2019-07-24
Arrestato, processato e condannato. E non è stato mai nemmeno indagato
La vicenda del primario Paolo Iannelli, che ha preso 9 anni in primo grado per aver dirottato pazienti dal Cardarelli di Napoli a una clinica privata. Ma i provvedimenti del pm Henry John Woodcock riferiti ai capi d'imputazione non ci sono.Si può essere intercettati, arrestati, rinviati a giudizio, processati e condannati senza mai essere stati iscritti nel registro degli indagati? In Italia può accadere. Sembra che a Napoli sia accaduto e non in un processo qualsiasi. Paolo Iannelli è un luminare della medicina campana, figlio d'arte e direttore di dipartimento di ortopedia dell'ospedale Cardarelli. Nel 2012, per due volte è finito nel carcere di Poggioreale, perché la Procura non si era arresa all'idea che la prima ordinanza di custodia cautelare fosse stata annullata dal Tribunale del riesame. Secondo l'accusa, Iannelli avrebbe utilizzato il Cardarelli, il più grande nosocomio di tutto il Sud, come riserva di caccia per i pazienti della sua clinica, Villa Del Sole. Dove il supermanager sanitario prometteva, c'è scritto nelle carte giudiziarie, interventi con liste d'attesa notevolmente inferiori rispetto a quelle prospettate nella struttura pubblica. Inoltre, le attività investigative del Nas dei carabinieri portarono anche alla contestazione di assenteismo dal luogo di lavoro e a tutta una serie di capi d'imputazione minori collegati al ruolo di presunto dominus di Villa Del Sole, da cui Iannelli, tuttavia, è stato assolto o direttamente archiviato. A conclusione di un estenuante dibattimento, nello scorso mese di marzo, Paolo Iannelli è stato condannato a nove anni di carcere perché riconosciuto colpevole di concussione, assenteismo e associazione per delinquere. Reato, quest'ultimo, che come vedremo più avanti spunta a sorpresa nel corso del processo. Proprio in relazione a questa inaspettata condanna, la difesa di Iannelli, da qualche giorno, sta lavorando all'impugnazione in Appello della sentenza per capire come sia stato possibile condannare il professionista per il reato associativo, in concorso con altri soggetti che nemmeno erano imputati di questo reato. Rileggendo le motivazioni e gli atti del procedimento, contenuto in diversi faldoni, l'avvocato Maurizio Lojacono ha cercato quelle che, tecnicamente, si chiamano «iscrizioni a modello 21». Ovvero i provvedimenti con cui il pubblico ministero collega al reato ipotizzato il nome del soggetto chiamato a risponderne. Si tratta di un istituto, disciplinato dal codice di procedura penale, che offre la garanzia all'indagato di conoscere non solo la notitia criminis a lui attribuita ma anche e soprattutto il momento in cui è avvenuta la formale assunzione della qualifica di indagato. E questo per rendere ragionevole la durata di un processo che, altrimenti, potrebbe trascinarsi all'infinito, lasciando l'indagato senza diritti. L'avvocato Lojacono ha cercato questi documenti tra le migliaia di pagine del processo, soffermandosi anche sulle iscrizioni a carico dei presunti complici di Iannelli. Il risultato di questa fatica è che i provvedimenti del pubblico ministero Henry John Woodcock, riferiti ai capi d'imputazione di concussione e assenteismo e falso commessi nel Cardarelli, non ci sono, come non risulta iscritta nemmeno la associazione a delinquere finalizzata a commettere le concussioni. Le ipotesi sono due, a questo punto. La prima è che la copia dell'intero procedimento, di cui dispone il difensore di Iannelli, presenti delle lacune che hanno minato il diritto alla difesa dell'imputato. Nella cancelleria del sostituto procuratore potrebbe esserci stato un cortocircuito, al momento del passaggio delle carte, che ha portato a omettere l'inserimento delle iscrizioni a modello 21 nel fascicolo. Il protocollo, in questo caso, è però molto rigido e le iscrizioni non sono nella esclusiva disponibilità del pubblico ministero che procede ma vengono registrate presso una centrale informatica unica che raccoglie tutte le iscrizioni di ogni magistrato inquirente, aggiornando, di volta in volta, il procedimento con i nuovi fatti reato. Perché quelle di Iannelli non si trovano, mentre ci sono le iscrizioni per reati di minor rilevanza? La seconda ipotesi è che Iannelli non sia mai stato formalmente indagato per i capi d'imputazione che lo hanno portato dapprima sotto intercettazione, poi in galera e infine condannato. E che nessuno dei vari «controllori della legalità» giurisdizionale (lo stesso pm, il giudice delle indagini preliminari, il Tribunale del riesame, il collegio che lo ha processato, la Corte di cassazione) se ne sia accorto. Anzi, ci sono proroghe delle indagini, concesse dal gip, che certificano l'assoluta legittimità delle procedure. Com'è possibile? La giurisprudenza ha affrontato in diverse occasioni il tema della omessa iscrizione, mettendola però sempre in relazione ai tempi in cui sarebbe maturata la decisione di eseguirla da parte del pm, che sul punto ha un enorme potere discrezionale, ma mai della sua inesistenza agli atti del procedimento. Potrebbe essere questo il primo caso in Italia se, come pare, l'avvocato Lojacono deciderà di sollevare il caso davanti ai giudici di secondo grado. Ai quali sarà chiesto di diradare le nubi anche riguardo a un'altra singolarità emersa nel corso del processo a Paolo Iannelli. I giudici lo hanno infatti ritenuto colpevole di far parte di un'associazione per delinquere (formata solo da lui, peraltro) che era stata però archiviata dal gip in fase di indagini preliminari. Per una iscrizione che dovrebbe esserci e non c'è; un capo di imputazione che, al contrario, non dovrebbe esserci e, invece, c'è. Woodcock, il cui nome è tornato sulle cronache nei giorni scorsi perché era tra i magistrati nella black list stilata dalla cricca romana che dal Csm orientava le nomine, contattato dalla Verità, lapidario, ha commentato: «Non ho nulla da dire, vi è una sentenza con motivazione depositata».
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