2023-02-28
Arriva la Schlein, se ne va il Pd
I dem si sono suicidati lasciando scegliere il segretario ai non iscritti. Addio alla vocazione riformista e alle ambizioni di guidare il Paese. Giuseppe Fioroni inaugura la slavina di chi vuole evitare una fine che sembra ineluttabile: fare i gregari del Movimento 5 stelle.Che il Pd fosse scalabile dall’esterno, anche da parte di chi non era iscritto al Pd, lo abbiamo scritto tre mesi fa, all’indomani dell’incredibile decisione della direzione del partito che apriva le porte a chi non ne aveva la tessera e anche a coloro che in tasca avevano quella di altri movimenti. Era il 19 novembre dello scorso anno e a Largo del Nazareno, dopo un tira e molla estenuante sulle regole che avrebbero dovuto portare all’elezione del nuovo segretario, decisero di avviare «un processo di apertura del Pd attraverso una fase costituente». Una scelta che avrebbe dovuto consentire la partecipazione alla fase congressuale «anche agli iscritti di altri partiti che aderiscano al processo costituente» e pure ai cittadini che lo desiderino, a patto che «sottoscrivano un appello alla partecipazione con adesione certificata anche online». Pensate all’assemblea degli azionisti di una società chiamata a rinnovare il consiglio di amministrazione e a eleggere il presidente e l’amministratore delegato. E ora immaginatevi un annuncio come quello che avete appena letto, ovvero un invito ai soci di un’altra società, magari concorrente, o ai semplici cittadini affinché partecipino all’elezione dei nuovi organi sociali. Ecco, il Pd ha nominato la nuova segretaria, ovvero Elly Schlein, proprio con il metodo appena descritto. Inutile dire che l’Opa, ovvero la scalata, è riuscita alla perfezione, scalzando il candidato che era stato scelto dagli iscritti. Infatti, Stefano Bonaccini, sebbene avesse vinto con 20 punti di vantaggio rispetto alla Schlein, è stato spazzato via dal voto ai gazebo, travolto da un’onda di movimenti che magari mai hanno votato per il Pd e, forse, mai lo voteranno. In altre parole, gli esterni hanno deciso al posto degli interni. E quel che è ancor più incredibile, il nuovo segretario è stato scelto contro il parere degli iscritti, con il risultato che, essendo finita con 53 a 47, la sfida consegna un partito diviso esattamente a metà, con i tesserati che stanno con lo sconfitto.Sì, quello a cui abbiamo assistito è il suicidio del maggior partito della sinistra, che ha scelto di autoliquidarsi e di mettere fine al tentativo di un gruppo riformista con ambizioni di governare il Paese. Che cosa sarà d’ora in poi il Pd? Nessuno sa dirlo. Forse sarà la metà di quello che, pur ridotto ai minimi termini da Enrico Letta, abbiamo conosciuto fino a ieri. Infatti, come primo effetto delle consultazioni di domenica si deve registrare l’uscita di Giuseppe Fioroni, ex ministro dell’Istruzione, il quale ha dato l’addio al partito. È probabile che presto saranno in molti a seguirlo, quanto meno il gruppo di Base riformista che fa capo a Lorenzo Guerini, il quale da ex ministro della Difesa molto ben visto dall’ambasciata americana, farà fatica ad andare d’amore e d’accordo con una segreteria che non vede l’ora di smarcarsi dalla linea filoatlantica sull’Ucraina. «Abbiamo ammazzato il Pd», pare sia stato il suo commento la notte dello spoglio. Difficile dargli torto. Difficile soprattutto immaginare che lui e gli altri, tutti con un passato da ex Popolari ed ex democristiani, stiano ad aspettare che la Schlein dia sepoltura al partito.Lei si dichiara pacifista, femminista, antifascista, ambientalista, eccetera. Tutte cose belle ovviamente, ma molto identitarie e per niente pragmatiche. Con lo ius soli, il voto giovane, la patrimoniale e il ddl Zan, Letta è riuscito a portare il partito al minimo storico, ma la nuova segretaria potrebbe riuscire a fare di meglio, trasformando il Pd in una specie di Partito radicale senza la verve e il coraggio di Marco Pannella. Per quanto il leader del Pr fosse amato e seguito, nessuno ha mai pensato che potesse guidare il Paese e nessuno, molto probabilmente, lo penserà di Elly. Il futuro del Partito democratico è di essere gregario del Movimento 5 stelle, che paradossalmente oggi appare avere una leadership più solida di quella emersa domenica ai gazebo.Del resto, la crisi del Pd non è colpa di Schlein, ma di un gruppo dirigente che negli ultimi decenni non ha mai fatto i conti con la realtà. In 15 anni, da quando ha aperto gli occhi al Lingotto, il Partito democratico ha cambiato undici segretari - ossia uno ogni 577 giorni - senza mai cambiare nulla. C’è chi ha fatto il conto dei voti persi elezione dopo elezione e segretario dopo segretario: fa il 40 per cento del totale. Nel 2013, il Pd aveva quasi otto milioni di voti, all’ultimo giro si è fermato a poco più di 4,5 milioni. Una débâcle, a cui il gruppo dirigente ha risposto con la nomina di un nuovo segretario. Anzi, una segretaria, la prima nella storia del maggiore partito della sinistra. Una grande novità, un grande cambiamento. Come ha spiegato Giuseppe Tomasi di Lampedusa nel Gattopardo, spesso bisogna cambiare tutto perché nulla cambi. Infatti, dietro il volto della Schlein, si intravedono le facce di sempre: Dario Franceschini (sei legislature, otto anni da ministro, un paio da sottosegretario), Andrea Orlando (cinque legislature, tre volte ministro), Goffredo Bettini, un mammasantissima che non ne ha mai imbroccata una, ma che è stato lo sponsor di tutte le scelte sbagliate del Pd, dall’alleanza con i 5 stelle alla nomina di Roberto Gualtieri a sindaco. Adesso, per essere sicuro di sbagliare, ha scelto la Schlein.
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