2022-07-06
Anish Kapoor a Venezia: due sedi, un’unica grande mostra
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Palazzo Manfrin © Anish Kapoor/Photo © David Levene
Sono le prestigiose sale dell’Accademia di Venezia e lo storico Palazzo Manfrin a ospitare, sino al 9 ottobre 2022, la straordinaria mostra di Anish Kapoor, artista anglo-indiano fra i più noti e originali del nostro tempo. Ben 60 le opere esposte, in un (doppio) percorso espositivo di grandissimo impatto estetico ed emotivo. Dal sestriere di Dorsoduro a quello, vivacissimo, di Cannaregio il passo non è poi così tanto breve, ma per visitare interamente la mostra di Anish Kapoor vale davvero la pena andare, come si suol dire, da «|casello a casello». Poco meno di un'ora a piedi fra le meraviglie della Serenissima o qualche fermata di vaporetto e davvero ci si trova catapultati, all’Accademia come a Palazzo Manfrin, quasi in un’altra dimensione, in un mondo dove materia e forma sono stati stravolti, gli spazi dilatati e i colori, il nero e il rosso soprattutto, saturati, portati all’eccesso e quasi cambiati nella loro sostanza, sino a quasi diventare una massa, grumosa e magmatica. L’inconfondibile arte di Kapoor incanta, impressiona, sconvolge e questa mostra in particolare, forse più di altre, è diretta ad un linguaggio interiore, a quello che «abbiamo dentro », da sempre tema centrale nella pratica dell’artista britannico. E sicuramente smuove le coscienze del visitatore Shooting into the Corner, un ammasso di cera di viscosa scarlatta (circa 15 kg) sparata da un cannone (vero) sulle candide pareti delle Gallerie dell’Accademia, che subito ci fa pensare alla cieca e sanguinosa violenza del conflitto in corso nel cuore dell’Europa. Trattasi di installazioni, di sculture cinetiche ed autogeneranti che «esplodono» e rompono la quiete delle Gallerie, dove le creazioni di Kapoor entrano in dialogo con la collezione storica del museo, da Tintoretto a Giorgione, da Tiepolo a Tiziano, passando per i grandi maestri del sei e settecento. Un confronto che può essere più o meno esplicito, complesso, sicuramente azzardato, ma dall’effetto davvero sconvolgente, sia che si tratti delle opere vermiglie cui ho fatto cenno poche righe sopra, sia che si tratti di quelle create con le nanotecnologie al carbonio, o meglio, con un materiale nanotecnologico innovativo talmente scuro (il cosiddetto Kapoor black ) da assorbire più del 99,9% della luce visibile e creare forme che appaiono e scompaiono davanti ai nostri occhi , sia che si tratti, infine, dell’incredibile opera Pregnant White Within Me (2022), una sorta di enorme rigonfiamento bianco candido, che, come un ventre materno, sembra quasi dilatare le pareti dello spazio espositivo. Ed enorme è anche l’installazione a specchio posta nel cortile dell’Accademia, i cui riflessi, oltre al cielo, attraggono e inghiottono anche lo spettatore.Passando dalle Gallerie a Palazzo Manfrin, la dimora storica recentemente acquistata proprio da Kapoor e che dal 2024 sarà sede della Kapoor Foundation, si entra nella seconda parte della mostra, non meno «scioccante» della prima.Qui, ad accogliere il visitatore, l’opera Mount Moriah at the Gate of the Ghetto (2022), un’enorme massa pendente, rossa, grondante di silicone e vernice, che parte dal soffitto dell’ingresso ed arriva quasi al pavimento, preludio di un percorso espositivo che propone opere eseguite nel corso dell’intera carriera dell'artista: nelle sale ancora parzialmente restaurate, a catturare l’attenzione del pubblico il « ribollente » trittico di pitture al silicone dipinto (Internal Objects in Three Parts), la serie di opere specchianti che invertono e distorcono le aspettative di chi osserva, il caterpillar blu che trasporta e ammucchia tonnellate di terra rossa (Destierro) e poi, su tutte, l’installazione centrale, Symphony for a Beloved Sun (2013), un enorme sole che tramonta (o sorge) su una massa di cera rossa , sommergendo Palazzo Manfrin nel ciclo primordiale della vita e della morte.Di questa grande, imperdibile retrospettiva - curata da Taco Dibbits, storico dell’arte e direttore del Rijksmuseum di Amsterdam - lo stesso Kapoor ha affermato «È un grande onore essere invitato a confrontarmi con le collezioni delle Gallerie dell'Accademia di Venezia; forse una delle più belle collezioni di pittura classica di tutto il mondo. Tutta l'arte deve sempre confrontarsi con ciò che è accaduto prima. Le Gallerie dell'Accademia rappresentano una sfida meravigliosa e stupefacente. Sento un profondo legame con Venezia, è l'architettura e la sua vocazione per l’arte contemporanea».