2023-10-28
Bergoglio fa processare il gesuita accusato di 30 anni di abusi sessuali
Papa Francesco (in foto piccola Marko Ivan Rupnik) Ansa
Padre Rupnik è indicato da svariati testimoni come il responsabile di decenni di molestie e vessazioni e ha fatto ricorso contro l’ordine, che l’aveva espulso. L’intervento papale lo porterà a giudizio in Vaticano. Marko Ivan Rupnik, il gesuita noto in tutto il mondo per i suoi mosaici, sarà processato in Vaticano per gli abusi psicologici e sessuali di cui lo accusano numerose donne, religiose della Comunità di Loyola a Lubiana di cui era il padre spirituale. La decisione è stata presa da papa Francesco e resa nota ieri, a poche ore dall’uscita d’una notizia di tenore opposto: quella secondo cui il sacerdote era stato incardinato nella diocesi di Capodistria dal vescovo Jurij Bizjak alla fine di agosto. Un passaggio, quest’ultimo, che aveva destato stupore non solo alla luce delle gravi accuse contro Rupnik, ma anche del fatto che la stessa Compagnia di Gesù lo aveva cacciato lo scorso 14 luglio, dopo che il sacerdote non aveva presentato ricorso contro il decreto di espulsione ratificato lo scorso giugno. Accusato, come si diceva, di abusi su diverse religiose nell’arco di 30 anni - molteplici accuse «di ogni tipo», ha ammesso ancora la Compagnia di Gesù -, Rupnik era stato dimesso «a causa del suo rifiuto ostinato a osservare il voto di obbedienza»; ciò nonostante, di questa vicenda era rimasto poco chiaro il motivo per cui l’indagine avviata su di lui dalla Santa Sede non avesse portato alla dimissione dallo stato clericale; prova ne sia la citata ed avvenuta incardinazione del sacerdote nella diocesi di Capodistria, notizia diffusa la quale da ogni parte del mondo si sono levate critiche e pure insinuazioni sul fatto che il teologo e artista potesse avere qualche protettore eccellente tra i sacri palazzi.Tutto questo fino a ieri, con l’intervento di papa Bergoglio che ha chiesto al dicastero per la dottrina della fede di esaminare il caso di padre Rupnik. Una decisione con cui il pontefice ha «deciso di derogare alla prescrizione per consentire lo svolgimento di un processo». A renderlo noto è stata una dichiarazione Santa Sede nella quale si è sottolineato come il Papa sia «fermamente convinto che se c’è una cosa che la Chiesa deve imparare dal Sinodo è ascoltare con attenzione e compassione coloro che soffrono, soprattutto coloro che si sentono emarginati dalla Chiesa».Nella stessa nota si è altresì segnalato come «nel mese di settembre la Pontificia commissione per la Tutela dei minori» avesse «segnalato al Papa gravi problemi nella gestione del caso di padre Marko Rupnik e la mancanza di vicinanza alle vittime». La decisione papale è insomma maturata sulla base di espliciti richiami sulla gravità dell’affare Rupnik, anche se certamente un suo peso deve averlo avuto l’appuntamento sinodale, che si concluderà domenica ma del quale sono già stati resi noti dei lavori conclusivi. Come la Lettera al popolo di Dio, un documento indirizzato dall’assemblea sinodale a tutta la Chiesa e nel quale si afferma come la Chiesa, appunto, abbia non la possibilità bensì «il dovere di ascoltare, in spirito di conversione, coloro che sono stati vittime di abusi commessi da membri del corpo ecclesiale, e di impegnarsi concretamente e strutturalmente affinché ciò non accada più». In un simile contesto, è evidente come un mancato intervento sulla vicenda Rupnik - col sacerdote non solo non ridotto allo stato laicale, ma addirittura incardinato in una diocesi - avrebbe rappresentato una contraddizione. Tornando invece al Sinodo sulla sinodalità, la cui prima sessione è agli sgoccioli (la seconda si terrà nell’ottobre 2024), c’è da dire che verosimilmente non ci saranno grosse sorprese. Per quanto infatti - come reso noto da Paolo Ruffini, prefetto del dicastero per la comunicazione della Santa Sede e presidente della commissione dell’informazione - ai membri dell’assemblea giovedì sia stata sottoposta una relazione di sintesi di 40 pagine i contenuti ancora non si conoscono, tutto lascia presagire che essa non contenga alcuna novità particolare, rispetto a quanto ci si aspettava anche dal punto di vista progressista.Significative, in tal senso, le critiche che giovedì sul Corriere della Sera ha vibrato Alberto Melloni, attaccando un appuntamento sinodale in cui, a suo dire, «il sistema dei tavoli tematici ha tacitato i saperi» e quello degli «interventi plenari della durata di tre minuti» non ha fatto di meglio, producendo solo «un torrente di pensieri frammentati: un lungo tik-tok chiesastico, nel fluire del quale nessuno capisce dove si vada o si debba andare». La montagna sinodale, le cui fasi preparatorie durano ormai da molto tempo, pare insomma accingersi a partorire un topolino, con la relazione di sintesi che, secondo alcune fonti, sarà poco più di un calco di quell’Instrumentum laboris che era il documento di base dell’assemblea.Se dunque qualcosa di davvero nuovo arriverà, nell’appuntamento sinodale, non arriverà prima del 2024. Del resto, papa Francesco ha più volte fatto capire come ciò che gli sta a cuore sia «aprire processi» più che compiere rivoluzioni. Prova ne siano le sue parole riportate nel libro Non sei solo. Sfide, risposte, speranze realizzato in Argentina dai giornalisti Francesca Ambrogetti, ex responsabile dell’Ansa nel Paese sudamericano, e Sergio Rubin del quotidiano El Clarin, in cui il pontefice ribadisce il no al sacerdozio femminile e al celibato opzionale per i preti, cosa che per Bergoglio potrà introdurre «se lo riterrà opportuno» il suo successore. Per ora nessuno stravolgimento, dunque. Solo «processi aperti». Come quello di tenore diverso - da tanti auspicato e finalmente alle porte - per Rupnik.
Pedro Sánchez (Getty Images)
Alpini e Legionari francesi si addestrano all'uso di un drone (Esercito Italiano)
Oltre 100 militari si sono addestrati per 72 ore continuative nell'area montana compresa tra Artesina, Prato Nevoso e Frabosa, nel Cuneese.
Obiettivo dell'esercitazione l'accrescimento della capacità di operare congiuntamente e di svolgere attività tattiche specifiche dell'arma Genio in ambiente montano e in contesto di combattimento.
In particolare, i guastatori alpini del 32° e i genieri della Legione hanno operato per tre giorni in quota, sul filo dei 2000 metri, a temperature sotto lo zero termico, mettendo alla prova le proprie capacità di vivere, muoversi e combattere in montagna.
La «Joint Sapper» ha dato la possibilità ai militari italiani e francesi di condividere tecniche, tattiche e procedure, incrementando il livello di interoperabilità nel quadro della cooperazione internazionale, nella quale si inserisce la brigata da montagna italo-francese designata con l'acronimo inglese NSBNBC (Not Standing Bi-National Brigade Command).
La NSBNBC è un'unità multinazionale, non permanente ma subito impiegabile, basata sulla Brigata alpina Taurinense e sulla 27^ Brigata di fanteria da montagna francese, le cui componenti dell'arma Genio sono rispettivamente costituite dal 32° Reggimento di Fossano e dal 2° Régiment étranger du Génie.
È uno strumento flessibile, mobile, modulare ed espandibile, che può svolgere missioni in ambito Nazioni Unite, NATO e Unione Europea, potendo costituire anche la forza di schieramento iniziale di un contingente più ampio.
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A Dimmi La Verità Stefania Bardelli, leader del Team Vannacci di Varese, fa chiarezza sul rapporto con la Lega e sulle candidature alle elezioni degli esponenti dei team.