2021-04-27
Anziani soli nelle Rsa e zero test salivari. I ritardi di Speranza
Manca il protocollo, le case di riposo non concedono visite neppure ai vaccinati. E il ministro blocca l'alternativa ai tamponi.Modesta proposta: tanto vale, a questo punto, creare un nuovo ministero. Se proprio non si vuole toccare Roberto Speranza, gli si tolga la delega alla Salute e gli si conceda formalmente quella alle Chiusure, perché a quanto pare è l'unica questione di cui si occupa, lasciando indietro tutto il resto. Magari, togliendo il tappo, il dicastero che dovrebbe occuparsi del benessere degli italiani tornerà a svolgere normalmente il proprio lavoro, prendendo finalmente decisioni attese da mesi su questioni cruciali che pregiudicano l'esistenza di tutta la popolazione. Come abbiamo scritto ieri, dal 30 marzo di quest'anno il dipartimento Prevenzione del ministero ha pronta una bozza - commissionata da Speranza a Giovanni Rezza - del protocollo per le cure domiciliari. Il sottosegretario Pierpaolo Sileri l'ha ricevuta soltanto pochi giorni fa e non si capisce per quale motivo non venga approvata. Forse perché si vuole inserire nella bozza il contributo dei numerosissimi medici attivi sul territorio che hanno contribuito all'elaborazione di un protocollo «alternativo» con il supporto del Comitato cura domiciliare? Non si direbbe proprio, visto che tale Comitato è stato completamente tagliato fuori dalla discussione. E allora perché il ministero tentenna? Non è dato sapere. Risale addirittura al 12 gennaio, invece, la richiesta formale inviata dalla Regione Lombardia a Speranza affinché impegnasse il Cts nell'approvazione dei test salivari. Si tratta, come noto, di un'alternativa agile e meno invasiva ai tamponi, sui cui altri Stati hanno iniziato a lavorare mesi e mesi fa. La Lombardia ha annunciato che, a partire da maggio, li renderà disponibili gratuitamente per gli studenti, contribuendo così ad aumentare notevolmente il livello di sicurezza nelle scuole. E le altre Regioni? Il Corriere della Sera, qualche giorno fa, ha spiegato che l'ultima circolare ministeriale sul tema risale al 15 febbraio e dice così: «Alcuni test antigenici di laboratorio sono validati anche sulla saliva, pertanto, la facilità di prelievo li rende facilmente utilizzabili per lo screening di ampi numeri di campioni, come per le comunità scolastiche a basso rischio». Insomma, i test salivari si possono usare nelle scuole: «Non resta che stendere i protocolli operativi. Ma fino a oggi al ministero della Salute di Roberto Speranza non sono stati prodotti risultati». Test di questo genere potrebbero rivelarsi molto utili anche in altri frangenti. Ad esempio nella gestione delle Rsa. Persino Repubblica - giornale non esattamente «aperturista» - ha denunciato ieri la drammatica situazione degli anziani ospiti delle case di riposo, i quali vivono sostanzialmente in una situazione di prigionia, senza poter abbracciare i familiari se non dietro orrendi tendoni di plastica. «Mia madre sta male, soffre di Alzheimer. Non la vado più a trovare, perché quando mi vede dietro il cellophane di quella che chiamano “parete del contatto" si spaventa». Ce lo racconta, con tanto pudore e troppa amarezza, Dario Francolino, che ha da poco fondato un comitato chiamato Orsan (Open Rsa now), il quale si batte per «la ripresa in sicurezza delle visite nelle case di riposo, case alloggio, comunità per persone con disabilità». Francolino nota giustamente come non vi siano «ragioni scientifiche» per bloccare le visite agli anziani. Anzi, semmai vi sono studi che dimostrano quanto sia dannosa la mancanza di contatto umano per gli ospiti delle Rsa. Stando al report settimanale sullo stato delle vaccinazioni, l'81,21% dei cosiddetti over 80 e il 45,19% degli appartenenti alla fascia 70-79 anni hanno ricevuto la prima dose. E il 53,82% degli ultra ottantenni ha effettuato il richiamo. Significa che ormai abbiamo raggiunto numeri piuttosto positivi in quanto a immunizzazioni. Ma allora perché persone già vaccinate non potrebbero incontrare i loro cari, ovviamente rispettando alcune basilari norme di sicurezza? Il comitato Orsan ha formulato un protocollo intriso di buonsenso e di estrema prudenza. Prevede, tra le altre cose, di «indicare un unico familiare per l'accesso regolato in spazi esterni (giardini, parcheggi o quanto disponibile) o se disponibili in grandi spazi interni con distanziamento come palestre, sale ricreative e locali alternativi». Poi, ovviamente, contempla che i familiari, prima di accedere alle strutture si sottopongano a tampone. Tale protocollo, inoltre, vale soltanto per le zone gialle. Perché non sono state ancora adottate regole simili su tutto il territorio nazionale? Il 30 novembre scorso il ministero ha fornito indicazioni molto generiche: riconosce che le visite sono fondamentali, ma dice che devono essere le direzioni sanitarie regionali a occuparsene. E le Regioni che dicono? L'unica a fornire indicazioni è stata la Lombardia: ha fatto sapere che spetta ai direttori sanitari delle Rsa, tenuto conto della situazione epidemiologica locale, stabilire se consentire o meno le visite agli anziani. Il fatto è che, in caso di contagi, i direttori delle quasi 65.000 strutture di accoglienza italiane rischiano conseguenze penali. Nel dubbio, dunque, concedono le visite solo per i pazienti in condizioni gravissime. Come se ne esce? Secondo Dario Francolino, «basterebbe un intervento del Cts, che dovrebbe fornire indicazioni meno generiche, formulando un protocollo valido in tutta Italia, con regole diverse a seconda delle zone». Già: per liberare i nonni dalla «sofferenza dell'isolamento» (così si esprime lo stesso ministero) servirebbe un intervento rapido e preciso del Cts e di Speranza. Ma a quanto pare non hanno tempo: sono impegnati a preoccuparsi che non si riapra troppo.