2022-03-06
La lezione di un «semplicemente liberale»
Muore a 79 anni Antonio Martino, l’economista che contribuì a scrivere il programma politico di Forza Italia. Curriculum tra Sicilia e Usa, cercava un’alternativa al fallimento dello statalismo. Fu ministro nei governi Berlusconi e colse in anticipo i tratti negativi di euro e Ue.Ci sono quelli che si sforzano di essere dei signori e uomini che lo sono naturalmente. Ci sono quelli che per tutta la vita cambiano idea non per una evoluzione del loro pensiero e ci sono uomini che rimangono intelligentemente fedeli alle loro convinzioni scientifiche e politiche. Ci sono quelli che quelli si scagliano contro le persone che non la pensano come loro e ci sono uomini che combattono strenuamente per le loro idee ma rispettano le persone che non la pensano come loro. Ecco, Antonio Martino, il grande Antonio Martino apparteneva alla seconda categoria. Era un signore, era un uomo intellettualmente onesto e coerente, era un uomo tollerante. Insomma, un vero liberale d’animo, «Semplicemente liberale» come amava definirsi anche come nel suo libro che titolò così. È morto ieri, all’età di 79 anni. Era nato a Messina il 22 dicembre 1942. Si era laureato in giurisprudenza nel 1964 all’Università di Messina ma poi aveva studiato a Chicago divenendo uno dei più importanti Chicago boys, allievo e poi amico per tutta la vita del fondatore del vero liberismo (non quello del Fondo monetario internazionale o della Banca mondiale o di qualche sedicente liberista nostrano): Milton Friedman.Semplicemente liberale non era solo il titolo di un libro del mio carissimo amico e maestro Antonio Martino, era la sua fotografia. Era allergico e detestava i sofismi e i bizantinismi della - diciamo così - cultura italiana, anche in campo economico. Era ben consapevole della complessità della realtà economica perché la conosceva bene, ma era altrettanto convinto che, alla fine, le scelte di politica economica devono essere chiare, semplici, fattibili e comprensibili ai cittadini che spesso non hanno una specifica preparazione in quella materia, in Italia più che altrove. Lo conobbi nel 1992, a Roma, perché con Fedele Confalonieri, già mio capo al tempo, avevamo pensato che fosse necessario radunare un gruppo di intellettuali liberali che dessero un contributo di idee sia all’azienda che a Silvio Berlusconi. Poi il tutto si trasferì in politica quando lo stesso Berlusconi decise di «scendere in campo». E fu proprio in quell’occasione che fui incaricato di scrivere il programma politico per Forza Italia da presentare agli elettori per le elezioni politiche del 1994. In questa occasione i rapporti con Antonio Martino si intensificarono fino, appunto, a diventare rapporti di vera e propria amicizia. D’altronde trovare dei liberali nel 1993 che fossero disposti a dichiararsi tali e a collaborare con Berlusconi per un programma politico era più difficile che trovare un ago nel pagliaio. Raccontava divertito di un episodio accaduto all’aeroporto di Roma dove si trovò, per caso, a imbarcarsi sullo stesso aereo con Sergio Ricossa, purtroppo scomparso anche lui, altro liberista autentico, e si rivolse a lui dicendogli: «Caro Sergio, se cade questo aereo scompaiono i liberisti italiani». Per fortuna l’aereo non cadde, ma quello che aveva detto era vero.Martino aderì immediatamente e con un entusiasmo che senza offesa definirei «adolescenziale». Colui che era stato presidente della Mont Pelerin society, fondata da Friederich von Hayek, e che raccoglieva il meglio del liberismo mondiale, con massima umiltà si mise al lavoro per mettere a disposizione la sua preparazione economica al servizio del progetto politico di Forza Italia della quale fu tra i fondatori. Ed infatti fu un programma «semplicemente liberale». Cercava una strada alternativa al fallimento delle politiche stataliste non solo per motivi economici ma anche per ragioni etico-politiche che poi si sintetizzavano in una parola: libertà. Anzitutto maggiore libertà di famiglie ed imprese dal gioco fiscale e da quello burocratico e di un welfare che era stato costruito più per ragioni politiche di raccolta del consenso che per autentiche ragioni di solidarietà. È stato parlamentare, rispettato da tutti - quando interveniva in aula scendeva un silenzio rispettoso tributato nei suoi confronti da parte di tutte le parti politiche -, dal 1994 al 2018 ricoprendo le cariche di ministro degli Affari esteri nel governo Berlusconi I e ministro della Difesa nei governi Berlusconi II e Berlusconi III, sempre assistito dal suo fedelissimo e bravo assistente Giuseppe Moles, oggi senatore e sottosegretario alla presidenza del Consiglio.Antonio Martino talvolta non ha condiviso le scelte, soprattutto di politica economica, dei vari governi Berlusconi quando reputava che si discostassero dall’impianto ideale attraverso il quale aveva ottenuto larghi consensi del Paese, ma non ha mai fatto giochetti o sotterfugi. Non ne aveva bisogno. È stato sempre franco con Silvio Berlusconi anche quando non ne condivideva alcune scelte (proprio sulla Verità attaccò frontalmente l’Ue e l’euro, definito «prigione senza chiavi») perché era un uomo per il quale la fedeltà e l’onore - inteso nel senso più alto del termine - erano dei valori fuori discussione.Mancheranno le idee di Antonio Martino così come mancano quando se ne va una voce, come la sua, chiara, sincera, preparata, cristallina, coerente e signorile. Addio Antonio, carissimo amico. Farò tesoro dei tuoi insegnamenti.
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Charlie Kirk (Getty Images)