2020-03-25
Arcuri si è già fatto detestare
Acque agitate nella cabina di regia, dove il commissario accentratore (e ritardatario) non è particolarmente amato. E ora c'è il rischio che le liti interne blocchino il Paese.Aumentano i dati in Italia di contagiati da Covid-19, ma allo stesso tempo non si fermano le tensioni tra chi sta gestendo l'emergenza per contrastare l'epidemia. La riunione di ieri è stata una delle più difficili da quando ha preso in mano la situazione il commissario straordinario Domenico Arcuri, scelto dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Durante l'incontro, alla presenza anche del capo della Protezione civile Angelo Borrelli, dei rappresentanti regionali, di diverse aziende di Stato e delle parti sociali, sono volate accuse e ripicche, in un mare di incomprensioni. Innanzitutto c'è chi inizia a mostrare una certa insofferenza sugli orari. In queste settimane le riunioni si sono sempre svolte alle 9, puntuali. Anzi Borrelli è sempre arrivato 5 minuti primi. Da quando è arrivato Arcuri tutto slitta almeno alle 9 e 20, perché il commissario non è mai in orario. Non solo. Ieri le Regioni, in particolare il Lazio, Emilia Romagna e il Trentino Alto Adige, hanno chiesto i dati sul materiale che dovrà essere consegnato nei prossimi giorni. Del resto Borrelli dall'inizio dell'emergenza, per venire incontro a tutti, comunicava sempre i carichi di materiale da inviare, dalle mascherine fino ai camici o ai ventilatori. Ora invece Arcuri ha deciso di accentrare tutto, tenendo di fatto all'oscuro le regioni sulle scelte di spedizione. C'è stato anche qui pro quo che non ha fatto altro che aumentare il disappunto dei partecipanti. Le regioni volevano solo chiarezza sui dati che le riguardavano singolarmente. Arcuri invece in un primo momento aveva capito che volevano sapere anche le dotazioni per tutte le altre. Dopo una prima fase di tensione («Dovete fidarmi di me è basta» ha detto il commissario) è stato lo stesso Arcuri a scusarsi per non averlo capito. Poi in conferenza stampa ha ricordato che «siamo passati da 307 mila mascherine distribuite al giorno a 1,8 milioni». Anche se il problema - ha aggiunto il commissario - è che «le mascherine non sono come la pasta. Siamo all'interno di una guerra commerciale, molto dura, con tanti speculatori. Ma ci sono anche Paesi che sono amici dell'Italia e che ci aiutano a dotarci di alcune “munizioni"», rinnovando così le sue metafore di guerra già anticipate nei giorni scorsi. Non a caso al termine della conferenza, l'amministratore delegato di Invitalia ha rimarcato di «avere un ottimo rapporto con le Regioni». Il problema però resta. Perché l'approccio di Borrelli è quello di apertura alle Regioni, mentre Arcuri vuole tenere le decisioni in modo meno condiviso. Per di più lo scontro arriva nel giorno in cui proprio Conte ha annunciato di concedere alle Regioni di varare misure più stringenti e ha rimarcato la competenza regionale sulla sanità. Ma soprattutto avviene in una fase più che mai complessa nella gestione dell'emergenza. Del resto da settimane i governatori di Lombardia e Veneto, Attilio Fontana e Luca Zaia, accusano il governo centrale di perdere tempo e di non intervenire con puntualità, soprattutto in maniera coordinata. Per questo è stato coinvolto a Milano l'ex capo della Protezione Civile Guido Bertolaso. Ora bisognerà capire come si svilupperanno le tensioni nei prossimi giorni. Dopo le regioni inizia a montare la protesta dei sindacati. Ieri è stato il turno dei benzinai. Il problema è che la diarchia Borrelli-Arcuri rischia forse di creare più tensioni che risolverle.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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