2020-10-28
Basta virologi in tv, tornino a lavorare in corsia
Lo ammetto: non sopporto più i virologi. Passano la maggior parte del loro tempo in tv a sostenere le loro tesi come se fossero dogmi, salvo poi smentirle di lì a qualche giorno. Ovviamente con la stessa perentorietà con cui in precedenza avevano sentenziato il contrario. Prendo ad esempio Massimo Galli, infettivologo in servizio presso l'ospedale Sacco di Milano, noto per le sue apparizioni in camice bianco a sottolineare con un abbigliamento da corsia la propria autorevolezza di primario: uno che per sua stessa ammissione concede 7-8 interviste al giorno.All'inizio della pandemia, a chi gli chiedeva se fosse utile fare tamponi di massa rispondeva con tono didattico che il prelievo non serviva niente, se non a svenare la sanità pubblica, perché una persona può essere negativa adesso e contagiata il giorno dopo. Passate un certo numero di interviste e tornati dall'estate, lo stesso professore sul Fatto Quotidiano si rivelava però di parere opposto, dichiarando di essere d'accordo con Andrea Crisanti, il microbiologo che reclamava più tamponi per tutti. E sempre Galli, che a settembre giudicava una follia aver riaperto le discoteche, ad agosto si dimostrava più indulgente, al punto da dichiarare al Corriere della Sera che i giovani non andavano demonizzati. «Alla fine, la riapertura delle discoteche ha significato per loro, confinati per mesi dal lockdown, una sorta di liberi tutti. Adesso bisogna correre ai ripari, magari con quarantene fatte con intelligenza, non con piglio burocratico». Vi state chiedendo se a parlare è stato proprio lui, il signore che ogni giorno scuote la testa e ci ammonisce da uno schermo tv? Sì, era proprio lui, che sempre a fine agosto, quando il danno delle vacanze in libertà ormai era fatto, tranquillizzava gli animi, dicendo che «rispetto alla prima grande ondata non c'è nulla di paragonabile: c'è un modesto stillicidio di casi da ricovero, ma non situazioni gravi in persone fragili, come nei mesi passati».Che i virologi non siano oracoli, cioè autorità infallibili, del resto sono loro stessi a dirlo, non ammettendo i propri errori, beninteso, ma denunciando quelli degli altri. Se c'è da attaccare un collega, Galli per esempio non si tira mai indietro. Pur senza nominarlo non passa quasi giorno che non se la prenda con Alberto Zangrillo, al quale all'inizio dell'estate scappò di dire che il virus era praticamente morto o che per lo meno aveva ridotto la propria capacità virale. Anche altri avevano lasciato intendere qualche cosa del genere, tra questi il direttore dell'Istituto Mario Negri, il professor Giuseppe Remuzzi, secondo il quale si doveva aver più paura di un'immersione, forse per trovarsi a faccia a faccia con uno squalo, che di incontrare il Covid. Ma essendo il medico di Silvio Berlusconi, per un ex sessantottino come Galli Zangrillo era più facile da azzannare che Remuzzi. A onor del vero bisogna riconoscere che l'infettivologo del Sacco non si è risparmiato anche quando c'è stato da parlar male di altri colleghi. Anzi, colleghe. Di Maria Rita Gismondo, quella che voleva farsi un girocollo d'oro con un ciondolo a forma di coronavirus perché gli italiani non dovevano spaventarsi a causa di una banale influenza, ha detto che dovrebbe «ritirarsi in un dignitoso riserbo», non mancando di spettegolare sulla collega dicendo che non va d'accordo con nessuno e che - siccome lavorano nello stesso posto - gli fa «ogni genere di guerra» (è bello sapere che mentre gli italiani si ammalano i medici giocano a battaglia-ospedale, versione riveduta e corretta in cui ci si affronta in corsia sparando siluri). Galli non ha lesinato giudizi neppure su Ilaria Capua, altra esperta in servizio permanente davanti alle telecamere. Della dottoressa emigrata a Miami ma inviata in studio tv grazie ai collegamenti satellitari, il professore si è limitato a dire che «di sciocchezze ne ha dette tantissime». Di un collega, che assicura di stimare molto e del quale si dichiara amico, il microbiologo Massimo Clementi, ha pure sostenuto che spara sciocchezze, perché, prima che arrivasse la seconda ondata, l'amico si era fatto scappare una frase in cui sosteneva che il virus si era ingentilito.Sì, insomma, dalle cose che afferma e pure da quelle che Galli affermava mesi fa, avrete capito che anche la virologia non è una scienza esatta. Si può andare in tv oppure rispondere al taccuino squadernato da un giornalista sostenendo tante cose - come ad esempio hanno fatto Roberto Burioni o Walter Ricciardi - salvo poi smentirle il giorno dopo, perché presi come sono dalla paura poi nessun ascoltatore se ne ricorda più. Un po' come fanno gli economisti, che suggeriscono misure magiche per poi cambiare idea dopo un po' di tempo, naturalmente senza chiedere scusa. Le uniche cose certe in questa emergenza sono che il virus fa ammalare gravemente giovani e meno giovani, che la mascherina aiuta a difendersi, che disinfettare le mani è indispensabile e che il distanziamento sociale dev'essere la regola. Ma questo ormai l'abbiamo capito tutti e non c'è bisogno di un virologo che ce lo spieghi ogni sera. Al virologo semmai chiediamo di curare i malati in corsia, non in uno studio tv.
Jose Mourinho (Getty Images)