2025-08-06
Ora Sala chiede aiuto alla Regione
Il primo cittadino sui lavori bloccati: «Serve un tavolo con tutti dentro, famiglie e Comune da soli non ce la fanno». E poi cerca di intestarsi il «modello Milano».La strategia è sempre la stessa. Quando si è nei guai basta spostare l’attenzione dal cuore del problema. Questo il tentativo del sindaco di Milano Beppe Sala che ieri ai microfoni di Rtl 102.5 ha cercato di far credere che ad esser messo in discussione non è la giunta da lui guidata, ma il cosiddetto «modello Milano».«Se tu costruisci in orizzontale, consumi suolo. Se tu costruisci in verticale, ne consumi di meno. Se adesso ci è venuta tutta di colpo la paura dei grattacieli, io mi dissocio e probabilmente, io e chi è venuto prima di me, fino ad Albertini, siamo stati tutti sindaci sbagliati. Ma cos’è adesso? Abbiamo paura dei grattacieli? No, perché va bene appunto il concetto del mainstream, però anche senza esagerazione Quando io sono diventato sindaco, ho capito che Milano sarebbe entrata in una fase di crisi dal punto di vista industriale. Le grandi aziende non c’erano più. Dove si trovava lavoro, e sottolineo lavoro? Aumentando il turismo, facendo crescere le nostre università, attraendo investimenti stranieri. E questi cosa vogliono? Vogliono spazi, vogliono uffici, vogliono case. Se poi il giudizio sul mio operato sarà negativo, sarà negativo. Ma non posso dire che da questo punto di vista preferisco la Milano di prima. Assolutamente no». E ancora: «Si passa da magnificare il “modello Milano”, per cui è tutto perfetto, a farlo diventare il “sistema Milano”. Queste cose non servono e non corrispondono a realtà, assolutamente. Chi fa per definizione sbaglia». Così si difende Sala, cercando di impersonificare il “modello Milano” e far passare le critiche verso di lui come critiche verso un modello che non ha neanche contribuito a far nascere. Semmai a far morire. Così ha insistito: «Io continuo a dirlo, se noi prendessimo qualunque milanese e lo portassimo in giro per la città a vedere oggi cos’è ogni singolo quartiere con le fotografie in mano di vent’anni fa, e poi gli facessimo la domanda se Milano è migliorata o no», risponderebbe che «Milano è migliorata. Poi la giustizia farà il suo corso, ci mancherebbe altro. Ma non possiamo buttare tutto via. Milano ha fatto un percorso ed è l’unica città internazionale italiana, l’unica che sia sviluppata così. Ripeto, attraverso possibili anche errori, ma buttare via tutto mi sembra una cosa profondamente sbagliata», ha proseguito.Più avanti finge di assumersi le responsabilità spiegando: «Non sto dicendo che le cose siano state fatte a mia insaputa, sarebbe deresponsabilizzante. A Milano possono esserci state operazioni non corrette, ma nella stragrande maggioranza le operazioni immobiliari che sono state fatte hanno un senso, anzi le rivendico». Si prende così il merito della rinascita di Milano, di vent’anni di politiche, di traguardi che, appunto, non sono state avviate da lui, ma piuttosto da Gabriele Albertini, mentre quello di cui lo si accusa è di aver fatto diventare Milano una città per ricchi, inaccessibile ed esclusiva nel senso peggiore del termine. L’aspetto politico della vicenda rimane: comunque vada a finire l’inchiesta la maggior parte dei milanesi non può permettersi di vivere in città, deve andar fuori.Adesso ci sono 4.000 famiglie che aspettano risposte, ma soprattutto, di vedere finite le case che hanno già acquistato e in cui si aspettavano di andare ad abitare. Qui Sala mostra tutta la sua debolezza e la grande difficoltà politica in cui si trova chiedendo aiuto a tutti, opposizione e Regione Lombardia comprese. «Facciamo un tavolo in cui ci mettiamo tutti i protagonisti, perché famiglie e Comune da soli non possono risolvere la questione. In questo tavolo ci devono essere anche i costruttori e l’accordo deve essere siglato dalla Procura. Quindi se ne viene fuori se tutti fanno la loro parte».
Matteo Salvini (Ansa)
«È un peccato perché noi veniamo a portare 12 miliardi di investimento sul territorio toscano che riguardano anche Pisa e Livorno, poi in un giorno particolare come il 7 ottobre, dove la politica dovrebbe solo ricordare e pregare per 1.200 innocenti uccisi da terroristi islamici. Invece, c’erano questi qua con la bandiera della Palestina, una volta uno aveva la bandiera della squadra di calcio. Ci gridavano fascisti a noi, mentre ci impedivano di parlare. Lancio di fumogeni e bomba carta contro la polizia, un poliziotto ferito, due arrestati, passanti colpiti, uno andato al pronto soccorso: non sono scene di città libere e belle come quelle toscane nel 2025. Spero che ci sia domenica una reazione dei tanti toscani che non sono così.»
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