2020-05-12
Arcuri sprofonda nel caos protezioni: «Già finite le mascherine da 50 cent»
Federfarma lancia l'allarme: «Prezzo troppo basso, dispositivi esauriti. Ci mancano anche guanti e alcol» Il commissario senza vergogna: «La colpa è loro e dei distributori». E il Codacons invoca la magistratura.L'hanno strappato da una fucina di iperboliche innovazioni come Invitalia, agenzia governativa che ha portato l'Italia nel suo radioso futuro. E non lasciatevi ingannare dall'aria stropicciata, l'accento marcato e la cravatta allentata. Era lui il nostro Steve Jobs parastatale. Solo a lui poteva essere affidata l'impervia missione. Nessuno come lui avrebbe potuto tirare fuori l'arenata Italia dalle secche sanitarie in cui l'aveva costretta il coronavirus. Il pacioso Angelo Borrelli, dominus della Protezione civile, non riesce a procurare una mascherina che sia una? Tranquilli, arriva Arcuri. Un ipertecnologico mister Wolf, efficace come l'antieroe di Pulp Fiction, ma garbato come un superboiardo di Stato. Era l'11 marzo 2020. Lungo tutta la Penisola, finalmente, soffiava forte il vento della più inequivocabile competenza. E invece ieri, all'esatto scoccare dei due mesi dalla sua nomina, non rimane che battersi il petto. Dopo 60 giorni di annunci, promesse e scaricabarili, alziamo bandiera bianca. Con i farmacisti costretti, ancora una volta, a sconfessare governanti e consulenti giallorossi. Nulla di nuovo, per carità. Il tragico intoppo è ormai diventato normale amministrazione. La sapete l'ultima? Le mitologiche mascherine a 50 centesimi sono già terminate. E, come noto a qualsiasi italiano, pure guanti e alcol sono ormai introvabili. Noi, nel nostro piccolo, c'eravamo permessi di segnalare le tre evenienze una settimana fa. Non era servita l'intelligence, ma una capatina in qualche farmacia. Eppure, niente. Ieri Federfarma è stata costretta a certificare l'ultima disfatta. Così Marco Cossolo, presidente della federazione, annuncia mesto: «Quasi ovunque, come a Roma, le chirurgiche sono già finite». In compenso, a Milano e Torino «non sono ancora arrivate». Del resto, che fretta c'è? La fase 2 è cominciata già da una settimana. Milioni di persone sono tornate al lavoro. Il resto, dopo mesi di clausura, ha ripreso a vedere i parenti e a sgranchirsi le gambe. I rischi però restano alti. Il timore di una recrudescenza, avvertono quotidianamente pletore di virologi e superesperti, resta alto. Insomma, c'era un preciso momento della curva epidemiologica in cui le mascherine diventavano necessarie. Ed è passato da oltre una settimana. Era il 4 maggio: il giorno in cui il popolo avrebbe riassaporato, magari scompostamente, un barlume di libertà. Invece, anche stavolta, è finita come non poteva finire. «Le ingenti quantità promesse purtroppo non sono arrivate. Su questo siamo punto e a capo», spiega Cossolo.Eppure, vista la desolante penuria di protezioni fin d'avvio della fase 2, Arcuri aveva preso la situazione in pugno. Dopo aver strigliato i fornitori, rei di tenere in magazzino dispositivi non a norma, qualche giorno fa annuncia il patto tra farmacisti e distributori. Ancora qualche ora di pazienza. Poi, finalmente, chirurgiche per tutti. Dunque, clienti sempre più inferociti. Farmacisti desolati. E distributori sgomenti: «Le uniche che stiamo distribuendo sono quei 3 milioni provenienti dalla Protezione civile», spiega Antonello Mirone, presidente di Federfarma servizi. Insomma, servono 10 milioni di pezzi al giorno. E oggi le scorte saranno finite. «Siamo subissati di richieste, ma purtroppo ci sono diversi milioni di mascherine bloccate e sequestrate durante i controlli, spesso per intoppi burocratici. Bisognerebbe almeno eliminare questo cortocircuito».Niente mascherine. E niente guanti e alcol. Lo sa, da settimane, chiunque entri in una farmacia. Un desolante copione che si ripete ancora una volta. «Il prezzo dei guanti, negli ultimi mesi, si è almeno triplicato», dice Mirone. «Il costo delle materie prime è aumentato, la richiesta si è moltiplicata per mille e le giacenze di magazzino sono ormai finite». Riassumiamo, quindi. Gli italiani hanno fatto il loro dovere: chiudersi in casa per mesi senza fiatare. Il governo, intanto, aveva una missione: preparare il Paese per la ripartenza. E, in cima a tutto, una cosa doveva assicurare: garantire i dispositivi di protezione. Invece, non è riuscito nemmeno in quello.Sono passati due mesi: 11 marzo 2020. La nomina di Arcuri, dopo settimane di sbalorditiva penuria, viene all'epoca accompagnata da usuali fanfare. Ma, nelle ultime settimane, abbiamo visto di tutto. Perfino i simil panni da casalinghe inviati ai medici e rimandati indietro con sdegno. Insomma, eravamo pronti al peggio. Ne avevamo viste tante. Ma la realtà, ancora una vota, ha superato il più fervido pessimismo. Il 28 aprile 2020 Arcuri, a disdoro dei «liberisti che emettono sentenze da un divano con un cocktail in mano», annuncia che ci penserà stavolta lo Stato al bene comune: chirurgiche a 50 centesimi. E l'Iva? Sarà al 4 per cento. Ma Giuseppi rilancia: «Il nostro impegno è quello di eliminarla completamente». Difatti, resta inchiodata al 22. Per un totale, a mascherina, di 0,61 centesimi. Si trovassero, almeno. Invece i farmacisti, ogni giorno, assistono alle sacrosante lagnanze di milioni di clienti. A riprova del disastro conclamato, corollario di ogni pasticcio nazionale, è arrivato l'esposto del Codacons contro governo e Arcuri. Ma la replica del supercommissario non si è fatta attendere: «La mia unica colpa è di non aver voluto sanare mascherine prive di autorizzazioni. Chi oggi afferma di non averle, fino a qualche settimana fa le vendeva e le faceva pagare ben di più ai cittadini». L'affare s'ingrossa. E la situazione è grave. Ma evidentemente per i nostri prodi, come diceva Ennio Flaiano riferito a ben altro, non abbastanza seria.
Jose Mourinho (Getty Images)