2022-01-02
Anziani di nuovo incarcerati in casa di riposo
Il decreto del 24 dicembre dà alle strutture la possibilità di vietare le visite dei parenti: in centinaia hanno già sbarrato le porte. Protesta pure Amnesty international. Ci hanno imposto il green pass per tutelare i più fragili, e poi li hanno rinchiusi lo stesso.Anziani e fragili, che per il ministero della Salute «andavano protetti» imponendo di fatto ai cittadini terze dosi e super green pass, dopo due anni sono ancora detenuti nelle strutture, chiuse alle visite per paura di Omicron. Il grido di rabbia dei tanti parenti rimasti esclusi dalla vita dei loro cari in queste festività, e fino al termine dello stato di emergenza, lascia indifferente la maggior parte dei media e non scalfisce l’ottusità delle politiche di questo governo.Con la scusa del moltiplicarsi dei contagi, molte residenze sanitarie assistenziali hanno preferito interrompere ogni contatto con l’esterno, affidando alle videochiamate (quando possibili), l’unica finestra di collegamento tra figli, nipoti, genitori, nonni. «Mi continuano ad arrivare segnalazioni, sono centinaia ormai le Rsa chiuse come un anno fa, quando eravamo in piena pandemia», riferisce Dario Francolino, fondatore del gruppo Orsan (Open Rsa now), «Il decreto legge del 24 dicembre non dice di chiudere ma i direttori sanitari hanno la “discrezionalità” di poterlo fare», considerando le condizioni epidemiologiche del territorio in cui si trova la struttura. Prima di Natale sono stati imposti dal governo green pass rafforzato e tampone negativo, oppure vaccinazione con terza dose, per entrare per far visita nelle strutture residenziali, socio assistenziali, socio sanitarie e hospice. Restrizioni pesantissime che però consentivano di non lasciare i familiari da soli, in un periodo dell’anno dove la solitudine è ancora più amara se sei costretto a vivere fuori casa, lontano da ricordi e affetti, in una stanza che spesso condividi con estranei. Alcune Regioni, come il Veneto e la Toscana, avevano disposto niente rientri in famiglia se non in casi eccezionali, un solo parente alla volta in visita e nessun bambino ammesso nelle strutture fino al prossimo 31 marzo. Non bastava, infatti tante Rsa come lo storico Pio Albergo Trivulzio di Milano hanno sospeso le visite dicendo che avrebbero intensificato le videochiamate. Del tutto inutili, anzi drammaticamente penose quando il congiunto è affetto da demenza senile o soffre di gravi disabilità. «Ci è arrivata una comunicazione il 21 dicembre, avvertendo della sospensione delle uscite degli ospiti, poi ci hanno impedito anche l’ingresso», spiega Francesca, che ha la mamma ottantatreenne alla Fondazione ricovero Martinelli di Cinisello Balsamo, «Con i miei fratelli siamo stati un anno senza poterla vedere, il Covid aveva chiuso le residenze. Solo per pochi mesi siamo riusciti ad andarla a trovare una volta la settimana, mezz’ora in tutto. E adesso di nuovo la saracinesca abbassata. Mamma ormai ha perso l’uso della parola, non riesce più a esprimersi e non è solo dovuto all’età. Si sente, è abbandonata». Il fallimento del lasciapassare verde e delle sue varianti rafforzate, più deleterie di Omicron, si misura anche in questo: non ha permesso di mettere in sicurezza i nostri vecchi, le persone disabili o comunque fragili ospitate in una residenza. Con enorme ipocrisia si sta dicendo a milioni di familiari che il loro doppio o triplo vaccino, la loro disponibilità a tamponarsi ogni volta che devono varcare la soglia di una Rsa non bastano. Se un direttore di struttura ha paura di focolai, chiude e non c’è legge che glielo impedisca. «Non sono d’accordo, il decreto legge va rispettato perché le Rsa non sono case di riposo, sono strutture accreditate presso il sistema sanitario nazionale», osserva Letizia Caselli, membro di Amnesty international Italia. «L’azienda sanitaria non solo finanzia ma è obbligata a esercitare i propri poteri di intervento. Perché non lo fa? Perché lo Stato ordina di aprire, ma non sanziona chi non rispetta la legge?». La Caselli raccoglie tante testimonianze, come quella di una signora di Venezia «con la madre che sta morendo, alla quale concedono solo mezz’ora di visita la settimana». La paura del Covid sta spogliando di umanità uomini e istituzioni, ma dietro tanto timore c’è anche un’enorme disorganizzazione. «Non hanno convertito spazi per le visite, non c’è personale, le residenze hanno gli stessi problemi di inizio pandemia. Manca solo che rispolverino il muro degli abbracci», esclama Francolino. «Mia mamma è da tre anni all’Istituto Palazzolo Don Gnocchi di Milano. Ha 93 anni e nessuno la porta fuori alla luce, a fare due passi se non ci siamo noi parenti», racconta Paola Brodoloni, fondatrice dell’associazione Cuore e parole onlus, impegnata nel contrasto e nella prevenzione del disagio giovanile nelle scuole, «Non chiediamo di entrare nei reparti, capiamo il timore dei contagi, ringraziamo per il lavoro che fanno nelle residenze ma i nostri vecchi non sono detenuti. In base alla circolare del ministero della Salute dello scorso agosto (che doveva garantire un uniforme accesso alle Rsa, ndr), possiamo fare visite sette giorni su sette, fino a 45 minuti, invece al Palazzolo mi hanno concesso di vedere mia madre una sola volta, ogni 15 giorni. Adesso nemmeno più. Che cosa me ne faccio di una videochiamata, quando c’è un operatore libero, se riesco a vedere solo una persona anziana, impaurita e disorientata, che non sa dove volgere lo sguardo per vedermi e parlare?».
Friedrich Merz e Giorgia Meloni (Ansa)
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