2024-10-12
Il bancario spione ha colpito anche pm e 007
Vincenzo Coviello, nei due anni in cui ha ficcanasato nei conti correnti di Intesa, oltre alla Meloni, Crosetto, Renzi e Fitto ha violato pure la privacy di presidente della Consulta, vertici delle forze dell’ordine e dei Berlusconi. Bankitalia chiede chiarimenti. Da bancario ha coltivato le sue curiosità o, forse, quelle di qualcuno che per ora è rimasto nell’ombra, compiendo 6.637 accessi abusivi al sistema di Intesa Sanpaolo, non quello in uso a qualsiasi impiegato, uno speciale, del quale la direzione generale ha dotato la divisione Agribusiness, un pool di esperti del settore agricolo che, come ha dimostrato l’inchiesta, permetteva agli operatori di muoversi in modo molto agile. Vincenzo Coviello, l’esploratore dei conti correnti, dopo essere stato licenziato dall’istituto di credito è stato perquisito dagli inquirenti a tre mesi dall’esposto presentato da un medico, il professore Antonio Moschetta, concittadino di Coviello, originario di Bitonto e riconosciuto pubblicamente come un luminare, che aveva dichiarato alla stampa di preferire la ricerca e di lavorare solo per lo Stato, attirando così, probabilmente, la curiosità dell’esploratore bancario. Nonostante i rischi che la Procura di Bari ha paventato per «la sicurezza dello Stato», essendo quelli ricercati dei dati particolarmente sensibili, Coviello sarebbe riuscito, stando ai documenti dell’inchiesta, a entrare liberamente nel server della banca dal 21 febbraio 2022 al 24 aprile 2024. Per oltre due anni sarebbe riuscito nel suo intento senza che nessun alert arrivasse ai vertici di Intesa. Che, dopo un procedimento disciplinare, l’hanno licenziato lo scorso agosto. Dal distaccamento di Bisceglie della filiale di Barletta avrebbe spiato, non si sa ancora con quale scopo, 3.572 clienti, comprese le posizioni finanziarie delle sorelle Meloni, dell’ex compagno del presidente del Consiglio Andrea Gianbruno, della segretaria Patrizia Scurti e del marito, capo della scorta della Meloni, che è un funzionario dell’intelligence, Giuseppe Napoli, agente dell’Aisi (il servizio segreto che si occupa di minaccia interna). O dei ministri Guido Crosetto, Daniela Santanché e Raffaele Fitto. Spiati pure i conti degli ex premier Matteo Renzi e Gianni Letta. E quelli di magistrati: il presidente della Corte costituzionale Silvana Sciarra e il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo. Come quelli di chi era al vertice delle Forze dell’ordine: l’ex comandante generale dell’Arma Tullio Del Sette e il comandante generale della Guardia di finanza Andrea De Gennaro. Non mancano alti prelati, personaggi del mondo dello spettacolo, calciatori e imprenditori del calibro di John e Lapo Elkann e della famiglia Berlusconi, Marta Fascina compresa. Non poteva mancare il governatore pugliese Michele Emiliano, in compagnia del collega del Veneto Luca Zaia. Coviello ha tentato di discolparsi con una dichiarazione che sembra più una confidenza ad alta voce: «L’ho fatto da solo, non ho mai divulgato quelle informazioni e non ne ho fatto copia». Proprio di eventuali copie erano a caccia gli investigatori, che gli hanno portato via tutti i supporti informatici. I suoi contatti telefonici, poi, diranno se tra le chat o tra le sue chiamate si nascondevano anche i mandanti. Il procuratore aggiunto Giuseppe Maralfa, titolare del fascicolo, non ne fa mistero nel decreto di perquisizione, ritenendo che, «verosimilmente», Coviello avrebbe agito «in concorso e previo concerto con persone da identificare (mandanti degli accessi abusivi al sistema informatico del gruppo Intesa Sanpaolo e destinatarie delle informazioni acquisite tramite l’accesso abusivo)». In Procura devono essersi allarmati particolarmente dopo una informativa dei carabinieri della Sezione di polizia giudiziaria depositata il 25 settembre scorso che, oltre a segnalare «il fumus dei reati» evidenziava anche «il fondato motivo» che l’indagato abbia potuto scaricare, copiare e occultare i dati. Le tracce, secondo i carabinieri, sarebbero state ancora rinvenibili nella postazione di lavoro un tempo usata da Coviello (che è stata perquisita) e nei sistemi informatici e telematici presenti nella filiale che lo ospitava. Secondo i carabinieri quei dati, che toccherebbero «l’interesse politico, interno o internazionale, dello Stato» dovevano «rimanere segreti». Ma c’è un altro passaggio sottolineato dagli inquirenti ancora tutto da esplorare: Coviello, secondo l’accusa, «con abuso di poteri» si sarebbe introdotto nel sistema informatico e telematico di Intesa, che era protetto da misure di sicurezza (ma che, come abbiamo spiegato, consentiva ampia libertà di movimento), «ivi mantenendovisi contro la volontà di chi aveva il diritto di escluderlo». A leggere questo passaggio sembra che ci fosse qualcuno, probabilmente un superiore diretto, che di quella mole di accessi si era accorto. O più semplicemente Coviello potrebbe a un certo punto aver sbagliato bersaglio. Le informazioni, poi, non sarebbero giunte velocemente attraverso la catena di comando. E ora Bankitalia ha chiesto chiarimenti a Intesa (che nonostante tutto in Borsa ieri ha segnato un +1%), ricordando che «spetta alle banche presidiare i rischi informatici e cibernetici tramite i loro sistemi di controllo interno».