Jbs, primo produttore di carne al mondo, ferma gli stabilimenti in Usa, Australia e Canada per un furto di dati. I continui assalti dei pirati informatici, uniti ai blocchi dei porti del Dragone per il Covid, spingono i prezzi.
Jbs, primo produttore di carne al mondo, ferma gli stabilimenti in Usa, Australia e Canada per un furto di dati. I continui assalti dei pirati informatici, uniti ai blocchi dei porti del Dragone per il Covid, spingono i prezzi.Aumentano gli attacchi informatici alle infrastrutture produttive e logistiche. Rendendo ancor più complicata la gestione degli approvvigionamenti che devono già fare i conti da mesi con il picco delle materie prime e con l'inflazione. I settori finiti nel mirino dei pirati vanno dal petrolio ai produttori di carne. Come la brasiliana Jbs, il più grande produttore di carne a livello globale, che martedì è stata costretta a sospendere parte della lavorazione negli impianti di Stati Uniti e Canada perché, appunto, vittima di hacker. L'interruzione potrebbe incidere in modo significativo sui prezzi all'ingrosso delle carni e solleva interrogativi sulla vulnerabilità dei sistemi. Con il Covid, gran parte delle aziende nel mondo hanno messo in smart working il personale ma molte senza aver prima predisposto delle misure adeguate. E realizzando troppo tardi che i cosiddetti server «mission critical» non devono essere collegati a Internet.Nel caso di Jbs, si è trattato di un attacco ransomware (i file vengono crittografati e poi viene richiesto un riscatto per rilasciare i dati e consentire alle vittime di riottenerne l'accesso). Si tratta del secondo blitz di questo tipo che colpisce un'azienda in un settore critico nel giro di poche settimane. Il mese scorso, un attacco simile alla Colonial pipeline (che ha pagato 4,4 milioni di dollari per avere indietro i dati rubati) ha paralizzato le operazioni della compagnia che trasporta ogni giorno fino a 2,5 milioni di barili di benzina, gasolio e carburante per aerei facendo subito schizzare i prezzi. E la stessa sorte è toccata Pilgrims, primo produttore di pollo. Anche l'attacco informatico a Jbs ha costretto alla chiusura di tutti gli stabilimenti statunitensi di carne bovina del gruppo, strutture che rappresentano quasi un quarto delle forniture americane. Sono state inoltre sospese le operazioni di macellazione in tutta l'Australia ed è stato fermato uno dei più grandi stabilimenti di carne bovina del Canada. Le interruzioni hanno messo in allarme i mercati: i futures del bestiame sono crollati mentre i prezzi delle carni suine sono aumentati. Sull'Air Force One che portava il presidente Joe Biden a Tulsa, la vice portavoce della Casa Bianca, Karine Jean-Pierre, ha detto che la richiesta di riscatto «proviene da un'organizzazione criminale probabilmente con sede in Russia». Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha replicato che Mosca non ha informazioni sugli autori dell'attacco, ma che la questione della sicurezza informatica e delle altre sfide nel cyberspazio farà parte «in un modo o nell'altro» dell'agenda di Biden e Vladimir Putin nel prossimo vertice a Ginevra. Il tema è cruciale nei rapporti tra i due Paesi: basta ricordare il caso del mega attacco del 2020 a Solarwinds, la società informatica texana che produce Orion, software di gestione delle reti aziendali usato da oltre 300.000 clienti nel mondo. Una trentina di soggetti russi legati al governo e all'intelligence erano stati sanzionati mentre dieci diplomatici di Mosca erano stati cacciati dall'ambasciata a Washington. Negli ultimi tre anni gli attacchi informatici hanno colpito pesantemente anche il settore dello shipping in cui i rischi generati dalla ormai pressoché totale digitalizzazione di sistemi e procedure pongono problemi di non facile soluzione per le compagnie. Con il Covid la situazione si è ulteriormente complicata, creando pericolosi imbuti che concorrono a stringere l'offerta e a far schizzare i prezzi sul fronte della domanda. Come abbiamo visto dopo l'incidente del Canale di Suez, con le scorte ridotte ai minimi, e come stiamo vedendo in questi giorni in Cina che sta facendo i conti con un pericoloso ritorno dei contagi. L'allarme è scattato anche a Shenzen dove Maersk ha segnalato il blocco di decine di migliaia i container fermi nei porti di Shekou e di Yantian, uno dei più trafficati a livello mondiale. Questo mentre il riacutizzarsi nella tensione sul lato dell'offerta nel mercato delle spedizioni si stava già facendo sentire sulle quotazioni dei noli dei container per la tratta Cina-Europa. I porti bloccati e il record di costi per il trasporto di container dall'Asia all'Europa hanno effetti a catena su tutta la filiera industriale e logistica. Nei giorni scorsi il costo per spostare un container misurato dall'indice Drewry è salito oltre i 10.000 dollari (10,17, sulla rotta Shangai-Rotterdam), +485% rispetto al 2020. I prezzi sono spinti anche dalla scarsità stessa di container che spesso oramai viaggiano vuoti di ritorno verso la Cina allo scopo di poter compiere prima possibile il più lucroso viaggio di andata e incassare gli incentivi decisi da Pechino.Nei mesi più caldi della pandemia, le aziende hanno di fatto azzerato gli ordini e si sono poste in modalità «sopravvivenza». Terminata la fase acuta, c'è stata la corsa per ricomprare le materie prime utili per la produzione e una richiesta aggiuntiva per ricostituire le scorte. Abbiamo visto, ad esempio, i problemi che sta affrontando l'industria dell'auto con la carenza di chip. Il cortocircuito ha portato all'impennata dei prezzi. Una piccola fiammata inflazionistica su cui stanno soffiando adesso anche gli attacchi dei pirati.
(Totaleu)
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