2019-04-28
La maratona degli antirazzisti stupidi
Il Trieste running festival taglia fuori i manager che sottopagano gli atleti del Continente nero. La politica impazzisce: è xenofobia. In attesa del Trieste running festival, che si terrà dal 2 al 5 maggio, ieri è iniziata un'altra competizione di rilievo nazionale, una gara a cui si sono immediatamente iscritti politici di ogni ordine e grado: la maratona nazionale della stupidità antirazzista. Non sappiamo dire chi abbia vinto, ma tutti i partecipanti erano parecchio agguerriti e hanno profuso ogni energia pur di dare spettacolo. Partito democratico, Movimento 5 stelle, radicali, progressisti vari ed eventuali: ciascuno ci ha messo del suo per trasformare un evento sportivo locale in una pagliacciata cosmica. Questi i fatti. Il 26 aprile, a Trieste, è stata presentata la terza edizione della manifestazione podistica. Tra i presenti al tavolo dei relatori c'era pure il governatore del Friuli Venezia Giulia, il leghista Massimiliano Fedriga, e a qualcuno è bastato vederlo per cominciare a pensar male: se c'è uno della Lega, dev'esserci per forza qualche trovata razzista. E infatti, nel giro di poche ore, ecco scoppiare il caso. I principali quotidiani online l'hanno raccontata così: alla maratona di Trieste vietano l'accesso agli atleti africani. Rapida come la folgore è partita la pioggia di comunicati stampa. Hanno cominciato i politici locali: «A Trieste siamo arrivati alle epurazioni nello sport: ultima follia di un estremismo che sta impregnando e snaturando la città. Fatto grave e indegno». ha dichiarato Isabella De Monte, eurodeputata del Pd. Poi, con una grottesca escalation, sono arrivati i falchi di livello nazionale. «Senza vergogna. Se non lo avessi letto sui giornali stenterei a crederci. A una maratona a Trieste non verranno ingaggiati atleti di origine africana. Succede non nel Mississippi degli anni '50 bensì nel 2019 in una città capitale della cultura mitteleuropea, Trieste», ha tuonato Nicola Fratoianni di Sinistra italiana, il quale ha annunciato che presenterà un'interrogazione parlamentare sulla vicenda. «La decisione di escludere gli atleti di colore dalla maratona della Trieste Run Festival è una macchia per l'Italia nel mondo», ha detto il capogruppo di Liberi e uguali alla Camera, Federico Fornaro. E qui siamo ancora fra i dilettanti dell'antirazzismo. Laura Boldrini, partita in ritardo, ha subito guadagnato la testa della competizione con un tweet furente: «Escludere i corridori africani è ridicolo oltre che discriminatorio. Non serve una maratona sovranista per far arrivare prima gli italiani al traguardo. Di atleti forti, in Italia, ne abbiamo tanti e a loro non piace certo vincere facile». Riccardo Magi di +Europa ha parlato di «odiosa forma di apartheid», Debora Serracchiani del Pd ha optato per l'«esclusione dal sapore razzista». Se uno si basasse su queste dichiarazioni penserebbe che a Trieste hanno escluso gli africani da una gara podistica per due motivi: 1) perché sono neri; 2) perché sono più forti dei bianchi italiani. Ora, nemmeno alle Olimpiadi di Berlino del 1936 fu vietato agli atleti di colore di competere. E allora erano al potere i nazionalsocialisti, mica la Lega. La realtà dei fatti, come è facile intuire, è piuttosto diversa da come la raccontano. Il problema è che i politici - al solito - si sono precipitati a dichiarare a vanvera senza approfondire, e anche quando hanno approfondito lo hanno fatto poco e male. A Trieste non viene escluso proprio nessuno. «Le iscrizioni alla gara sono aperte a tutti, di qualsiasi colore e nazionalità», spiega alla Verità Fabio Carini, presidente di Apd Miramar e organizzatore dell'evento sportivo. Basta pagare la quota d'iscrizione e si può gareggiare. C'è scritto anche nel regolamento facilmente scaricabile dal sito del festival: «Possono partecipare atleti italiani e stranieri non tesserati in Italia, limitatamente alle persone da 18 anni in poi». Non esiste alcuna norma che discrimini in base al colore della pelle, anzi è molto facile che alla gara partecipino corridori di colore, come avvenuto negli anni passati. E la questione degli atleti africani esclusi? Spieghiamo. Nelle competizioni podistiche, gli organizzatori sono soliti invitare - per attirare pubblico e vivacizzare la sfida - atleti professionisti o semiprofessionisti. Sono i cosiddetti «top runner». Costoro non si iscrivono come tutti gli altri atleti amatoriali, ma vengono contattati tramite società o agenti e, come ovvio, vengono pagati. Quest'anno, gli organizzatori triestini hanno deciso di non invitare «top runner» africani. E il motivo lo spiega sempre Fabio Carini: «Non abbiamo chiamato top runner africani perché non vogliamo più essere complici dello sfruttamento. Gli atleti africani, di solito, sono di altissimo valore. Eppure, nel 99% dei casi, costano molto meno rispetto ai pari livello italiani ed europei. Sapete perché vengono pagati meno? Perché sono sfruttati da manager e agenzie. Chi ci attacca non ha capito nulla, noi non vogliamo discriminare nessuno. Anzi, vogliamo fare l'esatto contrario: lanciare un segnale contro lo sfruttamento». In effetti, se ci pensate, non è per niente assurdo: perché un organizzatore dovrebbe rinunciare a ingaggiare atleti bravi che gli costano pure poco, se non per motivi etici? Un anno fa accadde la stessa cosa alla «maratonina» di Lucca. Niente corridori africani: «Non volevamo più sottostare al diktat dei procuratori dei top runner, quindi abbiamo deciso di non invitarli», spiegò il presidente della Half Marathon, Moreno Pagnini. In quel caso ci fu qualche polemichetta, ma niente di paragonabile a quanto accaduto sul caso di Trieste. Sapete perché? Perché a Lucca il sindaco è del Pd, mentre in Friuli Venezia Giulia governa la Lega, e allora bisogna montare la pantomima sul razzismo. Di più: bisogna alimentare la psicosi pure se gli organizzatori hanno spiegato per filo e per segno come stiano realmente le cose. Anche il vicepremier Luigi Di Maio ne ha approfittato per buttarsi nella mischia: «È giusto combattere lo sfruttamento dei corridori africani, ma non è così che si fa, non è escludendoli da una gara che si combatte il problema. Anzi, così il problema si aggrava e la vicenda in sé per come sta emergendo rasenta la follia». E persino il sottogretario leghista con delega allo sport, Giancarlo Giorgetti, ha dichiarato: «Sbagliato escludere gli atleti africani. Non è così che si risolvono i problemi. Ma attenzione perché il malessere esploso a Trieste nasconde l'ennesimo sfruttamento, quelli che chiamo gli scafisti dello sport. Aprirò subito un'indagine interna per quanto riguarda le mie competenze».«Non è così che si combatte il problema», dicono. Ah, davvero? Ma come si combatte lo sfruttamento se non fermandolo? Se a Trieste avessero ingaggiato corridori africani sottopagati, la gran parte degli italiani oggi non saprebbe nemmeno che il problema esiste. Ora, invece, è dovuta intervenire la Federazione italiana di atletica leggera, e di sfruttamento si discute ovunque. Ma gli antirazzisti di professione sono in preda alla psicosi e, pur di attaccare i «sovranisti», sono pronti a sostenere le discriminazioni.
Jose Mourinho (Getty Images)