
Il premier prepara azioni legali contro la Pfizer. Nel mirino finisce pure Astrazeneca (che produce in Italia). Mistero sullo stop di quattro giorni al contatore delle consegne dell'antidoto: non si trovano le ultime spedizioni. Giuseppe Conte scende in trincea al fianco di Domenico Arcuri. «I rallentamenti delle consegne dei vaccini costituiscono gravi violazioni contrattuali, che producono danni enormi all'Italia e agli altri Paesi europei, con ricadute dirette sulla vita e la salute dei cittadini e sul nostro tessuto economico-sociale già fortemente provato da un anno di pandemia. Ricorreremo a tutti gli strumenti e a tutte le iniziative legali, come già stiamo facendo con Pfizer-Biontech, per rivendicare il rispetto degli impegni contrattuali e per proteggere in ogni forma la nostra comunità nazionale», ha scritto il premier ieri pomeriggio in un post su Facebook. Aggiungendo quindi alla «lista nera» anche Astrazeneca che ha già comunicato una riduzione della capacità produttiva: «Se fosse confermata la riduzione del 60% delle dosi che verranno distribuite nel primo trimestre significherebbe che in Italia verrebbero consegnate 3,4 milioni di dosi, anziché 8 milioni». Intanto domani l'Avvocatura dello Stato avrà terminato gli approfondimenti giuridici e l'Italia procederà contro Pfizer su tre canali: una diffida per inadempimento da presentare in Italia, un esposto ai pm per potenziale danno alla salute e una richiesta a nome del governo italiano e delle regioni al foro di Bruxelles per inadempimento. The tail is wagging the dog, la coda sta agitando il cane, direbbero gli americani che ricorrono a questa espressione in politica quando qualcuno usa un espediente per distogliere l'attenzione da qualcosa di ben più importante. E la coda, in questo caso, rischia di bruciarsi. La posizione dell'Italia sta infatti creando profondo imbarazzo alla commissione Ue che ha firmato i contratti con Pfizer per i singoli Stati e che sta trattando per quelli dei prossimi mesi. Tirare troppo la corda con la società Usa può diventare inoltre un boomerang, perché se si apre un contenzioso le conseguenze sono imprevedibili: Pfizer potrebbe passare al contrattacco facendo causa all'Italia per attentato alla reputazione e diffamazione con tanto di sospensione del servizio. Quanto ad Astrazeneca, forse Conte dimentica un dettaglio: l'infialamento di questi vaccini viene fatto a Anagni e il partner di Astrazeneca, incaricato di fornirgli i vettori virali, è la Irbm di Pomezia. Ci faremmo del male da soli. Non solo. Le armi del governo sembrano spuntate in partenza. Da tre giorni Arcuri ripete che da Pfizer settimana prossima «arriverà il 20% di fiale in meno rispetto a quanto comunicato». Attenzione: Arcuri improvvisamente parla di fiale e non più di dosi, come fino a metà di questa settimana. Il calo del 20% è stato quindi calcolato rispetto a cosa? E a quando risalgono le previsioni di consegna per questa settimana appena passata? Al 16 dicembre quando il commissario ha annunciato il piano vaccinale? È colpa di Pfizer se qualche regione è rimasta col fiato corto o colpa di Arcuri che ha fatto male i calcoli iniziali giocando sull'equivoco della sesta dose extra contenuta in ciascun flacone consegnato? Nessuno lo ha chiesto, nessuno ha chiarito. Eppure i conti cambierebbero e il 20% diventerebbe al massimo un 4-5% in meno mostrando una situazione assai meno drammatica di quella che si vuol dipingere. Di certo, dopo il rallentamento temporaneo deciso dalla casa farmaceutica per risolvere il pasticcio della sesta dose, da lunedì riprenderà regolarmente il programma originale delle consegne con un aumento dalla settimana del 15 febbraio. È vero che alcune Regioni si trovano in affanno ma non si può dimenticare che i contratti firmati con Pfizer parlano di dosi, non di fiale. E che la contabilità dei vaccini tenuta da Roma è stata fatta fino a domenica su cinque dosi per flacone, mentre in realtà erano sei. Chi ha il compito di programmare le forniture necessarie avrebbe dovuto sapere se, e chi, aveva già usato la sesta dose evitando il «tappo» come capacità di somministrazione.Le parole a volte possono confondere. Ma i numeri no. A fornire una bussola sono sempre stati i dati grezzi pubblicati sul sito Git-Hub direttamente dal ministero della Salute. Gli stessi dati che poi fluivano sul report quotidiano pubblicato online sul portale del governo. Lo stesso Arcuri nella conferenza stampa di giovedì ha sottolineato che «il sistema di rendicontazione della campagna vaccinale è visibile sul sito». Ma ecco la sorpresa: il contatore delle consegne è rimasto fermo per quasi quattro giorni. Durante i quali, seppur in maniera ridotta, i vaccini della Pfizer sono continuati ad arrivare. Parliamo di 256.230 dosi consegnate mercoledì (104.130) e giovedì (152.100), mica bruscolini. Mentre sul sito erano state caricate solo le consegne di lunedì (86.850 dosi). Per chi guardava il «cruscotto digitale» dei vaccini, quindi, la macchina delle consegne risultava ferma, quella delle somministrazioni no. Gli aggiornamenti sono ripartiti solo venerdì sera e il sito ha fatto «jackpot». Riassumendo: le ultime due spedizioni non sono state inserite nel database fino alle 20.30 di venerdì sera. Chi ha fermato il contatore? E, soprattutto, perché? Conte e Arcuri chiariscano questo, prima di indossare l'elmetto.
Stephen Miran (Ansa)
L’uomo di Trump alla Fed: «I dazi abbassano il deficit. Se in futuro dovessero incidere sui prezzi, la variazione sarebbe una tantum».
È l’uomo di Donald Trump alla Fed. Lo scorso agosto, il presidente americano lo ha infatti designato come membro del Board of Governors della banca centrale statunitense in sostituzione della dimissionaria Adriana Kugler: una nomina che è stata confermata dal Senato a settembre. Quello di Stephen Miran è d’altronde un nome noto. Fino all’incarico attuale, era stato presidente del Council of Economic Advisors della Casa Bianca e, in tale veste, era stato uno dei principali architetti della politica dei dazi, promossa da Trump.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 10 novembre con Carlo Cambi
Martin Sellner (Ansa)
Parla il saggista austriaco che l’ha teorizzata: «Prima vanno rimpatriati i clandestini, poi chi commette reati. E la cittadinanza va concessa solo a chi si assimila davvero».
Per qualcuno Martin Sellner, saggista e attivista austriaco, è un pericoloso razzista. Per molti altri, invece, è colui che ha individuato una via per la salvezza dell’Europa. Fatto sta che il suo libro (Remigrazione: una proposta, edito in Italia da Passaggio al bosco) è stato discusso un po’ ovunque in Occidente, anche laddove si è fatto di tutto per oscurarlo.
Giancarlo Giorgetti e Mario Draghi (Ansa)
Giancarlo Giorgetti difende la manovra: «Aiutiamo il ceto medio ma ci hanno massacrati». E sulle banche: «Tornino ai loro veri scopi». Elly Schlein: «Redistribuire le ricchezze».
«Bisogna capire cosa si intende per ricco. Se è ricco chi guadagna 45.000 euro lordi all’anno, cioè poco più di 2.000 euro netti al mese forse Istat, Banca d’Italia e Upb hanno un concezione della vita un po’…».
Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, dopo i rilievi alla manovra economica di Istat, Corte dei Conti e Bankitalia si è sfogato e, con i numeri, ha spiegato la ratio del taglio Irpef previsto nella legge di Bilancio il cui iter entra nel vivo in questa settimana. I conti corrispondono a quelli anticipati dal nostro direttore Maurizio Belpietro che, nell’editoriale di ieri, aveva sottolineato come la segretaria del Pd, Elly Schlein avesse lanciato la sua «lotta di classe» individuando un nuovo nemico in chi guadagna 2.500 euro al mese ovvero «un ricco facoltoso».






