlgraf, altro vescovo tedesco, questa volta di Magonza, che sulla rivista diocesana aveva chiaramente aperto alla possibilità di benedire coppie gay.Ci sarà anche amore in queste coppie, ma, scrive l'ex Sant'uffizio, «la presenza in tali relazioni di elementi positivi, che in sé sono pur da apprezzare e valorizzare, non è comunque in grado di coonestarle e renderle quindi legittimamente oggetto di una benedizione ecclesiale, poiché tali elementi si trovano al servizio di una unione non ordinata al disegno del Creatore». Qui si sente l'eco di quanto riportato nel Catechismo della chiesa cattolica a proposito degli atti omosessuali ritenuti «intrinsecamente disordinati» e «contrari alla legge naturale». Un passaggio della dottrina che taluni sacerdoti e teologi definiti «arcobaleno», per il loro impegno nella pastorale per le persone omosessuali, che spesso sfocia in una sorta di militanza nella galassia Lgbt, lavorano per cancellare o riformulare. Tra loro spicca il gesuita americano padre James Martin, che sui ponti da gettare verso il mondo Lgbt ha scritto perfino un best seller, tradotto anche in italiano con prefazione del cardinale di Bologna, Matteo Zuppi. La non liceità delle benedizioni, oltre che per la questione dell'unione «non ordinata al disegno del Creatore», è anche perché «costituirebbe in certo qual modo una imitazione o un rimando di analogia con la benedizione nuziale, invocata sull'uomo e la donna che si uniscono nel sacramento del matrimonio, dato che “non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppur remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia"».Il punto è chiaro, peraltro, sempre in rimando al già citato Catechismo, si nota che «la comunità cristiana e i pastori sono chiamati ad accogliere con rispetto e delicatezza le persone con inclinazione omosessuale», secondo la nota classica della Chiesa per cui un conto è il peccato e un conto il peccatore. Tanto che non si esclude, «che vengano impartite benedizioni a singole persone con inclinazione omosessuale» nel momento in cui queste persone appunto manifestino la «volontà di vivere in fedeltà ai disegni rivelati di Dio così come proposti dall'insegnamento ecclesiale», ossia quella «castità» poco alla moda, ma che resta pur sempre l'indicazione anche per le persone eterosessuali al di fuori del matrimonio. Infine, il cardinale Ladaria, con approvazione esplicita di papa Francesco, scrive: «La Chiesa rammenta che Dio stesso non smette di benedire ciascuno dei suoi figli pellegrinanti in questo mondo, perché per Lui “siamo più importanti di tutti i peccati che noi possiamo fare". Ma non benedice né può benedire il peccato». Il documento è così una presa di posizione precisa e non troppo discutibile. È vero che Francesco è il Papa del «chi sono io per giudicare un gay che cerca il Signore e ha buona volontà», è vero che in un'intervista inserita in un docufilm ha aperto a norme che riconoscano qualche forma di leggi per la convivenza civile, è vero che durante il doppio sinodo sulla famiglia si sono fatti molti passi verso il riconoscimento di un certo «bene possibile» in molte unioni, ma questo responsum suona come un argine posto a custodia del fiume cattolico. Suona come un duplice avvertimento: la pastorale dell'ospedale da campo ha una sua, diciamo così, deontologia non modificabile a piacere; l'altro avvertimento è rivolto innanzitutto alla Chiesa in Germania e a tutti quelli sparsi nell'orbe cattolico (Italia compresa) che «tanto lo facciamo lo stesso». La Chiesa delle periferie ha un suo centro. A Roma. E quando Roma locuta causa finita est.
(Guardia di Finanza)
I peluches, originariamente disegnati da un artista di Hong Kong e venduti in tutto il mondo dal colosso nella produzione e vendita di giocattoli Pop Mart, sono diventati in poco tempo un vero trend, che ha generato una corsa frenetica all’acquisto dopo essere stati indossati sui social da star internazionali della musica e del cinema.
In particolare, i Baschi Verdi del Gruppo Pronto Impiego, attraverso un’analisi sulla distribuzione e vendita di giocattoli a Palermo nonché in virtù del costante monitoraggio dei profili social creati dagli operatori del settore, hanno individuato sette esercizi commerciali che disponevano anche degli iconici Labubu, focalizzando l’attenzione soprattutto sul prezzo di vendita, considerando che gli originali, a seconda della tipologia e della dimensione vengono venduti con un prezzo di partenza di circa 35 euro fino ad arrivare a diverse migliaia di euro per i pezzi meno diffusi o a tiratura limitata.
A seguito dei preliminari sopralluoghi effettuati all’interno dei negozi di giocattoli individuati, i finanzieri ne hanno selezionati sette, i quali, per prezzi praticati, fattura e packaging dei prodotti destavano particolari sospetti circa la loro originalità e provenienza.
I controlli eseguiti presso i sette esercizi commerciali hanno fatto emergere come nella quasi totalità dei casi i Labubu fossero imitazioni perfette degli originali, realizzati con materiali di qualità inferiore ma riprodotti con una cura tale da rendere difficile per un comune acquirente distinguere gli esemplari autentici da quelli falsi. I prodotti, acquistati senza fattura da canali non ufficiali o da piattaforme e-commerce, perlopiù facenti parte della grande distribuzione, venivano venduti a prezzi di poco inferiori a quelli praticati per gli originali e riportavano loghi, colori e confezioni del tutto simili a questi ultimi, spesso corredati da etichette e codici identificativi non conformi o totalmente falsificati.
Questi elementi, oltre al fatto che in alcuni casi i negozi che li ponevano in vendita fossero specializzati in giocattoli originali di ogni tipo e delle più note marche, potevano indurre il potenziale acquirente a pensare che si trattasse di prodotti originali venduti a prezzi concorrenziali.
In particolare, in un caso, l’intervento dei Baschi Verdi è stato effettuato in un negozio di giocattoli appartenente a una nota catena di distribuzione all’interno di un centro commerciale cittadino. Proprio in questo negozio è stato rinvenuto il maggior numero di pupazzetti falsi, ben 3.000 tra esercizio e magazzino, dove sono stati trovati molti cartoni pieni sia di Labubu imbustati che di scatole per il confezionamento, segno evidente che gli addetti al negozio provvedevano anche a creare i pacchetti sorpresa, diventati molto popolari proprio grazie alla loro distribuzione tramite blind box, ossia scatole a sorpresa, che hanno creato una vera e propria dipendenza dall’acquisto per i collezionisti di tutto il mondo. Tra gli esemplari sequestrati anche alcune copie più piccole di un modello, in teoria introvabile, venduto nel mese di giugno a un’asta di Pechino per 130.000 euro.
Soprattutto in questo caso la collocazione all’interno di un punto vendita regolare e inserito in un contesto commerciale di fiducia, unita alla cura nella realizzazione delle confezioni, avrebbe potuto facilmente indurre in errore i consumatori convinti di acquistare un prodotto ufficiale.
I sette titolari degli esercizi commerciali ispezionati e destinatari dei sequestri degli oltre 10.000 Labubu falsi che, se immessi sul mercato avrebbero potuto fruttare oltre 500.000 euro, sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria per vendita di prodotti recanti marchi contraffatti.
L’attività s’inquadra nel quotidiano contrasto delle Fiamme Gialle al dilagante fenomeno della contraffazione a tutela dei consumatori e delle aziende che si collocano sul mercato in maniera corretta e che, solo nell’ultimo anno, ha portato i Baschi Verdi del Gruppo P.I. di Palermo a denunciare 37 titolari di esercizi commerciali e a sequestrare oltre 500.000 articoli contraffatti, tra pelletteria, capi d’abbigliamento e profumi recanti marchi delle più note griffe italiane e internazionali.
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