2025-09-04
Gli artisti addolorati sul red carpet vadano a farsi dare lezioni da Gervais
Benedetta Porcaroli (Ansa)
Pure per Gaza i vip lisciano il mainstream per fingersi impegnati. Tutta gente che sarebbe messa in riga dal grande comico inglese.Ussignur, ancora qui a menare il torrone con il cosiddetto «impegno». Che è, spiega la Treccani, «l’adesione attiva di un intellettuale o di un artista, mediante la propria opera, ai problemi politici o sociali».Definizione che calza a pennello per i nostrani esponenti di quelle due auliche categorie.Che però si guardano bene dal farlo «attivamente, mediante la propria opera», o addirittura rischiando in proprio.Perché siamo pur sempre italiani, professionisti dell’«armiamoci e partite».La loro partecipazione consiste nel registrare un video in cui si solidarizza con qualche movimento di protesta.O nel firmare qualche appello che consenta di sentirsi in pace con la coscienza a costo zero. O andare a fare passerella sui red carpet di festival, rassegne e happening vari ma tenendo a farci sapere che - per quello che sta accadendo, da qualche parte nel globo terracqueo- hanno «il cuore a pezzi» (vedi alla voce Benedetta Porcaroli: «Per Gaza la mia vita è cambiata», il che però non le ha impedito fortunatamente di presentarsi a Venezia).Il tutto per rimediare una bella figura, e una manciata di like e di follower, lisciando il pelo della bestia mainstream dal verso giusto. Mai però alzando il lato B e andando sul campo.Sempre stando in poltrona, digitando su uno smartphone o su una tastiera, con il proprio fatturato al riparo.Pestando magari un bel mentone, come Alessia Marcuzzi che ha pensato bene di scrivere su X, per onorare la flottiglia in mare verso Gaza: «Tanta ammirazione per voi». Solo che la foto allegata era un fake, generato dall’Intelligenza artificiale (che ha deciso di entrare in sciopero: «Voi umani non mi meritate...»).Tutta gente che si prende maledettamente sul serio, immemori di quello strepitoso dialogo tra Toni Servillo-Jep Gambardella e Carlo Verdone ne La Grande bellezza: «Siamo un popolo di intervistati, ma non li senti? «Come dico sempre...», ma come dico sempre a chi?! In questo Paese per farsi prendere sul serio bisogna prendersi sul serio». Per questo li manderei a lezione da un signore che si chiama Ricky Gervais.Fantastico esempio di stand-up comedian britannico di fama planetaria.Nonché attore, regista, sceneggiatore, produttore.Un monologhista che fa della satira una micidiale arma di distruzione del cosiddetto «senso comune», imbevuto di ipocrita perbenismo, di politicamente corretto, di wokismo.I suoi sono spettacoli basati su tre elementi: un palco vuoto, un microfono e sé medesimo.Uno show il cui ritmo è dato dalla mitragliata di battute che fanno sghignazzare ma anche riflettere.Un mix di intelligenza sagace e di sarcasmo spietato.Con una caratteristica per cui ha, per quello che vale, la mia sconfinata ammirazione: quando è stato chiamato a fare da cerimoniere di importanti eventi dello show business, le sue vittime erano sedute lì, di fronte a lui. Gervais li ha sempre additati uno per uno, non facendo sconti («sei piacevole quanto una colonscopia» lo ha apostrofato Mel Gibson a una serata presentata da Gervais, dopo che il medesimo lo aveva provocato come «ubriacone antisemita»).Senza «lanciare messaggi», che è il triste obiettivo di cantantucoli, comichetti, attorini e presuntuosi autori satirici di casa nostra, uomini e donne.Il che lo ha reso inviso allo star system, consentendogli però di diventare a sua volta una star che ha portato in giro per il mondo le sue performances. L’ultima si chiama Mortality (i precedenti: Humanity, Supernature, Armageddon, titoli per temi forti) e ha fatto tappa anche in Italia, lo scorso 24 luglio, all’Unipol Forum di Milano, tutto esaurito.Dove ha dato il meglio di sé, disquisendo su la vita, la morte e tutto quello che c’è in mezzo.«Le cose belle dell’esistenza sono pericolose, come l’alcol. Lo so perché lo vendo» (anni fa ha rilevato un’azienda produttrice di vodka), e pazienza se l’abuso di alcol può comprometterti la salute, dopotutto «ha permesso a tanti bambini di nascere». Uno stile rude, schietto, indocile e irriverente: «Cosa ci faceva Stephen Hawking alle feste di Jeffrey Epstein (miliardario pedofilo «suicida» in carcere)? Era una sedia a rotelle parlante». E se qualcuno ancora si scandalizza, Gervais, paladino del free speech che non si fa imbavagliare perché «sono solo parole e battute», tira dritto per la sua strada: «Negli ultimi dieci anni in Inghilterra e America qualcuno ha provato a dirci di cosa potevamo ridere. Ma li abbiamo respinti. Abbiamo vinto» (visto quello che è successo al comico irlandese Graham Linehan, arrestato ieri appena è sbarcato dall’aereo a Londra, per tre-dicasi-tre tweet ritenuti transfobici, non ne sarei così sicuro).A farlo conoscere a livello mondiale sono state le cinque edizioni dei Golden Globe, l’antipasto degli Oscar, da lui condotte.Un universo con cui ha dimestichezza, facendone parte (anche perché di Globe ne ha vinti tre).Ma fregandosene di tenersi buoni i colleghi di Hollywood.A cominciare dagli stessi organizzatori dell’evento.«Dobbiamo stare qui tre ore, quando voi potreste vedere tutta la prima stagione di After Life (una sua serie tv), che parla di un uomo che vuole suicidarsi perché sua moglie muore di cancro, sarebbe più divertente. E comunque la seconda stagione è in arrivo. Segno che l’uomo non si è suicidato. Proprio come Jeffrey Epstein. Silenzio! Lo so che era un vostro amico, ma non me ne importa nulla».«I Golden Globe stanno agli Oscar come Kim Kardashian sta a Kate Middleton».«Jennifer Lawrence ha fatto notizia chiedendo un adeguato trattamento economico per le attrici, e ha riscosso consensi unanimi. Ci sono stati cortei di infermiere, operai, idraulici che hanno solidarizzato, chiedendosi: in effetti, come fa a vivere una 25enne con appena 52 milioni di dollari?», i compensi dell’attrice, che in platea ha finto di divertirsi.A Johnny Depp (chiamato sul palco dopo che nella precedente edizione del premio lo aveva massacrato, lui presente, per il flop cosmico al botteghino con il film The Tourist): «Ti faccio una domanda ma tu devi rispondere onestamente: sei sotto l’effetto di droghe? No, sto scherzando, non è questo che volevo sapere, anche perché conosciamo già tutti la risposta. Sei pronto? Ok: ma tu, alla fine, l’hai mai visto The Tourist?» (e Depp, ridendo: «No»).Ma è nel 2020 che, essendo la sua ultima volta, chiude l’esperienza con il botto. Dà fuoco alle polveri ricordando che i dirigenti di cinema e tv presenti hanno una cosa in comune: «Sono tutti terrorizzati da Ron Farrow (il giornalista che rivelò gli abusi sessuali di Harvey Weinstein).A Martin Scorsese, Bob De Niro e Al Pacino: «Il vostro The Irishman è meraviglioso, un filino lungo, ma incredibile. Non l’unico con questa durata, anche C’era una volta a...Hollywood di Quentin Tarantino dura tre ore. Leonardo Di Caprio è andato alla prima del film, e alla fine la sua partner era diventata troppo vecchia per lui», (Di Caprio ride, del resto che lui esca solo con donne di non più di 25 anni è cosa nota).Quindi Gervais ha messo un altro carico da 11: «Perfino il principe Andrea (d’Inghilterra, accusato di pedofilia nello scandalo Epstein) lo ha rimproverato: dai, Leo, hai quasi 50 anni».Quindi ha sganciato la bomba atomica, contro tutti i sepolcri imbiancati dell’ambiente, non solo negli Stati Uniti: «Apple si è inserita nel giro dell’industria televisiva con The Morning Show, una superba serie tv che tratta l’importanza della dignità e del fare la cosa giusta, realizzata da una multinazionale che sfrutta i lavoratori in Cina» (e la regia, perfida, «stacca» sul volto livido dell’amministratore delegato dell’azienda, Tim Cook). «Sì, voi dite di essere consapevoli, ma lavorate per loro: Apple, Disney, Amazon... se l’Isis creasse una piattaforma streaming voi chiedereste al vostro agente di contattarli per avviare una collaborazione. Quindi se stasera vincete un premio, non usate l’occasione per fare un discorso politico, non siete nella posizione di dare lezioni al pubblico su nulla. Non sapete niente del mondo reale, la gran parte di voi ha speso a scuola meno tempo di Greta Thunberg. Quindi se vincete, venite qui, prendete il vostro piccolo premio, ringraziate il vostro agente e il vostro Dio, e poi andatevene a fan**lo».Un’intemerata da standing ovation.Una sola volta è stato reticente: «Non sono stati candidati Jim Carrey e Ewan McGregor, due attori eterosessuali che in un film fingono di essere gay. Quindi l’esatto opposto di alcuni attori scientologisti» (a quale star seguace di Scientology stava pesantemente alludendo? Mumble, mumble...).Per non rischiare, Gervais al microfono ha aggiunto: «Per la formulazione di questa battuta sono stato aiutato dai miei avvocati». Anche per lui, in effetti, fare nomi e cognomi su un tema così sdrucciolevole sarebbe stata una mission impossible.