2022-04-22
L’Anpi stavolta sbaglia «fascista» e tutti capiscono quanto sia inutile
Gianfranco Pagliarulo, presidente Anpi (Ansa)
Da anni l’associazione si occupa solo di drenare denaro pubblico e di denunciare spauracchi politici costruiti ad arte. Distanziandosi dal Pd sull’Ucraina, però, ha scatenato un vespaio. È giunta l’ora di chiudere bottega.Ormai, nella sinistra che conta, sono praticamente tutti d’accordo: l’Anpi non serve più. Sul tema è intervenuto addirittura Gian Antonio Stella, uno che sul taglio degli enti inutili ha una certa competenza, avendo scritto La Casta. Mercoledì, sul Corriere della Sera, ha voluto demolire Gianfranco Pagliarulo, attuale presidente dell’associazione. Un bombardamento sotto forma di ritratto, in cui Pagliarulo veniva liquidato come «il primo rappresentante dei partigiani a non aver fatto la guerra (“Come se io mi iscrivessi a una associazione di garibaldini e pretendessi di parlare a nome di Garibaldi”, l’ha infilzato Pierluigi Battista)».Seguiva riassunto del curriculum a fini perculatori: «Nato a Bari nel 1949, quadro dal 1974 del Pci milanese, vicedirettore dal 1980 de Il Metallurgico dei metalmeccanici, traslocato nel 1991 a Rifondazione, direttore de Il Treno, eletto con l’Ulivo nel 2001 per il Partito dei Comunisti Italiani fondato dal marxista-interista (autodefinizione) Armando Cossutta, piazzato alla guida de La Rinascita della sinistra per poi rientrare nel Pd giusto in tempo per andarsene all’Anpi del quale avrebbe diretto la rivista Patria Indipendente prima di diventare presidente». Più che un articolo, insomma, era una pubblica fustigazione.Qualche giorno prima – sempre sul Corriere, sempre in prima pagina – ci aveva pensato Massimo Gramellini a far sibilare la mazza chiodata. «Nel sacro nome della Resistenza, all’Anpi si è finito per perdonare di tutto», ha scritto il solitamente soffice editorialista, sfoderando per l’occasione i suoi più brutali istinti.Ieri, infine, a dare il colpo di grazie è arrivato Sergio Staino, creatore di Bobo, padre nobile dell’pre-post-ex comunismo italico, ovviamente iscritto all’Anpi. A suo dire l’Anpi «viene usata come una struttura quasi di partito, in cui cioè si esprimono opinioni politiche sulla situazione dell’Europa e del governo». Per Staino, l’Anpi è ormai un rifugio della sinistra radicale, la ridotta di un manipolo di estremisti comunisti». Andrebbe dunque riformata, trasformandola in una istituzione storica tipo Istituto Gramsci, «con un grande archivio e materiali storici per far rivivere nella società l’insegnamento partigiano».Non sfugge, ai più, il motivo di tanto astio. Sotto la guida di Pagliarulo, l’Anpi non ha pedissequamente seguito la linea del Pd, evitando di schierarsi senza se e senza ma a favore dell’invio di armi in Ucraina. Questa scelta, con tutta evidenza, ha irritato i vertici del partito e pure gli intellettuali di riferimento: l’Anpi, in questo caso, è venuta meno al suo compito storico. Che non è – e non è mai stato – quello di mantenere viva la memoria della resistenza. Macché: da decenni, l’unica funzione dell’associazione è quella di supportare la narrazione dei progressisti istituzionali, contribuendo a distribuire marchi d’infamia ai nazifascisti di turno.Il funzionamento del meccanismo è parecchio noto. L’ideologia antifascista ha bisogno, per sostenersi, di riattizzare sempre la minaccia fascista. E poiché il fascismo storico non esiste più, c’è la necessità impellente di crearne surrogati sempre nuovi. In questo quadro, il Fascista è sostanzialmente una proiezione, uno spauracchio, un nemico immaginario a cui si attribuiscono di volta in volta caratteristiche diverse. Seguendo la linea tracciata a metà degli anni Novanta da Umberto Eco, il Fascismo Eterno è una «nebulosa» che ricomprende tutto e il suo contrario, una esternalizzazione dell’Ombra, la manifestazione concreta dei fantasmi che agitano la mente progressista. Fascista, in sostanza, è l’avversario del momento, a prescindere dal suo reale retroterra ideologico e politico.Il conflitto ucraino ha fornito l’occasione per uno stupefacente disvelamento. Oggi il Fascista è – deve essere – Putin, anche se la sua retorica occhieggia talvolta all’Urss e alla Russia imperiale. Dunque non importa che sul fronte ucraino ci sia chi esibisce svastiche e rune: conta il fascismo immaginario, mica quello (eventualmente) vero. Sergio Staino ha chiarito perfettamente il punto: «L’Anpi, in quanto associazione partigiana, deve schierarsi a fianco di qualunque popolo combatta per la sua libertà e indipendenza», ha detto. «Conosco l’obiezione: ma ci sono dei nazisti dentro. Non importa». Linea condivisa pure da Liliana Segre, secondo cui «sarebbe difficile in un anno come questo intonare Bella ciao senza rivolgere un pensiero agli ucraini che nelle settimane scorse si sono svegliati e hanno “trovato l’invasore”». A voler essere puntigliosi, quando i partigiani rossi si nascondevano nei boschi italiani, una bella fetta di ucraini stava sul versante opposto, cioè con le Ss. Ma, appunto, son dettagli irrilevanti, poiché il Fascista è una costruzione priva di legami con la realtà.L’Anpi, per lunghi anni, ha contribuito al funzionamento di questa macchina ideologica. La sinistra individuava un nemico, l’Anpi si preoccupava di incoronare «nuovi resistenti» coloro che lo avversavano. Nel tempo sono stati definiti partigiani i migranti, gli attivisti Lgbt, i generici antiberlusconiani, gli antiamericani di professione eccetera. Ogni volta le categorie storiche venivano sovvertite: nelle piazze del 25 aprile, ad esempio, veniva contestata la Brigata ebraica che aveva effettivamente partecipato alla resistenza, e veniva concesso di sfilare ai palestinesi, che in tempo di guerra erano più vicini alla Germania che agli Alleati. Per il Pd e i suoi fratelli e per l’Anpi andava bene così: «partigiano» era il generico «oppresso»; «Fascista» era l’altrettanto generico oppressore (o, meglio, colui che veniva indicato come tale dal partito).Adesso, per una strana serie di coincidenze, il motore propagandistico ha battuto in testa. L’Anpi ha continuato a fare il suo, cioè a stare contro i «fascisti» americani, il Pd però con quei «fascisti» è alleato (anzi, ne è suddito). Il risultato è il guazzabuglio clamoroso in cui la sinistra da settimane è impantanata, il che non impedisce ai cari compagni di regolare qualche conto a coltellate. Dunque, tutti contro Pagliarulo, tutti a dire che l’Anpi – non avendo più partigiani veri – ha perso di significato. Chi ha ragione? L’associazione o i suoi critici? A dirla tutta, entrambi. L’Anpi ha ragione a rifiutare la servitù ideologica del Pd; il Pd ha ragione a descrivere l’Anpi come un sub-partito, un mero strumento politico.Da questa impasse si potrebbe uscire con una soluzione onorevole, che potrebbe perfino rivelarsi utile alla nazione: chiudiamo l’Anpi. Nel corso degli anni, l’associazione ha incamerato diversi milioni di euro, provenienti dal ministero dell’Interno e pure da quello della Difesa. Quest’ultimo, secondo Il Giornale, ha elargito 800.000 euro tra il 2013 e il 2020, e ne sborserà 94.000 anche quest’anno. Tutto questo flusso di denaro a che cosa è servito? A quel che ha detto Staino: a mantenere una struttura di partito che faceva e fa politica. Ergo, urge risparmiare. Di musei e istituti della resistenza, del resto, ne abbiamo in ogni dove, e di un’associazione di partigiani costosa e superflua non sentiamo certo il bisogno. Ora che anche a sinistra ne hanno riconosciuto l’inutilità, non resta che chiuderla.Ciò significa che il Pd fa bene ad attaccare ferocemente l’Anpi per le sue posizioni sull’Ucraina? Certo che no. Anzi, il Pd si sta dimostrando scandalosamente ipocrita, anche più del solito. Ma tutto torna: solo per errore i democratici possono sostenere una giusta causa.
Jose Mourinho (Getty Images)