2024-01-09
L’arcivescovo amico di Casarini vuole consentire ai preti di sposarsi
L’arcivescovo di Malta, Charles Jude Scicluna (Ansa)
Per il maltese Charles Jude Scicluna «il celibato dovrebbe essere facoltativo». Il suo nome compare nell’inchiesta sulla Ong dell’ex no global.John Nienstedt, conservatore, non è colpevole di reati però è stato sanzionato lo stesso.Lo speciale contiene due articoli.I tempi per concedere il diritto di sposarsi anche ai preti cattolici sono maturi. Almeno così la pensa l’arcivescovo di Malta, Charles Jude Scicluna, molto vicino a papa Bergoglio, per il quale il celibato «è stato facoltativo per il primo millennio di esistenza della Chiesa e dovrebbe tornare a essere facoltativo». Scicluna sostiene che i tempi «sono maturi per discutere seriamente la questione», anche se l’ultima parola, ovviamente, spetta al Pontefice. Il vescovo di Malta, prima di Natale, era salito alla ribalta delle cronache per la sua vicinanza con Luca Casarini e la Ong Mediterranea.Canadese di nascita e maltese di famiglia, Scicluna non è un semplice personaggio locale. Ha 64 anni e una vasta esperienza in Vaticano nella lotta agli abusi sessuali e dal giugno del 2022 è stato nominato segretario aggiunto del dicastero per la Dottrina della fede. In questo quadro, le parole che ha consegnato al Times of Malta hanno un certo peso. «È probabilmente la prima volta che lo dico pubblicamente e ad alcuni sembrerà eretico», ha messo le mani avanti nell’intervista, ma «perché dovremmo perdere un giovane che sarebbe stato un ottimo sacerdote solo perché voleva sposarsi? Abbiamo perso buoni sacerdoti solo perché hanno scelto il matrimonio».Il monsignore ha ricordato che il celibato «era facoltativo per il primo millennio di esistenza della Chiesa e dovrebbe tornare ad esserlo». Per Scicluna, «un uomo può maturare, avere relazioni, amare una donna. Allo stato attuale, deve scegliere tra lei e il sacerdozio e alcuni sacerdoti lo affrontano impegnandosi segretamente in relazioni sentimentali».Poi ha toccato il delicatissimo tema dei figli dei preti, spesso «gestiti» in una dolorosa segretezza. «Questa è una realtà globale, non accade solo a Malta», ha ammesso Scicluna, per il quale «si sa che ci sono sacerdoti in tutto il mondo che hanno figli e penso che ce ne siano anche a Malta».Per il capo della Chiesa maltese, i tempi «sono maturi» ed egli stesso ha fatto capire che intende farsi promotore in qualche modo di questa istanza. Il celibato dei sacerdoti non è un dogma, ma una semplice regola, però neppure il Sinodo può cambiarla e alla fine la parola decisiva spetta al Papa. E Bergoglio, per quanto se ne sa, non appare convinto di far cadere la regola. Anche se nel marzo scorso, papa Francesco spiegò al portale argentino Infobae che la norma che impedisce ai preti di sposarsi «è una prescrizione temporanea e non è eterna come l’ordinazione sacerdotale». Insomma, «il celibato è una disciplina» che come tale può essere rivista.La regola è stata introdotta definitivamente dalla Chiesa cattolica nel XII secolo ed è in discussione da molti anni, sia per l’elevato numero di scandali sessuali che hanno coinvolto esponenti del clero (dalle relazioni eterosessuali a quelle gay, oltre ai casi di pedofilia), sia perché non è presente nel resto della cristianità. Alcuni fautori dell’abolizione della regola sono anche convinti che aumenterebbero le vocazioni religiose, ma qui Scicluna non è d’accordo perché per lui la chiamata ha a che fare esclusivamente con la fede e con il rapporto con Dio e non dovrebbe essere «invogliata» da regole allentate solo e unicamente per colmare delle lacune.Il Vaticano è andato molto vicino a cambiare la regola del celibato nel 2019, quando il Sinodo dei vescovi ha votato a stragrande maggioranza per consentire agli uomini sposati della regione amazzonica di diventare sacerdoti, per aiutare a soddisfare le esigenze della Chiesa in quell’area del mondo. Ma, come si è detto, l’ultima parola spetta all’ottantasettenne Bergoglio e ora si vedrà se la sortita del vescovo di Malta smuoverà le acque su un tema che divide profondamente la Chiesa.Oltre che per le sue investigazioni internazionali sui crimini sessuali, Scicluna è noto per la posizione decisamente estrema sull’accoglienza dei migranti. Lo scorso 11 dicembre, la Verità ha ricostruito tutta la rete di appoggi clericali della quale godeva Luca Casarini con la sua Mediterranea, sotto inchiesta a Ragusa per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Fra gli sponsor dell’ex militante no global figurava anche il vescovo di Malta, Paese strategico per il business dei migranti gestito dalle mafie nordafricane. Agli atti dell’inchiesta siciliana risulta un lungo rapporto epistolare tra il monsignore maltese e i capi della Mediterranea, tra cui la bozza di una lettera riservata con la quale l’episcopato dell’isola chiede ufficialmente l’intervento del Vaticano per aiutare la nave di una Ong spagnola e per «far riaprire i porti di Malta».Nelle carte è spuntata anche la relazione di un incontro avuto dai Casarini boys con le autorità maltesi per trovare un’intesa sugli sbarchi. Il risultato è così riassunto dai capi di Mediterranea: «Le nostre fonti di Malta (Jrs, ovvero il Jesuit refugee service, ndr) confermano che Scicluna sta forzando il governo maltese a non ordinare il push-back (operazioni di respingimento, ndr)». E anche per le pressioni del vescovo, lo stesso governo sarebbe stato costretto «a far intervenire un mercantile» per soccorrere dei migranti. Se un giorno il giovane cappellano della Mare Jonio, don Mattia Ferrari, volesse sposarsi, a Malta c’è già un vescovo pronto.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/arcivescovo-consentire-preti-di-sposarsi-2666901375.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="monsignore-punito-imprudente-eppure-per-roma-non-commise-abusi" data-post-id="2666901375" data-published-at="1704742399" data-use-pagination="False"> Monsignore punito: «Imprudente». Eppure per Roma non commise abusi Assolto delle accuse, ma comunque esiliato dalla sua ex diocesi. È la singolare vicenda che, negli Stati Uniti, vede protagonista monsignor John Nienstedt, classe 1947, ex arcivescovo di St. Paul e Minneapolis, il quale - pur riconosciuto estraneo ai gravi sospetti sulla sua condotta - non potrà essere, per così dire, del tutto riabilitato. Per capire i fatti e gli ultimi sviluppi, occorre ripercorrere la vicenda dal principio. In breve: dal 2013 Nienstedt - che dal 2008 era arcivescovo di St. Paul e Minneapolis - ha visto addensarsi sulla sua arcidiocesi accuse di cattiva gestione sul tema degli abusi. Non solo, nel luglio 2014, secondo quanto riferito dalla rivista Commonweal, lo stesso Nienstedt risultava «indagato» per molteplici accuse relative a «condotta sessuale inappropriata con seminaristi, preti e altri uomini». Lo scandalo si è allargato al punto che il 15 giugno 2015 Nienstedt, pur dicendosi sereno («lascio con la coscienza pulita»), ha rassegnato le sue dimissioni, lasciando una diocesi nella tempesta, travolta dalle accuse di non aver fermato un prete pedofilo - l’allora reverendo Curtis Carl Wehmeyer, poi condannato e ridotto allo stato laicale - resosi responsabile di abusi su tre suoi parrocchiani minorenni; al suo posto, è subentrato l’arcivescovo Bernard Hebda. Ebbene, da allora ad oggi - specie dopo il varo, nel 2019, di Vos estis lux mundi, motu proprio di papa Francesco per inasprire il contrasto agli abusi sessuali e affinché i vescovi siano ritenuti responsabili delle loro azioni - sono proseguite indagini non solo canoniche ma anche penali, che nei giorni scorsi hanno portato a un esito netto e sorprendente: l’estraneità di Nienstedt a tutte le accuse. Proprio così. Il 5 gennaio l’arcivescovo Hebda ha affermato che anche un’indagine aperta dopo la promulgazione della storica legislazione di papa Francesco del 2019, ha portato i dicasteri per i Vescovi e per la Dottrina della fede a concludere che «le prove disponibili non supportano la tesi che qualsivoglia condotta da parte dell’arcivescovo Nienstedt possa esser giudicata come un delitto». Ciò nonostante, ha aggiunto Hebda, Nienstedt sarebbe stato responsabile di azioni «imprudenti»; per questo, «sebbene in nessuno dei casi» presi in esame «né singolarmente né nel loro insieme, sia risultato tale da giustificare ulteriori indagini o sanzioni penali è stato stabilito da papa Francesco che» risultano motivati a carico di Nienstedt tre provvedimenti: il divieto di esercitare alcun ministero pubblico a St. Paul e Minneapolis, il divieto di risiedere su tale territorio e l’impossibilità di fare qualsivoglia azione se non aver prima informato il dicastero competente. Ma quali «imprudenze» avrebbe di preciso commesso l’ex arcivescovo di St. Paul e Minneapolis, tali peraltro da giustificare i citati provvedimenti, non lo si è capito. Tanto che ora è lo stesso Nienstedt, comprensibilmente essendo reduce da anni di sospetti infondati, a volerci vedere chiaro: «Ho chiesto alla Santa Sede, attraverso il mio avvocato canonico, di chiarire le azioni “imprudenti” che avrei commesso mentre ero in Minnesota». Staremo a vedere se i chiarimenti richiesti troveranno o meno risposta. Intanto, non si può escludere come, forse, un dato possa aver influito nel duro atteggiamento della Santa Sede verso questo vescovo: il fatto che egli non sia certo progressista. Infatti Nienstedt, per limitarsi a due episodi, nel 2012 - pure attraverso fondi dell’arcidiocesi - si spese in favore del Minnesota Amendment 1, che avrebbe vietato le nozze gay nello Stato, e poi era giunto ad indicare Satana come sponsor della sodomia, della pornografia e della contraccezione. Tutte iniziative che, col vento che soffia da qualche anno in Vaticano, possono esser serenamente ritenute «imprudenti».
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson