2021-12-18
«Poter sciare è un elisir della giovinezza»
Mike Bongiorno, Cervinia 1979 (Getty Images)
A dirlo fu Mike Bongiorno. Ma anche Gillo Dorfles non ha rinunciato alle piste fino a 105 anni. E Silvana Pampanini ha continuato a farlo fino ai suoi 88. Gli sci di Primo Levi salvarono un ragazzo dalla morte. Quelli di Karol Wojtyla lo facevano volteggiare come una rondine.Pare che gli sci siano nati nel Paese di Babbo Natale. Molti ricercatori attribuiscono ai lapponi i primi «zoccoli di legno lunghi a punte ritorte all’insù a guisa d’arco» ideati per spostarsi più velocemente sulle nevi e sui ghiacci. Altri però sostengono siano nati tra la Siberia e la Mongolia, nella zona dei monti Altai. Tuttavia lo sci più antico del mondo è stato ritrovato in Svezia, risale a circa 4.500 anni fa, ed è un’asse di pino larga circa 19 centimetri e lunga 111 centimetri. L’unica cosa certa è che la parola «sci» deriva dal norvegese «skíð», tradotto: «pezzo di legno». In Europa lo sci si diffuse nel 1800. E fu alla fine di quel secolo che il papà di Sherlock Holmes, Arthur Conan Doyle, se ne appassionò. Lo scrittore iniziò a sciare nelle Alpi svizzere nel 1893, quando si trasferì in montagna per via della delicata salute della moglie. Imparò di notte per non farsi sbeffeggiare dagli altri abitanti del villaggio ma, quando divenne anche lui uno sciatore provetto, non esitò ad accompagnare i fratelli Branger sulla vetta del Maienfelder Furgga. Stando al Daily Telegraph, è stato il primo inglese a scrivere «sull’emozione dello sci».Lo sci, infatti, non è nato come uno sport ma come un mezzo di trasporto. Lo stesso Zeno Colò, da ragazzino, si vide regalare sci rudimentali, costruiti dal papà per aiutarlo a far legna. È in questo modo che forgiò quelle «gambe d’acciaio» che gli consentirono di buttarsi a 160 all’ora nel chilometro lanciato, di vincere le olimpiadi e di diventare il grande campione che è stato, con ai piedi semplici scarponi di cuoio legati a due assi di frassino e in mano racchette di bambù.Storici anche gli sci di Primo Levi. Dopo l’armistizio dell’8 settembre, Levi si rifugiò al Ristoro di Amay in Val d’Ayas per imparare a fare il partigiano. Privo com’era di esperienza militare, la cosa non gli riuscì e il 13 dicembre 1943 fu catturato dalla milizia fascista. Tuttavia i suoi sci erano rimasti nel rifugio e il nipote dei proprietari, Yves Francisco, li usò per riparare in Svizzera. Scriveva qualche anno fa Domenico Zampa: «Dopo un intero giorno di cammino Yves fu in Svizzera. Gli sci di Primo Levi, gli sci dell’alpinista spericolato nonché partigiano mancato, che le Alpi le avrebbe superate dentro un vagone piombato diretto a un campo di sterminio, quegli sci diventavano la salvezza di un ragazzo ricercato dai fascisti. “E poi quando la guerra volgeva al termine, in aprile, sono tornato indietro da solo, sono sceso da questa parte con gli sci e li ho riportati là dove Primo Levi li aveva depositati da mia zia”». Anche se gli attacchi erano diversi.In quegli stessi giorni, infatti, la principessa Maria José, pure lei in Svizzera, decise di rientrare in Italia clandestinamente con gli sci ai piedi e qualche accompagnatore. Continua Zampa: «In un punto non precisato, l’itinerario di Maria José e del suo seguito incrociò quello di Yves Francisco. A qualcuno del seguito dovettero fare gola gli attacchi di quegli sci: modello Kandahar, con cavo a molla e leva anteriore di serraggio, che permettevano sia di procedere a tallone libero sia di bloccare il piede. Sicché uno di loro pensò bene di smontarli, sostituendoli con un modello più antiquato».Artigianali erano gli sci infilati a un Gustav Thöni che sapeva a malapena camminare: «Erano due assi di legno, ammorbidite nell’acqua bollente per curvare le punte. Ne ho ancora uno. L’altro non si trova più. All’epoca però non c’erano scarpe della mia misura, erano tutte troppo larghe: quando mi toglievo gli sci restavo scalzo». Come Colò e Thöni, di grandi campioni l’Italia ne ha avuti molti. Da Piero Gros, che prima di vincere sbarcava il lunario raccogliendo barbabietole per i cavalli della fattoria, a Christof Innerhofer che quando non scia va a funghi. E poi Denise Karbon, Daniela Ceccarelli, Manfred Moelgg, Giuliano Razzoli, Kristian Ghedina, Giorgio Rocca, Peter Runggaldier, Isolde Kostner, Federica Brignone (l’italiana più vincente in Coppa del mondo), Sofia Goggia, senza però dimenticare Deborah Compagnoni e Alberto Tomba, anche se lui, da quando s’è ritirato a sciare non ci va quasi più: «Mi mette tristezza». Tra i suoi tifosi però c’era un Novak Djokovic bambino e la sua famiglia: «Facevamo un tifo indiavolato. L’adrenalina di una discesa con gli sci me la ricordo bene: nemmeno il match point di una finale Slam regge il confronto». Tra i tanti sportivi appassionati di sci, due hanno rinunciato a farne una carriera: il golfista Renato Paratore perché «la gara dura solo un minuto» e il pilota Jacques Villeneuve: «Non è un bel mestiere. Quando finisci sei tutto rotto e non hai abbastanza soldi per godertela». Aveva forse ragione Lord Benjamin Mancroft quando disse: «Ci sono soltanto tre cose da imparare nello sci: come mettere gli sci, come scendere dalla cima, come camminare nel corridoio di un ospedale»? Ne sa qualcosa Mike Bongiorno che, avendo due chiodi piantati nel femore che s’era fratturato sulla neve, si dovette dare allo sci di fondo. Ma si rassegnò solo dopo diverse minacce del suo dottore: «Lo sci era il mio élisir della giovinezza». E non aveva torto. Gillo Dorfles, morto a 108 anni, a 105 non esitava a lanciarsi in pista, prediligendo però «quelle destinate ai bambini». Il filosofo tedesco Ernst Jünger ha sciato fino ai suoi cent’anni, la bella Silvana Pampanini fino ai suoi 88 e, a chi le chiedeva se non temesse di cadere, rispondeva spavalda: «Ci si può far male a 18 come a 88». Gianni Agnelli ne faceva una questione di vita e business. Ogni volta che gli chiedevano quando pensasse di ritirarsi, rispondeva: «Quando non potrò più sciare». Inforca ancora gli sci l’ottantottenne Michelangelo Pistoletto, l’uomo in nero che veste multicolore solo sulla neve. Però, lo fa con un po’ di rammarico: «Tutti quelli con cui sciavo hanno abbandonato, sono malati o sono morti. Quindi adesso scio con dei sessantenni. E, quando noto che cominciano ad avere dei cedimenti, gli dico: “Ma, quando sarete vecchi, con chi andrò a sciare io?”». Anche Marina Cicogna a 83 anni si lanciava ancora sulle Alpi. Lei, a Cortina, amava sciare soprattutto all’alba: «Era il massimo». Licia Colò, invece, preferisce il tramonto: «Salgo nel tardo pomeriggio sull’ultima seggiovia. E, una volta in cima, attendo il tramonto. Solo allora, con la luce del crepuscolo, inizio la discesa a valle, in un silenzio magico e irreale, accompagnato dal ritmico frusciare degli sci sulla neve». Per Tim Parks «sciare è il massimo dell’individualismo, è lo sport, credo, che più ti isola». Deve pensarla come lui il presidente russo Vladimir Putin che adora sciare - solitamente va in Austria o nei pressi di Magnitogorsk - ma non gli piace farsi ritrarre nelle vesti del discesista. Non voleva farsi fotografare anche papa Giovanni Paolo II che in pista si faceva accompagnare dal suo maestro Livio Zani: «Quando sciava aveva un’aria serena, felice. A volte diceva che lassù si sentiva libero mentre a Roma si sentiva in prigione. La montagna lo riportava alla giovinezza, al tempo che aveva trascorso nei monti Tatra». Una beatitudine che fece invidia all’allora presidente Sandro Pertini che, prima di essere invitato ufficialmente del Papa sull’Adamello, si autoinvitò ufficiosamente. Orazio Petrosillo, allora vaticanista sul Messaggero: «E così tutti lo seppero e ai media vennero date alcune fotografie del Papa in tenuta da sciatore, mentre scendeva sulla neve con ampie curve e nel dopo sci in sorridente relax accanto a Pertini. Famosa la sua frase: «Santità, Lei volteggia come una rondine»».Non volteggiava il premier inglese Boris Johnson. Ricorda Gaia Servadio, madre della sua prima moglie Allegra: «Un inverno, prima che si sposassero, andammo a sciare, solo che lui non lo sapeva fare. Arriviamo sulle piste e si butta senza indugio giù per quelle difficili. Gli dicevo: stai attento è pericoloso. Ma lui niente, si buttava come un bolide, stava in equilibrio per miracolo e in qualche maniera arrivò in fondo». Un episodio che riporta alla mente un libro di Carla Signoris di qualche anno fa, dal titolo Ho sposato un deficiente: «In pista lo riconosci subito: il principiante è quello velocissimo che non curva mai, perché le curve non le sa fare e non vuole che si sappia». Scia benissimo, ma non abbastanza veloce, l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Nel 1989 il magnate, sposato con Ivana, pensò bene di portare ad Aspen la sua amante Marla Maples. La signora Trump però li seguì e all’uscita di uno chalet li colse in flagrante. Trump si infilò al volo gli sci e tentò la fuga, ma velocemente Ivana lo superò, si voltò e continuò a sciare al contrario, con un dito della mano alzato verso il marito.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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