2022-04-06
«Presto per dire che Putin ha perso. Tra 15-20 giorni l’attacco nel Sud»
Il direttore della «Rivista italiana Difesa», Pietro Batacchi (Getty Images)
Pietro Batacchi, direttore della «Rivista italiana Difesa»: «I russi mirano alle infrastrutture strategiche per ammorbidire le posizioni negoziali ucraine. Odessa rimane però fuori portata. Dopo il flop iniziale, la ritirata è perfetta».Pietro Batacchi, direttore della Rivista italiana Difesa, i russi stanno perdendo la guerra?«Nella prima fase, durata tre o quattro giorni non hanno raggiunto gli obiettivi che si erano prefissati».Quali, di preciso?«Probabilmente, catturare o eliminare Volodymyr Zelensky e produrre il collasso istituzionale dell’Ucraina».Cosa glielo fa pensare?«I dati empirici: il fatto che i russi si siano profusi in enormi sforzi per entrare a piedi nelle città. L’abbiamo visto a Kiev, dove sono arrivati fino al quartiere ministeriale, oltre che a Kharkiv. Prima partivano attacchi aerei, poi arrivavano i paracadutisti e gli Spetsnatz».Ed è andata male.«Hanno preso una bastonata, fallendo anche l’aviosbarco all’aeroporto di Hostomel e a Ivankiv. Forse pensavano che l’Ucraina fosse una Repubblica delle banane, dove bastava arrivare con i parà e prendere il palazzo presidenziale».Non è strano un simile errore di calcolo? «O c’è stata un’errata valutazione da parte degli apparati d’intelligence; o questi hanno dato a Vladimir Putin quello che pretendeva; oppure lo stesso Putin, pur consapevole dei rischi, ha voluto fare un tentativo».E la fase 2?«Prevedeva il blocco delle principali città: Kharkiv, le due di confine, Chernihiv e Sumy e soprattutto Kiev. Volevano circondare la capitale e non ci sono riusciti».Perché?«Non avevano forze sufficienti e gli ucraini si sono dimostrati eccellenti nella difesa. Per il fattore morale, fondamentale in una guerra tradizionale, ma soprattutto per il supporto che hanno ricevuto dagli americani e dalla Nato».Allude all’invio di armi?«Si parla solo di quelle, ma la vera forza degli ucraini è stato il flusso ininterrotto di informazioni d’intelligence, a livello strategico e tattico».Una catena di supporto messa in piedi in quattro e quattr’otto dopo l’invasione? O era predisposta da tempo?«Dal 2015 al 12 febbraio 2022, quando americani e inglesi hanno richiamato i loro consiglieri, la missione addestrativa ha formato migliaia di soldati dell’esercito e della Guardia nazionale».Allora, Putin aveva ragione a sentirsi minacciato dalla Nato?«Sul piano strategico, la Russia si era posta l’obiettivo di recuperare influenza nell’estero vicino, laddove possibile. Cioè, nei Paesi non membri della Nato: Georgia, Ucraina, Bielorussia, Moldavia».Lo zar non vuole arrivare a Varsavia?«Putin sarà pazzo, ma non è fesso. Non attaccherebbe un Paese coperto dall’articolo 5 del Patto atlantico».È iniziata la fase 3?«Da quattro-cinque giorni: i russi hanno ripiegato da Kiev, Chernihiv e Sumy, perché le loro forze non erano quantitativamente sufficienti a conquistarle: consideri che nel 1991, per liberare il Kuwait, molto più piccolo dell’Ucraina, i soli americani schierarono mezzo milione di soldati, con un treno logistico che si allungava per buona parte del territorio saudita».Questa ritirata, però, non è quella tipica di un esercito in rotta, giusto?«Direi proprio di no. Da un punto di vista militare, il ripiegamento, salvo alcune eccezioni, è stato eseguito molto bene, coperto da artiglieria e aviazione».Ora, tutti nel Donbass.«Sì: queste forze, una volta ricondizionate, cioè rigenerate, verranno dirette verso il Donbass».Quando verrà sferrato l’attacco finale?«Tra due-tre settimane, anche se qualche unità meno danneggiata è già arrivata nell’area».Torno alla domanda iniziale: cambiare strategia significa essere destinati a perdere la guerra?«No. Significa darsi obiettivi più realistici rispetto alle risorse disponibili».Ad esempio?«Cercare di insaccare e tagliare fuori le forze ucraine, in particolare a Sloviansk e Kramatorsk, prendere Mariupol e poi andare a trattare».I russi vogliono anche Odessa? La conquista di quella regione priverebbe l’Ucraina di sbocchi sul mare.«Credo che anche con questo potenziamento, Odessa sia un obiettivo fuori portata. Sarebbe più realistico consolidare il controllo su Kerson e Zaporizhia, concentrarsi sull’occupazione completa degli Oblast di Lugansk e Donetsk e sulla conquista di Mariupol, che non sarà facile, specie per quanto riguarda quella città nella città che è l’Azovstal».L’acciaieria?«Sì. Lì ci sono tunnel, cuniculi e strutture in cemento armato difficili da perforare».Se il Cremlino ha ridimensionato le sue mire, perché continuano i bombardamenti in profondità nel territorio ucraino?«Be’, stanno colpendo depositi di carburante. E ciò pare stia creando problemi agli ucraini. Magari compenserà la Nato, ma per ora gli effetti si sentono. E poi i russi mirano alle infrastrutture strategiche, per ammorbidire le posizioni negoziali dell’Ucraina».Se temesse una disfatta, Putin potrebbe decidere di usare armi nucleari, sia pure «solo» tattiche e non le atomiche strategiche, stile Hiroshima?«Se il conflitto si protrae e lui non ottiene risultati, aumenta la probabilità che usi armi non convenzionali. Ma mi sentirei di escludere le armi nucleari tattiche; penso, piuttosto, alle armi chimiche. Il nucleare diventerebbe un’opzione se fosse minacciata l’esistenza dello Stato russo».Ad esempio?«Se la guerra va male e il fronte interno collassa. Ma è uno scenario a cui non voglio nemmeno pensare».
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