
Il cantante stava già scontando una condanna per un regolamento di conti tra bande.Il trapper di origini marocchine Zaccaria Mouhib, nome d’arte Baby Gang, si è messo di nuovo nei guai mentre era sottoposto alla misura cautelare dell’obbligo di dimora a Lecco. Stava scontando una condanna a 5 anni e 6 mesi di reclusione per un regolamento di conti tra trapper rivali che finì con una sparatoria in corso Como a Milano. Ieri i giudici della settima sezione penale di Milano hanno sostituito l’obbligo di dimora con gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, perché il trapper, nella sua abitazione, con una pistola ad aria compressa caricata con munizioni metalliche, avrebbe sparato a un amico (che non l’ha denunciato), ferendolo, secondo l’accusa, con un «colpo di arma da fuoco alla gamba sinistra». L’arma è poi stata sequestrata dagli investigatori. Il pm Francesca Crupi, titolare delle indagini sugli scontri tra bande di trapper, ha subito chiesto l’aggravamento della misura cautelare per il «pericolo di reiterazione di fatti analoghi». I giudici hanno quindi evidenziano la «pervicacia» di Mouhib nel «procacciarsi e utilizzare» armi. Con Baby Gang c’erano anche due coimputati condannati nel processo per la sparatoria di corso Como. Ma dall’analisi di video, storie e reels pubblicati sui social è emerso anche che il trapper avrebbe violato a ripetizione l’obbligo di dimora. E insieme all’aggravamento della misura è stata revocata anche l’autorizzazione che gli era stata concessa per permettergli di essere presente ai concerti che aveva in programma (tra i quali quello del 6 maggio ad Assago, durante il quale avrebbe dovuto presentare il suo nuovo album), per incidere negli studi di registrazione, per le attività promozionali e perfino per le uscite serali. Maglie che alla luce delle nuove scoperte si sono rivelate davvero troppo larghe. È dal 2012, cioè quando era solo un undicenne, che Mouhib sembra andare a caccia di rogne giudiziarie. Per il debutto ha scelto di rubare nei negozi d’abbigliamento torinesi. E da allora ha collezionato non poche accuse: rapine sui treni, aggressione a pubblico ufficiale (risolta però durante una direttissima con una sentenza che ha stabilito «l’insussistenza del fatto») e infine la rissa da Bronx armi alla mano del 2022. È andato anche vicino a beccarsi la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza (richiesta dal questore di Milano e da quello di Sondrio), ma i giudici che si occupano delle misure di prevenzione hanno rigettato. Per i video nei quali sfoggia armi, poi, è stato pure accusato di istigazione alla violenza. Una costante, peraltro, nei suoi testi: «Arma in testa finirai al cimitero»; «in questa guerra con me non ti bastano le armi»; «sono italiano e arabo, mafia, cous cous, pasta»; «io sono free e tu modalità Rip»; «son sempre accavallato (armato, ndr) anche se non ho nemici». È finito in riformatorio, in casa famiglia, in una comunità terapeutica e anche in carcere. Ma non è bastato. Con una lettera scritta dalla comunità terapeutica si era anche detto pentito e aveva manifestato la volontà di disintossicarsi dalla droga. E anche in aula, ai magistrati, aveva detto di aver cambiato stile di vita. Ora sui social afferma che non gli va «di fare la vittima» e fa il pesce in barile: «Ancora oggi non capisco di cosa mi stanno accusando». E ha anche aggiunto: «È un anno che sono fuori e non ho mai sgarrato nessuna prescrizione del giudice». Poi si è chiesto: «E secondo voi? Dopo tutto ciò vengo a bruciarmi tutto per una m... che non so ancora di cosa si tratta». Alla fine, però, si è fatto prendere la mano e la vittima l’ha fatta comunque, giocando la carta dell’ingiustizia: «Dio è grande e vede tutto, l’ingiustizia che mi fate in questa terra la pagherete nella prossima vita».
L' Altro Picasso, allestimento della mostra, Aosta. Ph: S. Venturini
Al Museo Archeologico Regionale di Aosta una mostra (sino al 19 ottobre 2025) che ripercorre la vita e le opere di Pablo Picasso svelando le profonde influenze che ebbero sulla sua arte le sue origini e le tradizioni familiari. Un’esposizione affascinante, fra ceramiche, incisioni, design scenografico e le varie tecniche artistiche utilizzate dall’inarrivabile genio spagnolo.
Jose Mourinho (Getty Images)
Con l’esonero dal Fenerbahce, si è chiusa la sua parentesi da «Special One». Ma come in ogni suo divorzio calcistico, ha incassato una ricca buonuscita. In campo era un fiasco, in panchina un asso. Amava avere molti nemici. Anche se uno tentò di accoltellarlo.