2018-12-29
Benetton all’attacco per riprendersi il ponte
Doppia strategia di Autostrade. Da un lato fa ricorso al Tar e chiede di annullare i decreti che stabiliscono le regole per affidare i lavori. Dall'altro compra per 20 milioni i terreni destinati all'esproprio di sei aziende nella zona rossa, dove sorgeranno i cantieri.Giocare a Monopoli dopo 43 morti. Sulle macerie del ponte Morandi tocca vedere anche questo. Alla vigilia di Natale, società Autostrade ha rilevato per 20 milioni di euro una serie di aree industriali nella zona rossa del Polcevera, proprio a ridosso del moncone ovest del ponte crollato la vigilia di Ferragosto. Si tratta di aree che, nel corso di quella ricostruzione dalla quale la società dei Benetton è stata esclusa per «punizione» dal governo, andranno sicuramente espropriate. Sembra un remake della storia di Fiumicino, l'aeroporto romano gestito sempre dai Benetton il cui ampliamento passa per un esproprio di terreni agricoli rilevati dagli stessi industriali veneti.Intanto, è partito il ricorso di Autostrade al Tar contro i primi provvedimenti del governo, al grido di «Siamo stati usati come bancomat». Niente richiesta di sospensiva «per rispetto dei genovesi», ma comunque il segno inequivocabile che è partita la controffensiva giudiziaria contro i gialloblù. Terzo fronte caldo, comune anche a tutti gli altri gestori, è quello dei consueti rincari tariffari che dovrebbero scattare a inizio 2019. Il ricorso al Tar, rivelato con uno scoop di Secolo XIX e Stampa, ha spinto Autostrade a diramare un comunicato nel quale dice di «considerare una priorità assoluta l'interesse di Genova e dei genovesi e di voler cooperare con il commissario Marco Bucci, con il quale i confronti sono quotidiani e costruttivi, per far sì che Genova abbia quanto prima il nuovo ponte autostradale. La decisione di non chiedere la sospensiva dei provvedimenti del commissario, come la società stessa aveva già comunicato a valle del cda dello scorso 13 dicembre, ne è la più chiara confermala». Ma la mano di Monopoli in zona macerie non è stata smentita dai diretti interessati. E se poi i prezzi dell'esproprio risulteranno vantaggiosi, diventerebbe uno scandalo nello scandalo. Il 20 dicembre sono scaduti i termini per il trasferimento delle aree alla gestione commissariale e tra queste non ci sono quattro terreni in zona rossa. Si tratta di aree che appartenevano a sei diverse aziende: Acremoni, Garbarino, Varani, Lamparelli, Venturi e Ferrometal. Ebbene, il 24 dicembre Autostrade ha messo a segno il colpo comprandole dai diretti interessati per una somma totale di circa 20 milioni, ovvero 1.300 al metro quadro, a parte la valutazione separata dei vari macchinari. Si tratta della stessa valutazione contenuta nel decreto Genova per quanto concerne gli espropri. Se il prezzo dei terreni non è destinato a cambiare, nulla quaestio. Qualunque variazione al decreto, però, potrebbe avvantaggiare Autostrade. Del resto a Fiumicino è in corso un braccio di ferro perché lo Stato tolga il vincolo su alcuni terreni agricoli utili al raddoppio dello scalo, terre che sono proprio dei Benetton. L'alternativa, a pensar male, è che la società dei Benetton abbia voluto procurarsi con pochi milioni una pistola da mettere sul tavolo: il blocco degli espropri, previa opposizione giudiziale. Ma la società ieri ha smentito nettamente questa eventualità e lo stesso sindaco Marco Bucci ha detto che non teme brutti scherzi da questa silenziosa acquisizione. «Il fatto che Autostrade abbia acquisito le aree rende più facile il nostro lavoro», ha detto il primo cittadino di Genova, puntando sul fatto che con meno soggetti si tratta e meglio è. Dal canto suo Autostrade ha stipulato con le sei aziende dei contratti che fanno salvi stipendi e commesse in atto e quindi può affermare a buon diritto che così facendo sta dando una mano alle imprese del Polcevera. In cambio, ma anche qui vige un obbligo di riservatezza, non è da escludere che le sei aziende venditrici abbiano deciso di rinunciare a qualunque richiesta di risarcimento danni da parte di chi verrà ritenuto responsabile del crollo.Sempre in clima pre natalizio, ma questa volta il 13 dicembre, Autostrade ha dato inizio alla rimonta giudiziaria. I legali del gruppo hanno presentato un ricorso di 40 pagine al Tar della Liguria, che come tutti i Tar d'Italia è più o meno una tombola e può, da solo, bloccare anche la grande opera più necessaria, in cui si chiede l'annullamento di quattro atti pubblici. Il più importante è l'atto governativo di nomina di Marco Bucci come commissario, che se venisse giudicato illegittimo fermerebbe tutto quanto. E poi, a cascata, ci sono i tre decreti commissariali dello stesso Bucci sull'affidamento dei vari lavori. Autostrade ha citato in giudizio il premier Giuseppe Conte, il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli, e ovviamente Bucci. La società dei Benetton ha però voluto far sapere che se non è stata presentata la classica richiesta di sospensiva degli atti impugnati è stato non per dimenticanza, ma per rispetto dei cittadini. Il fairplay è dunque formalmente salvo, ma nel ricorso gli avvocati sono andati giù pesante: gli atti sarebbero stati deliberati «in assenza di qualsiasi accertamento di responsabilità, con intenti palesemente sanzionatori, resi ancor più evidenti dalle molteplici esternazioni di esponenti governativi». «La concessionaria», proseguono, «può dunque fare soltanto una cosa: pagare qualsiasi importo le richiederà il commissario» trasformandosi in un «bancomat» e incappando in una «sostanziale forma di espropriazione».Il terzo fronte caldo è quello dei soli aumenti dei pedaggi autostradali. I concessionari come Gavio e Toto hanno capito che per «colpa» di Autostrade non tira aria di aumenti, a gennaio, anche se non è ancora da escludere il solito ritocco all'insù. E allora hanno chiesto una serie di compensazioni per limitare o bloccare i rincari, compensazioni che secondo loro sarebbero già indicate nelle varie concessioni, anche se in modo magari un po' criptico come da (non) specchiata tradizione autostradale. Invece il governo ritiene che le compensazioni non siano automatiche e comunque si riserva di decidere eventuali aumenti con decreti separati. Intanto i gestori valdostani hanno deciso di uscire allo scoperto: se i Gavio, che gestiscono il primo tratto (Quincinetto-Aosta) hanno optato per il pareggio, la Rav (parte di Autostrade per l'Italia), che gestisce i 37 chilometri dal capoluogo al tunnel del Bianco, vuole il 6,3% in più. Non paga di aver avuto un aumento del 52,7% nel 2017, che l'ha fatta diventare la tratta più cara d'Italia.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)