2022-06-16
Azot come l’acciaieria di Mariupol. Resistenza disperata nel bunker
Nello stabilimento chimico di Severodonetsk stesso scenario visto ad Azovstal: la città è tutta in mani russe, resiste il nucleo asserragliato nella fabbrica. Dmitry Medvedev minaccia: «Tra due anni ci sarà ancora l’Ucraina?».Accordo con Israele ed Egitto sul gas. Tel Aviv aumenterà la fornitura all’Ue, utilizzando la sponda del Cairo. Restano però incognite legate ai rapporti tra Abdel Fattah Al Sisi e Vladimir Putin e al ruolo ambiguo della Turchia.Lo speciale contiene due articoli.Il Donbass è ormai stretto nella morsa russa, soprattutto nel Lugansk. Mosca è decisa a ottenere l’obiettivo strategico del controllo dell’intera regione e gli effetti della lotta si vedono assai nitidamente a Severodonetsk. La città è oramai sotto controllo russo, ad eccezione dello stabilimento chimico Azot, dove si sono trincerati gli ucraini. Le forze moscovite circondano l’impianto, mentre i combattenti ucraini sono asserragliati nei «bunker sotterranei con diverse centinaia di civili». Lo scrive nel suo ultimo bollettino l’intelligence militare britannica, sottolineando che «questo probabilmente impedirà temporaneamente alla Russia di riassegnare le sue unità per operazioni militari in altre zone». «Dopo più di un mese di pesanti combattimenti, le Forze russe ora controllano la maggior parte di Severodonetsk», si legge nell’aggiornamento della situazione pubblicato dal ministero della Difesa di Londra. «Le tattiche di guerra urbana della Russia, che si basano sull’uso massiccio dell’artiglieria, hanno generato ingenti danni collaterali in tutta la città», continua il rapporto. Nei bunker si stanno esaurendo i servizi di base. È l’allarme lanciato dal portavoce dell’Ufficio Onu per gli affari umanitari (Ocha), Saviano Abreu. «La mancanza d’acqua e igiene costituisce una grande preoccupazione. È per noi un’enorme preoccupazione perché le persone non possono sopravvivere a lungo senz’acqua», ha detto Abreu, aggiungendo che anche cibo e servizi sanitari sono a rischio esaurimento. «Fare affidamento su fonti non sicure porta complicazioni per la salute. Dobbiamo assicurarci, il prima possibile, che le persone che sono ancora lì abbiano accesso all’acqua», ha detto il portavoce dell’ufficio Onu. Intanto non sembra aver avuto seguito l’ultimatum lanciato dalla Russia, che aveva intimato di arrendersi alle forze ucraine asserragliate nell’impianto. I militari di Kiev al suo interno non si sono arresi, ma sono bloccati senza alcuna via d’uscita. Lo ha affermato Rodion Miroshnik, ambasciatore in Russia dell’autoproclamata repubblica popolare di Lugansk. «Quei militanti che sono bloccati presso la fabbrica Azot non rappresentano una seria minaccia militare. Sono semplicemente militanti bloccati. Non capisco in cosa sperino», ha detto Miroshnik. Secondo il diplomatico, alcuni giorni fa, le truppe ucraine hanno cercato di sfondare dal territorio dell’impianto al ponte sul fiume Seversky Donets, che era stato però fatto saltare in aria. Miroshnik accusa gli ucraini di aver distrutto l’infrastruttura che collega Severodonetsk a Lysychansk ma giorni fa erano stati gli stessi miliziani separatisti del Lugansk ad affermare di aver danneggiato il ponte per impedire ai difensori di Severodonetsk di ritirarsi nella città contigua. Le autorità ucraine affermano che, comunque, per quanto riguarda i civili, stanno continuando le evacuazioni in ogni momento di «tranquillità», anche dopo che i tre ponti principali fuori dalla città sono stati distrutti. «I modi per connettersi con la città sono piuttosto difficili, ma esistono», ha detto Oleksandr Struik, capo dell’amministrazione militare di Severodonetsk, aggiungendo che le evacuazioni avvengono «ogni minuto quando c’è silenzio o c’è una possibilità di trasporto». Nel quadrante di Sloviansk-Izyum, più a Nord, i russi hanno continuato ad avanzare ad ovest del Seversky Donec. In particolare nell’area di confine tra gli Oblast di Donetsk e Kharkiv, dove le forze di Mosca hanno conquistato diverse cittadine situate sulla sponda ovest del Seversky Donec. Continua quindi l’avanzata russa con l’intento di stringere su Slovyansk, ormai sempre più vicina. Il Cremlino, insomma, non intende risparmiare energie né vite nella sua avanzata a colpi di artiglieria. Chiarissime, in tal senso, le parole dell'ex presidente russo Dmitry Medvedev, che ha detto di dubitare che l’Ucraina esisterà ancora «tra un paio di anni». Medvedev ha fatto riferimento a una notizia in cui si afferma che l’Ucraina «cerca di ottenere gas dai suoi sponsor d’oltremare pagandolo in due anni». «L’unica domanda è: chi ci dice che l’Ucraina esisterà ancora tra due anni?», ha affermato Medvedev. Ma gli ucraini non rinunciano all’idea di riprendersi almeno la zona Sud del Paese. Secondo Zelensky, a Sud va perseguito l’obiettivo di liberare Kherson. «Continuiamo a fare pressione sugli occupanti nel Sud del Paese. L'obiettivo chiave è la liberazione di Kherson e ci muoveremo in questa direzione passo dopo passo». Intanto proprio nella regione di Kherson ci sono state esplosioni, al mercato di Chornobaivka. A darne notizia è Sergej Khlan, consigliere regionale, precisando, nell’accusare i russi di attacco terroristico, che ci sono morti e feriti. Sempre a Sud, un paio di elicotteri ucraini ha attaccato postazioni russe nella regione di Mykolaiev. «Le truppe russe continuano a combattere con le stesse tattiche insidiose», afferma il comando Sud, «non riescono ad avanzare e si ritirano sistematicamente su posizioni difensive in conseguenza delle controffensive ucraine, perdendo uomini, rifornimenti e materiali». Nell’Ovest, invece, Mosca ha rivendicato la distruzione di un deposito contenente armi fornite a Kiev dai Paesi Nato. «Vicino alla città di Zolochiv, nella regione di Leopoli, missili a lungo raggio Kalibr ad alta precisione hanno distrutto un deposito di armi straniere trasferite in Ucraina dai Paesi della Nato, inclusi obici M777 da 155 mm», ha annunciato il ministero della Difesa in una nota.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/azot-acciaieria-mariupol-resistenza-disperata-2657515056.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="accordo-con-israele-ed-egitto-sul-gas" data-post-id="2657515056" data-published-at="1655318175" data-use-pagination="False"> Accordo con Israele ed Egitto sul gas Bruxelles tira dritto nella sua volontà di ridurre l’approvvigionamento energetico dalla Russia. Nella giornata di ieri, la commissaria europea per l’Energia, Kadri Simson, si è incontrata al Cairo con il ministro dell’Energia israeliano, Karine Elharrar, e con il titolare del dicastero del petrolio egiziano, Tarek El Molla. I tre hanno siglato un accordo, in base a cui Israele aumenterà la fornitura di gas all’Ue, utilizzando la sponda dell’Egitto, che renderà il gas liquefatto per poi trasportarlo in Europa occidentale. Sempre ieri, si è tenuto anche un vertice tra il presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e il capo di Stato egiziano, Abdel Fattah Al Sisi: i due hanno rilasciato una dichiarazione congiunta dedicata alla cooperazione climatica ed energetica. Quello siglato ieri è un accordo di notevole importanza: un accordo, a cui è stata dedicata parte della visita che Mario Draghi e la stessa von der Leyen avevano condotto in Israele due giorni fa. Questa intesa, soprattutto nel breve termine, costituisce dunque una buona notizia, perché dà una risposta concreta alla spinosa e urgente questione dell’approvvigionamento energetico. È tuttavia bene che Roma e Bruxelles ragionino anche nel lungo termine, per trovare una soluzione più solida e strutturata, senza poi trascurare il fatto che l’Egitto intrattiene relazioni piuttosto significative con la Russia. È pur vero che si sta registrando qualche turbolenza tra i due Paesi a causa della crisi alimentare innescata dall’invasione russa dell’Ucraina: un fattore, questo, che ha recentemente spinto il G7 a dichiarare il proprio sostegno al Cairo. Resta però il fatto che Egitto e Russia continuano a cooperare in vari settori (a partire da quello dell’energia nucleare). Da questo punto di vista, le alternative sul tavolo sono due. O un gasdotto basato su una partnership tra Israele e Turchia oppure riprendere il progetto di Eastmed: gasdotto che - osteggiato da Ankara - collegherebbe Israele, Cipro e Grecia, per arrivare fino in Puglia. È abbastanza evidente che la seconda opzione si rivelerebbe la migliore. In primis, questo progetto coinvolgerebbe tutti Paesi democratici. In secondo luogo, la Turchia è un attore ambiguo e spregiudicato che, nonostante qualche recente schiarita diplomatica, mantiene ancora rapporti tesi con lo Stato ebraico su svariati dossier. Senza poi contare le mire egemoniche di Recep Tayyip Erdogan nel Mediterraneo: un problema che riguarda tanto Roma quanto Atene. La vera partita potrebbe quindi giocarsi nei prossimi mesi. Nel corso dell’ultimo anno, la Turchia ha migliorato notevolmente i rapporti con l’Egitto. Non è quindi del tutto escludibile che il sultano possa cercare di far leva sul Cairo per mettere in futuro i bastoni tra le ruote a Eastmed. Dall’altra parte, si scorge l’incognita americana. Contrariamente a Donald Trump, Joe Biden si è mostrato assai più freddo nei confronti di Eastmed: alla base di tale scetticismo stanno considerazioni ambientali e, soprattutto, la volontà di non irritare eccessivamente Ankara. In un simile quadro, a metà luglio, il presidente americano si recherà in Israele, dove probabilmente discuterà anche di tali nodi energetici. È per questo necessario monitorare attentamente quali saranno le mosse mediorientali della Turchia nelle prossime quattro settimane. L’Unione europea, e in particolar modo l’Italia, dovrebbero dal canto loro premere su Washington per la soluzione Eastmed, puntando specialmente il dito contro gli ambigui rapporti che intercorrono tra Mosca e Ankara.
«The Iris Affair» (Sky Atlantic)
La nuova serie The Iris Affair, in onda su Sky Atlantic, intreccia azione e riflessione sul potere dell’Intelligenza Artificiale. Niamh Algar interpreta Iris Nixon, una programmatrice in fuga dopo aver scoperto i pericoli nascosti del suo stesso lavoro.