2023-02-04
Autonomia, stampa in cortocircuito
Giornali in tilt sul ddl di Roberto Calderoli, definito «gioco dell’oca» che al contempo «spacca l’Italia». Mentre per Stefano Bonaccini, un tempo sostenitore della misura, è un «obbrobrio». «Vogliono spaccare l’Italia». «No è un’autonomia dimezzata». «È una trappola contro le regioni del Sud». «No è un gioco dell’oca, ci vorranno anni per vederla». La lettura dei giornali ieri era un’esperienza onirica da luna park. Per la precisione da ottovolante immaginato da Lucio Battisti: una discesa ardita e una risalita, su nel cielo aperto e poi giù il deserto. Tutto molto pop, con Repubblica che nello stesso sfoglio grida alla secessione e alla «Costituzione lesa» (sopra) ma subito sotto ospita un articolo nel quale si teorizza che l’iter sarà lungo e, fra cammino parlamentare, cabina di regia, modifiche degli enti locali «ci vorranno forse anni perché la legge veda la luce». Sullo yacht di John Elkann, allarmismo puro a prua e dolce galleggiare a poppa.Il disegno di legge sull’autonomia regionale differenziata del ministro Roberto Calderoli non è ancora stato calendarizzato e già si affastellano scene da circo Medrano con gli schieramenti più scontati della storia: la Lega esulta per la storica riforma, Forza Italia chiede che il testo «venga migliorato in aula», il Pd e i suoi molti giornali compiacenti si stracciano le vesti (a pagine alterne) e i governatori si scontrano su valori ideali. Nel senso che quelli sull’orlo della perenne bancarotta come Vincenzo De Luca e Michele Emiliano non intendono rinunciare ai finanziamenti di quelli con i conti in ordine. Lo spaccato del Paese è perfetto, all’appello mancherebbe un tocco di surrealismo se non ci fosse l’immancabile Nino Cartabellotta di Gimbe che tuona sul Messaggero: «È un’istanza eversiva per la Sanità». E spiega così la suprema ingiustizia: grazie al funzionamento degli ospedali il Nord si permette di «attirare pazienti dal Sud». Che pretendono anche di guarire. Come spesso accade, la maionese impazzisce. Se per i colonnelli dem è giunta l’ora «di fare le barricate», per Giuseppe Conte si tratta «di un brodino con il quale Giorgia Meloni mette a tacere gli amici della Lega». La vetta del menù «mare e monti» viene raggiunta da La Stampa che nello stesso titolo riesce a evidenziare che l’autonomia è dimezzata rispetto ai desideri calderoliani ma «spacca l’Italia». Eppure stiamo parlando di un disegno di legge al primo vagito, che dovrà passare attraverso il parlamento, la cabina di regia, la definizione dei Lep (livelli essenziali di prestazione), la ricerca dei fondi. Si nota che il tema è pervaso da una certa schizofrenia politico-redazionale.Il podio mondiale nella gara double-face è del «Bruce Willis di Campogalliano», come Matteo Renzi definì Stefano Bonaccini. Il presidente dell’Emilia Romagna cinque anni fa fu tra i firmatari della richiesta di autonomia ma oggi vorrebbe portare la sinistra in piazza «contro l’obbrobrio». Travolto dalla sindrome Conte (sostenere tutto e il suo contrario con espressione da paresi facciale), il leader con gli occhiali a goccia viene inchiodato da un titolo particolarmente efficace dell’Huffington Post: «Gli piace l’autonomia? Dipende da dove è seduto». È comprensibile che la corsa alla poltrona da segretario dem lo induca a mescolare le carte, un po’ meno che pretenda di «resettare» la memoria collettiva. Solo qualche settimana fa spiegava in tv: «Questo è il quinto governo con il quale discutiamo di autonomia, essere contro a prescindere è un errore. Quando ci fu il referendum in Lombardia e Veneto molti amministratori locali del Pd dissero che, se fatta bene, l’autonomia non può essere una cosa che ci vede contrari in assoluto». La posizione di Bonaccini è un festival dell’ambiguità. Oggi chiede di passare dal parlamento (scontato), di definire prima i Lep (scontato) e di togliere Istruzione e Sanità dalle materie oggetto di riforma, proprio i due temi forti contenuti nella pre intesa da lui sottoscritta con Paolo Gentiloni. Nel 2018 il Consiglio regionale votò per l’autonomia; lui ne era il capo ed Elly Schlein la vice. La conversione a U è così grottesca che Gianluigi Trianni (Medicina democratica), visceralmente contrario alla riforma, oggi lo invita all’unico gesto possibile: «Ritiri la richiesta di autonomia per l’Emilia Romagna. Ritiri la domanda che impunemente aveva avanzato». Così potrà evitare a scelta: la legge storica, la trappola o il gioco dell’oca.
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