2021-07-11
Azzurri e Berrettini: obiettivo zero rimpianti
La squadra di Mancini dovrà vedersela con Wembley stracolmo di inglesi, mentre il tennista romano è alla sua prima sfida valida per uno slam contro un rivale che, solo a Wimbledon, ha già cinque trionfi. Non c'è nulla da perdere, vietato avere pauraStessi 11 che hanno battuto gli spagnoli. La Rai sostituisce Alberto Rimedio con Stefano BizzottoDopo il primo Pfizer anticorpi alle stelle: effetto della guarigione dal virus. Capire cosa fare è un'impresaLo speciale contiene tre articoli Si racconta che il principe di Condè dormì profondamente la notte avanti la battaglia di Rocroi, scrive il Manzoni nell'incipit del secondo capitolo dei Promessi Sposi, e lo fa per sottolineare la calma olimpica di chi, strategicamente, sa di possedere i mezzi necessari per prevalere nella disputa con l'avversario, a differenza del povero curato don Abbondio, destinato a trascorrere una nottata di «angosciose consulte» perché cacciatosi in un ginepraio inestricabile. L'auspicio per le battaglie che attendono oggi la nazionale italiana di calcio nella finale di Euro 2020 e Matteo Berrettini a Wimbledon è quello di imitare il nobile comandante navarrino: scendere in campo con la leggerezza di chi fa della consapevolezza nelle proprie doti un privilegio stilistico, mettendo da parte i tentennamenti nascosti dall'incombenza di un traguardo visibile. La discriminante non sarà tra vincere o perdere. Sarà tra l'aver tentato tutto il possibile per prevalere e l'essersi lasciati scappare l'occasione di rifilare una zampata letale per scarsa audacia. Di solito la soddisfazione sportiva arriva quando la partecipazione ne è il conseguente esercizio di coerenza. In parole povere: lunedì mattina sia la squadra di Roberto Mancini, sia il tennista romano saliranno sull'aereo per Fiumicino e saranno ricevuti dal presidente Sergio Mattarella, i rimpianti non saranno compresi nel prezzo del volo. Le due situazioni hanno diversi punti in comune. Entrambe costituiscono la rinascita di due movimenti da un po' di tempo bistrattati. La Nazionale di pallone arriva dal disastro della mancata partecipazione ai Mondiali 2018, un'onta passata in cavalleria grazie alla ricostruzione spensierata di Mancini. In queste settimane, l'Italia ha giocato un calcio leggero, organizzato, strutturato su attori giovani e affamati, accompagnati da pochi uomini d'esperienza e di mestiere. I gironi preliminari hanno certificato l'efficacia del nuovo corso, gli ottavi di finale sono stati il primo scalino ostico contro un'Austria che aveva eretto barricate per compensare l'evidente inferiorità tecnica, i quarti contro il Belgio hanno rappresentato lo scatto decisivo. Superare i Diavoli Rossi e le loro individualità formidabili ha garantito ai tifosi una certezza: l'Italia è tornata a livello che le compete. Battere la Spagna di Luis Enrique ha fatto il resto. E gli inglesi, temibili e granitici, non sono superiori agli spagnoli. È vero, il match si giocherà a Wembley, una bolgia di 60.000 spettatori quasi tutti schierati per i beniamini di casa, con il primo tifoso britannico, il premier Boris Johnson, gran sodale del plenipotenziario Uefa Aleksander Ceferin dopo averlo aiutato a disinnescare l'insidia politica della Superlega. La squadra di Gareth Southgate poi ha incassato un solo gol, in semifinale e su punizione. Ma, come ci si ricorda dai Mondiali 2006, giocare in uno stadio ostile dominato dai padroni di casa è uno stimolo esaltante. Matteo Berrettini godrà poi di una leggerezza ancora maggiore. In molti se lo immaginano travestito da Rocky Balboa quando, in piena fregola edonista reaganiana, si trovò di fronte il colosso Ivan Drago che lo fulminò con il leggendario: «Ti spiezzo in due». Per palmares e solidità di gioco, il trentaquattrenne serbo Novak Djokovic è un Drago infarcito del supporto di una nazione, la Serbia, dove siede alla destra del santo patrono: è il tennista che ha trascorso il maggior numero di settimane da numero uno al mondo nella storia, ha vinto Wimbledon 5 volte, un mese fa ha portato a casa il Roland Garros superando il terraiolo per eccellenza Rafa Nadal e sconfiggendo, non senza qualche grattacapo, proprio Berrettini nei quarti di finale. In più, sa recuperare palle improbabili rispedendole al mittende con traiettorie metafisiche. E però Matteo è approdato laddove nessun italiano della racchetta è mai giunto prima. Mai nessuno dei nostri ha vinto sull'erba del Queen's, tanto meno ha raggiunto una finale a Wimbledon servendo 100 ace nel torneo, sbarazzandosi con relativa facilità di avversari insidiosissimi. Per lui non si tratterà di avere qualcosa da perdere, ma di aver molto da guadagnare. A patto di sfoderare quella fluidità tipica non di un match decisivo, ma di una partita normale, di piazzare le prime di servizio con la stessa, impressionante percentuale di efficacia della semifinale con Hurkacz, quasi a dimenticarsi di essere un esordiente nel mondo delle finali del Grande Slam. Il resto lo farà la sorte. Non dimenticando qualche episodio goloso: sull'erba inglese, nel 1991, un semi sconosciuto Michael Stich prevalse sul connazionale Boris Becker, facendo saltare il banco di quotisti e allibratori. Ma anche: agli US Open 2000, il granatiere russo Marat Safin fece letteralmente impazzire lo strafavorito Pete Sampras, liquidandolo in tre set grazie al tennis, parole sue, «più lieve e libero da condizionamenti di sempre». A riprova, manco a dirlo, che è su Djokovic a pesare il fardello di non poter fallire. Così come è sulla nazionale inglese che si concentreranno tutte le attenzioni della polveriera di Wembley.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/azzurri-e-berrettini-obiettivo-zero-rimpianti-2653743385.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="formazione-confermata-in-blocco-il-ct-vogliamo-divertirci-ancora" data-post-id="2653743385" data-published-at="1625989757" data-use-pagination="False"> Formazione confermata in blocco. Il ct: «Vogliamo divertirci ancora» L'ora della verità è arrivata: stasera l'Italia alle 21 scende in campo a Wembley contro l'Inghilterra per la finale degli Europei. Si gioca nella tana del lupo, con tutti i pronostici contro: situazione ideale per gli azzurri di Roberto Mancini, che dovrebbe, per la prima volta in questo torneo, schierare la stessa formazione della gara precedente, la semifinale vinta ai rigori contro la Spagna. Salvo imprevisti, quindi, sarà questo il 4-3-3 di partenza: Donnarumma tra i pali; Di Lorenzo, Bonucci, Chiellini e Emerson in difesa; Barella, Jorginho e Verratti a centrocampo; Chiesa, Immobile e Insigne davanti. Gareth Southgate si affiderà invece al 4-2-3-1: Pickford in porta; Walker, Stones, Maguire e Shaw in difesa ; Rice e Philips in mezzo al campo; Saka, Mount e Sterling alle spalle di Kane. Arbitrerà il fischietto olandese Bjorn Kuipers, classe 1973, coadiuvato dai connazionali Sander van Roekel e Erwin Zeinstra, mentre il quarto uomo sarà lo spagnolo Carlos del Cerro Grande. Al Var ci sarà il tedesco Bastian Dankert. Dopo la positività al Covid di Alberto Rimedio, la Rai ha assegnato la telecronaca della finale a Stefano Bizzotto, con il commento tecnico di Katia Serra. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sarà a Wembley come annunciato nei giorni scorsi. Gli azzurri hanno effettuato la rifinitura ieri sera, nel centro sportivo del Tottenham, non appena si è conclusa la conferenza stampa di Mancini: «Da giocatore azzurro», ha detto il mister, «non ho avuto la fortuna di vincere quel che avremmo meritato, né con l'Under 21 né al Mondiale 1990: spero di togliermi domani da ct quelle soddisfazioni che in nazionale mi sono mancate. Se i ragazzi vogliono divertirsi ancora, abbiamo gli ultimi 90 minuti per farlo. Ho definito all'inizio questa Italia divertente: lo ripeto oggi, e aggiungo sostanziosa. Non è mai stata facile, e i ragazzi l'hanno affrontata con grande forza. Possiamo giocare bene, fare una grande partita. Spero che la data possa essere importante per una seconda volta per gli italiani», ha aggiunto Mancini, «riferendosi alla conquista del Mondiale dell'Italia di Bearzot, l'11 luglio 1982 a Madrid. «Dobbiamo essere tranquilli. Sarà difficile, per tanti motivi», ha sottolineato Mancini, «ma dobbiamo esser concentrati sul nostro gioco e cercare di attuarlo al meglio. L'avversario? Gli inglesi hanno grande passione per il calcio come l'Italia, hanno sempre avuto grandi squadre come adesso. Sarà una bella gara davanti a uno stadio pieno e questo è meraviglioso per chi ama il calcio. Sarà un bel giorno per giocare una partita, sappiamo delle loro grandi qualità». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/azzurri-e-berrettini-obiettivo-zero-rimpianti-2653743385.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="lodissea-della-seconda-dose-per-gli-ex-malati" data-post-id="2653743385" data-published-at="1625989757" data-use-pagination="False"> L’odissea della seconda dose per gli ex malati Ieri avevo la seconda dose di vaccino Pfizer da fare, ma non mi sono presentata al centro dove ero prenotata per la somministrazione. No, non ho cambiato l'idea che mi sono fatta in questi mesi sui vaccini. Sono ancora sicura che siano l'unica strada per uscire da questa pandemia e fino a pochi giorni fa non vedevo l'ora di completare il vaccino per sentirmi più sicura, sia per me che per gli altri. Qualche giorno fa però ho avuto l'idea di farmi un test sierologico per misurare, con un semplice prelievo del sangue, la quantità di anticorpi contro il Covid-19 presenti nel mio corpo. Con una spesa di 35 euro scopro con mia grande soddisfazione di averne tanti, anzi tantissimi: 805,5 S-rbd. Quando ritiro il referto il medico mi dice «beata lei ne ha una tonnellata». Per capirci, molti sanitari che hanno fatto la doppia dose di Pfizer qualche mese fa, ora ne hanno 45/50 S-rbd. Mi spiegano che essendomi ammalata di Covid ad agosto dell'anno scorso e avendo fatto una dose di vaccino il mio organismo ne ha sviluppati molti altri. Bene penso, ma ora la seconda dose la devo fare o no? E qui inizia la mia odissea per trovare la risposta. Chiamo prima il numero verde di Regione Lombardia dedicato al coronavirus. L'operatore mi dice di sentire il Cts, il comitato tecnico scientifico per l'emergenza Covid, che a sua volta mi rimanda al numero verde. Quando richiamo, questa volta mi dicono di sentire il mio medico di famiglia. Chiamo allora il mio dottore di base, gli spiego che ho tantissimi anticorpi e gli pongo la fatidica domanda, devo o non devo fare la seconda dose? Mi consiglia di chiedere al centro vaccinale, mi dice che non può essere lui a decidere. Faccio così l'ennesima chiamata sperando sia quella che mi darà la soluzione definitiva. Un gentile dottore mi dice che sì, ho molti anticorpi ma che le linee guida della casa farmaceutica, nel mio caso Pfizer, dicono che una dose è prevista solo per i guariti nei 6 mesi precedenti al vaccino. Io sono guarita da un annoPoi aggiunge: «Detto tra noi, può avere un senso dal punto di vista clinico non farlo, ma non troverà mai nessun medico vaccinatore che si assuma la responsabilità di dirle “ok non facciamo la seconda dose perché dagli esami che mi ha portato vedo che non ne ha bisogno perché ha molti anticorpi"». Insomma io devo farmi un secondo vaccino non perché ne ho bisogno ma perché non ci sono delle linee guida che dicano di portare un test sierologico alle persone che hanno già avuto la malattia? Ma la sorpresa arriva alla fine perché mi dice: «Non fare la seconda dose genera una serie diproblematiche per quanto riguarda le prenotazioni. Se lei salta la dose il sistema non la riconosce più e si generano delle problematiche dal punto di vista burocratico e comunque non le rilasciano il green pass». Ora non so più che fare ma per fortuna mi ricordo che per lavoro ho il numero di un virologo di grande fama, così chiamo il professor Massimo Galli, responsabile malattie infettiveall'ospedale Sacco di Milano. Lui conciso mi dice: «Non lo faccia, non né ha bisogno». Dopo un'intera giornata di chiamate ho avuto finalmente una risposta definitiva e solo perché avevo il telefono della persona giusta. Il numero verde dedicato al Covid fornisce tante opzioni: la possibilità di cambiare la data per la prima dose, informazioni per la seconda ma solo per gli insegnanti. Insomma il mio caso non è contemplato anche se, come me, ci sono tante persone guarite che forse del secondo richiamo non ne hanno bisogno. Dimenticavo, quando ho cercato di disdire il mio appuntamento, per lasciare il posto ad un'altra persona, mi è stato detto che non è possibile cancellare. «Se uno non vuole andare semplicemente non si presenta», mi è stato risposto. Il test sierologico privatamente costa circa 30 euro, capisco che forse, far passare questoesame a tutti i guariti dal Covid-19 prima del vaccino, potrebbe essere dispendioso per lo Stato, ma così si stanno vaccinando persone che non ne hanno bisogno. Alla fine non mi sono fatta iniettare la seconda dose, non avrò però il mio agognato green pass e per il richiamo in autunno, che forse dovremmo fare, io finirò in fondo alla lista perché per lo Stato sono una rinunciataria.
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