2020-07-05
Autostrade in tilt e fregole green fermano i porti peggio del Covid
La Liguria annuncia cause per il traffico monstre. Paola De Micheli: «A breve risolviamo, prima la sicurezza». Intanto lo scalo di Genova cede il 40% e Venezia, dove non si fa manutenzione ai canali, perde le grandi navi.Tutto bloccato e mobilità al collasso. Le immagine dalle autostrade liguri lasciano poca speranza alla ripresa veloce dopo il lockdown da Covid. Venerdì in tarda serata la Regione ha tirato pesantemente in ballo sia la politica a Roma sia il gruppo Benetton. «Invitiamo il Mit e Aspi a trovare una soluzione bonaria per risarcire il danno causato dalle autostrade alla Regione, con misure anche compensative, se entro sette giorni non si aprirà un tavolo o non produrrà effetti, la strada obbligata sarà una causa davanti al giudice civile», ha detto l'avvocato Lorenzo Cuocolo, consulente legale della Regione Liguria, ribadendo la volontà dell'ente di chiedere «un risarcimento del danno emergente e d'immagine» per la situazione in cui versa la rete autostradale del Levante e del Ponente. A stretto giro di posta ha risposto il ministro Paola De Micheli. «Per la Liguria vogliamo la sicurezza che non accada più quello che purtroppo è avvenuto nel passato: quando è stato pagato un tributo inaccettabile», ha scritto il ministro su Facebook. «I disagi che si stanno vivendo lungo le autostrade liguri», si legge ancora nel post, «si esauriranno progressivamente nei prossimi giorni, con la conclusione di un imponente e approfondito piano di controlli delle gallerie e dei viadotti. In una Regione dove abbiamo la più alta concentrazione di gallerie d'Europa abbiamo deciso di dare priorità alla sicurezza». In pratica l'ammissione di aver bloccato la Regione con un'attività che poteva essere programmata durante il periodo di lockdown. Invece la De Micheli tiene a precisare di aver «elaborato un piano per cercare di rendere sostenibili i controlli in un periodo condizionato dal termine dell'emergenza Covid e dall'inizio della stagione estiva. Abbiamo potenziato i treni, abbiamo fatto sospendere alcuni cantieri non autostradali per agevolare la viabilità», conclude.Peccato che per un'area come la Liguria perdere 20 giorni di flussi turistici e di mezzi per la mobilità delle merci, significa lasciare in ginocchio l'economia. Il porto di Genova, secondo in Italia dopo Trieste, movimenta circa 52 milioni di tonnellate di merci. Negli ultimi 4 mesi ha perso circa il 40% di flussi e il caos delle arterie di accesso al capoluogo non consente un ripresa efficace per il dopo Covid. «Aspi è impegnata a ripristinare un minimo di normalità a partire dal 10 luglio. Non possiamo neanche pensare o ipotizzare», ha affermato Gian Enzo Duci, presidente di Federagenti, che rappresenta in Italia le grandi compagnie marittime che utilizzano il porto di Genova, che questo impegno non sia mantenuto. Le conseguenze sarebbero gravissime per la credibilità del nostro sistema e per i traffici internazionali e nazionali di merci e persone. Se così sarà, ci rivolgeremo anche noi alla magistratura per accertare le responsabilità del concessionario autostradale e le inadempienze del Ministero competente».Ciò che in ogni caso al ministero sembrano ignorare è che le merci non aspettano e vanno altrove. Uno scalo portuale non è un interruttore che si accende e si spegne. Una calo così drammatico del giro d'affari non si colma in poco tempo, e non è detto che una volta intraprese nuove strade i container tornino sui vecchi passi. Il problema maggiore è che il problema non riguarda solo Genova. Se in Liguria la burocrazia e la mancanza di incisività del governo (che non decide le sorti di Aspi) bloccano indirettamente il porto, a Venezia lo scalo è rallentato dalle fregole ambientalista e dall'incapacità politica di portare aventi scelte industriali di medio termine. nemmeno di lungo. In pochi anni il porto di Venezia è passato da 32 milioni di tonnellate di merce movimentata a circa 25 milioni. Il giro d'affari di circa 6 miliardi è bloccato dalla mancata manutenzione dei canali di accesso. Da almeno sei anni non si registrano interventi degni di nota. Il 13 febbraio scorso il comitato portuale della città lagunare ha organizzato una manifestazione per chiedere il rispetto dei protocolli. «Più di 4 mesi fa», spiega alla Verità Alessandro Santi, broker e coordinatore della community, «i ministeri competenti ci hanno assicurato che il protocollo fanghi era pronto da firmare. Se non ci saranno intoppi, il documento sarà firmato a fine estate». Nel frattempo molte navi provenienti dal Sudest asiatico non possono più approdare a Venezia perché il pescaggio è ormai insufficiente. «Ci sono singoli arrivi che valgono un milione di euro per il sistema portuale e hanno cadenza settimanale», conclude Santi. Il conto è presto fatto. E lo stesso discorso si può fare anche per navi da crociera come quelle della Royal Caribbean che hanno da poco comunicato di puntare su Trieste o Ravenna. Senza nulla voler togliere a questi due scali, si capisce facilmente che una città come Venezia se il governo vuole aiutarla a superare la crisi del turismo dovrebbe immaginare di lasciare che il mercato attivi linee di ricavi differenziate. Se il turismo cala, bisogna tornare a incentivare le crociere per quando ripartirà la stagione. E qualora anche questi arrivi languissero, allora sarà il caso di puntare sulle merci, che storicamente usano Venezia per raggiungere il Veneto e la Romagna. Ma se mancano tutte e due le gambe, non si parlerà mai di ripresa. Una sintesi drammaticamente perfetta di quanto sta accadendo in tutto il Paese.
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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Francesco Nicodemo (Imagoeconomica)