2019-11-02
Auto aziendali tassate. I 5 stelle fingono di fare retromarcia. Regalo all’elettrico
Dopo le polemiche nella stessa maggioranza, restano invariate le detrazioni solo per le vetture green che sono il 6% delle flotte.Le imposte salgono dal 10,6 all'11,4 per mille. Confedilizia: «Basta patrimoniali».Lo speciale contiene due articoliI grillini con le auto hanno un rapporto un po' complesso. Una volta si trattava solo di combattere contro quelle blu. Poi quando da opposizione si passa a maggioranza di governo, allora è necessario fare un salto. Essendo per la decrescita (inspiegabilmente) chiamata felice, i 5 stelle si sono prima dedicati alle auto elettriche. Lo scorso anno, su spinta dell'allora sottosegretario al Mise, Davide Crippa, inseriscono in manovra l'ecobonus per l'acquisto delle vetture «green». Luigi Di Maio in primis spaccia l'operazione come un semplice incentivo. Per le vetture con emissioni di C02 comprese tra 0 e 90 grammi per chilometro si prevedono agevolazioni fino a 6.000 euro. Al contrario, ciò che Di Maio e pure Laura Castelli hanno più volte omesso è che chi acquista autovetture nuove con emissioni di CO2 superiori ai 110 grammi, è soggetto a una tassa che varia dai 150 ai 3.000 euro. L'ex sottosegretario Crippa prima di entrare in politica era socio di un'azienda che sviluppa batterie elettriche e che lavorava per conto di Tesla. Ma è stata soprattutto la Castelli a insistere sulla parte di penalizzazione. Una filosofia che il viceministro ripropone con la nuova maggioranza giallorossa. Gli interventi del 2018 sull'ecobonus si sono dimostrati deleteri. Gli incentivi riguardano meno dell'1% del mercato, mentre le penalizzazioni toccano circa il 20% del settore. Non a caso, a partire dalla primavera del 2019, ha cominciato a vedersi la flessione nelle vendite e poi nella produzione. Non contenti di aver affossato la componente privata del settore auto, con la manovra di quest'anno i 5 stelle hanno cominciato a dedicarsi alle flotte aziendali. Si tratta di un settore che vale oltre 350.000 immatricolazioni ogni anno.Per volontà della Castelli (l'indiscrezione non è mai stata smentita) si inserisce nel testo un articolo che triplica il costo delle vetture aziendali, di fatto impedendo la detrazione del valore sul reddito da lavoro. In pratica, una batosta di 600 euro dall'anno prossimo sarebbe passata a un cifra di poco inferiore ai 2.000. L'altro ieri le reazioni scomposte della stessa maggioranza di governo hanno portato allo toppa, che non cambia la sostanza dei fatti. Nell'ultimo aggiornamento della manovra si legge che, «ai fini della determinazione del fringe benefit delle auto concesse in uso promiscuo ai dipendenti, la percentuale del 30% dell'importo corrispondente alla percorrenza convenzionale di 15.000 chilometri calcolato sulla base delle tabelle Aci continui ad applicarsi per i veicoli a trazione elettrica e ibrida e per tutti i veicoli concessi in uso promiscuo ai dipendenti addetti alla vendita di agenti e rappresentanti di commercio», mentre per gli altri veicoli «la percentuale è elevata al 60% in caso di emissioni di biossido di carbonio fino a grammi 160 per chilometro e al 100% in caso di emissioni». In pratica le auto che inquinano saranno tutte a carico dell'azienda o del lavoratore, le altre potranno essere detratte. Se si prende la lista delle vetture esonerate, si scopra che è molto simile a quella che gode dell'ecobonus ideato dall'ex sottosegretario Crippa. Il che deve indurci a una riflessione. Sia lo scorso anno che oggi lo schema è stato il medesimo. Annuncio della mega tassa, polemica interna nella maggioranza (nel 2018 a protestare era stato Matteo Salvini), segue modifica al testo che apparentemente sembra abbattere il prelievo e alla fine ne esce un testo che favorisce esclusivamente le auto elettriche. Al coro delle polemiche infatti ieri si è aggiunto anche il vice ministro del Mise, Stefano Buffagni, che si è detto felice della modifica alla normativa, che però non basta. «Faremo una battaglia in Parlamento», ha aggiunto, spiegando di voler impedire che i lavoratori vengano penalizzati con nuove tasse. Peccato che Buffagni sieda nella stessa maggioranza e sappia benissimo di partecipare al gioco delle parti. La domanda di fondo è un'altra. Chi spinge i 5 stelle sempre nella direzione dell'elettrico? Che lobby rappresentano? Le auto elettriche nelle flotte aziendali oggi sono vicine allo 0%. Così si impone alle aziende una scelta. O cambiare vettura o pagare più tasse. Questo singolo intervento fiscale è la sintesi del governo giallorosso. Da un lato i 5 stelle manovrato dalle lobby e dall'altro il realismo del Pd. I primi pensano di favorire un comparto, i secondi sanno che non accadrà mai e che alla fine l'unico effetto sarà più gettito per lo Stato.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/auto-aziendali-tassate-i-5-stelle-fingono-di-fare-retromarcia-regalo-allelettrico-2641188671.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-dem-riesumano-limi-sulla-casa-imu-e-tasi-assieme-ma-piu-cara" data-post-id="2641188671" data-published-at="1758062909" data-use-pagination="False"> I dem riesumano l’Imi sulla casa Imu e Tasi assieme ma più cara Nel mondo pd delle tasse nulla si crea e nulla si distrugge. Le stangate finiscono in letargo e si risvegliano all'improvviso per colpire gli italiani. I dem a novembre del 2016 avevano inventato l'Imi, una tassa ircocervo frutto della fusione tra Imu e Tasi con la differenza che l'aliquota massima complessiva sarebbe passata dal 10,6 per mille all'11,4. All'epoca la notizia fece scalpore e Matteo Renzi impegnato a fare campagna elettorale in vista del referendum del 4 dicembre fece finta di non saperne nulla e disse: «Ma che siamo a compro una vocale?». E con la battuta affossò la nuova tassa. Maino Marchi, deputato dem, ritirò l'emendamento. La modifica «proposta da Anci ai gruppi intenderebbe operare una semplificazione, unificando le due imposte esistenti in una sola, senza nessun aumento di aliquote», ma «se da ulteriori verifiche risulterà che, per eventuali imprecisioni tecniche si determini la possibilità di aumento delle aliquote, verrà ritirato», cercò di salvarsi la faccia prendendosi la colpa di imprecisati errori tecnici. Errori che non esistevano. Erano voluti eccome. Tant'è che nel silenzio il progetto di nove pagine è stato riesumato e infilato in questa manovra. Stesso perimetro di aumento all'11,4 per mille e stessa finta di accorpare per semplificare la vita ai contribuenti. Sparisce il nome Imi, quest'anno e resta quello di Imu e Tasi assieme. Con due beffe ulteriori. La prima è che il governo tiene a specificare che i Comuni che lo vorranno potranno anche azzerare i prelievi. Da un lato si tagliano i trasferimenti e dall'altro si alza il gettito ma si lasciano liberi i Comuni di eliminare le tasse. Gli enti comuni affamati di denaro non potranno farlo, ma il governo fa ricadere su di essi la colpa dell'aumento delle tasse. Una letterale presa in giro, che a sua volta nasconde la seconda beffa. Nel testo preparato e firmato nel 2016 da tutti i parlamentari piddini della commissione Bilancio ci sono tutti i dettagli di recupero. Nel caso fosse diventata operativa l'Imi, avevano definito anche le sanzioni. In caso di omessa dichiarazione la multa sarà del 100% sul 200% del tributo non versato, con tanto di dettagli sulle modalità di pagamento. Stando a quanto risulta alla Verità, il testo del 2016 sarà traslato in toto nella manovra 2020. E dunque siamo di fronte all'ennesimo pezzo di patrimoniale sulla casa che dal 2011 a oggi ha visto salire il gettito da 8 miliardi ai 22 attuali. «La nuova patrimoniale sugli immobili è peggiore delle due attuali, l'Imu e la Tasi. Oltre a non essere sfiorato dall'idea di ridurre questo carico di tassazione insopportabile, il governo peggiora la situazione in vari modi», afferma il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, sottolineando che «aumenta l'aliquota di base dal 7,6 all'8,6 per mille e con dubbia legittimità, si fissa definitivamente all'11,4 per mille l'aliquota massima per alcuni Comuni (come Roma e Milano), rispetto al limite ordinario del 10,6». In più si fa «scomparire qualsiasi collegamento ai servizi, presente ora nella Tasi» e si «aumenta la tassazione sui proprietari di immobili affittati, scaricando su di essi la quota di imposta che nella Tasi era a carico degli inquilini». Si mantengono poi «imposizioni vessatorie come quelle sugli immobili inagibili e su quelli sfitti per assenza di inquilini o acquirenti. E non ci si venga a parlare di semplificazione». Confedilizia chiede anche di prorogare la cedolare secca per i negozi, che scade a fine anno. Abbiamo però dubbi che qualcuno dalle parti dei giallorossi presti ascolto. Le mosse dei vari esponenti politici che prendono distanza dalla manovra che i loro rappresentanti in cdm hanno approvato sanno tanto di presa in giro. Da Renzi, alla Bellanova fino a Di Maio promettono battaglia in Parlamento, come se fossero minoranza. Invece appoggeranno l'idea di un maxi emendamento con tanto di fiducia.