2020-11-22
Anziché cercare notizie, accusano noi di averle pubblicate
Per Il Riformista di Piero Sansonetti, facciamo macchina del fango: meglio celare ai lettori che ex premier ed ex ministri sono indagati?Il Riformista, quotidiano che vista la diffusione sarebbe meglio chiamare Il Clandestino, ieri si è occupato di noi, riservandoci addirittura un titolo in prima pagina. La ragione dell'interesse è semplice: La Verità è il giornale che ha pubblicato in esclusiva la notizia che Matteo Renzi, Maria Elena Boschi e Luca Lotti sono indagati dalla Procura di Firenze per finanziamento illecito. Ora, non capita tutti i giorni che un ex presidente del Consiglio e due ex ministri finiscano sotto inchiesta per una faccenda di soldi. Dunque, comprendiamo che nella maggior parte delle redazioni siano volati gli stracci. Abbiamo notizia di cronisti giudiziari buttati giù dal letto e spediti in tutta fretta in tribunale per accertare la notizia e possiamo immaginare che, data l'invidia dei colleghi, in molti abbiano sperato in una smentita che sbugiardasse La Verità. Purtroppo per la concorrenza, le cose stavano esattamente come le abbiamo raccontate. Nei giorni a seguire, sempre in esclusiva, il nostro giornale ha anche pubblicato gli atti depositati dai pm, ossia tutti i finanziamenti ricevuti dalla fondazione Open e le relative spese dell'ente no profit con cui Renzi ha scalato il potere. Anche questo non ci ha resi popolari fra i cronisti delle altre testate, ma quando poi abbiamo messo le mani sugli appunti dell'avvocato Alberto Bianchi, presidente e gran custode dei segreti di Open, il sentimento di invidia si è trasformato in odio. Fin qui possiamo capire, anche i giornalisti sono uomini e purtroppo la categoria non primeggia per garbo e signorilità. Così, invece di riconoscere che non è merito nostro se siamo riusciti a scoperchiare il pentolone della fondazione renziana, ma demerito loro, alcuni colleghi hanno cominciato a rosicare, insinuando che le carte ci fossero state passate da qualche pm con loschi scopi, assecondando dunque la vulgata renziana.Tra questi ultimi dobbiamo registrare appunto i giornalisti del Riformista, testata che si distingue per due caratteristiche: costare più delle altre presenti in edicola e non avere mai una notizia. Il quotidiano diretto da Piero Sansonetti, non sapendo dunque come riempire le pagine, ieri ha pensato bene di farlo scrivendo che noi saremmo la nuova macchina del fango al servizio delle Procure, ossia una specie di succursale del Fatto Quotidiano. Che la cosa cozzi con il buonsenso prima che con la logica, ovviamente non ha impedito al Riformista di dedicare alla faccenda ben due articoli, dimenticando che La Verità è anche il quotidiano che, oltre al pentolone renziano, ha scoperchiato che cosa bolle dentro il Csm, pubblicando le conversazioni degli stessi magistrati. Se contro una trentina di toghe è stato aperto un procedimento per gli inciuci sulle nomine lo si deve a noi, non certo al Riformista. E se due magistrati di Trani sono stati condannati perché pilotavano le sentenze è sempre perché a raccontare i fatti è stato il nostro giornale, non certo il foglio di Sansonetti.Vi domandate come i nostri cronisti siano arrivati prima di altri sulle notizie? Semplice: a differenza di alcuni colleghi (ma forse chiamarli colleghi è troppo e poi vi spieghiamo perché), le notizie non le schiviamo ma le cerchiamo e le pubblichiamo, a prescindere che riguardino amici o nemici. Chi rese pubbliche le intercettazioni delle Olgettine? Per primi fummo noi. E chi trascrisse le confessioni che riguardavano Salvini e la sua fidanzata raccontate da Palamara e compagni? Sempre noi. E le carte dell'avviso di conclusione indagini sul figlio di Grillo, accusato di stupro? Ancora una volta noi.La Verità non ha sottratto carte riservate, né se si è resa colpevole di violazione del segreto istruttorio: quei documenti mandati in stampa sono atti depositati o notificati alle parti, dunque per definizione pubblici e se qualcuno, anche al Riformista, facesse il proprio mestiere e non un altro, li avrebbe scovati come li abbiamo trovati noi. Nel caso della fondazione Open, cari presunti colleghi del Riformista, non c'è nessuna macchina del fango, semmai c'è la macchina del bambo, cioè la vostra. E per chi, non essendo lombardo non lo sapesse, allego la definizione della Treccani. Bambo: letteralmente significa bambino, ma nell'uso regionale vuol dire anche ingenuo e stupido.Un'ultima precisazione. L'articolo dedicatoci dal Riformista è firmato da Aldo Torchiaro, un signore che, oltre a rivolgerci accuse e insulti, si preoccupa di difendere un imprenditore citato (ma non indagato) nell'inchiesta Open, tal Lelio Borgherese, che Torchiaro si incarica di definire «una persona per bene». Noi non abbiamo motivo di dubitare che Borgherese sia una persona per bene. Abbiamo invece motivo di dubitare delle ragioni per cui Torchiaro abbia vergato un commento a difesa del suddetto imprenditore. Basta infatti una breve ricerca via Web per scoprire che Torchiaro è senior media relation manager dell'agenzia di pr Spencer & Lewis, che tra i suoi clienti ha anche l'Assocontact, associazione presieduta da Borgherese. Naturalmente, Torchiaro è libero di parlar bene di chi gli pare, basta che non finga di fare il giornalista. Quello del pr è un altro mestiere.
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