2022-11-23
Andrea Pupilla: «Soumahoro nel fango solo per fare i video»
Parla il direttore della Caritas di San Severo, protagonista delle battaglie anti sfruttamento dei braccianti: «Conosco bene il personaggio, fomentava il clima di tensione tra le associazioni di solidarietà. È il prodotto di una montatura mediatica».Don Andrea Pupilla è il direttore della Caritas diocesana di San Severo, nel Foggiano. Ruolo che ricopre dal 2010. Ma è da oltre 15 anni che il sacerdote opera a Torretta Antonacci (l’ex ghetto di Rignano, nelle campagne tra San Severo e Rignano Garganico) baraccopoli degradata dove vivono migliaia di braccianti, divenuta luogo simbolo dell’attivismo di Aboubakar Soumahoro, grazie ai suoi roboanti video sui social dall’insediamento, in cui rivendicava la titolarità esclusiva della causa dei diritti degli sfruttati. A Torretta Antonacci le cronache raccontano di un clima teso, spesso sfociato nelle intimidazioni da parte di violenti contro le associazioni che provano a gestire il campo. È successo, nel corso degli anni, anche alla Caritas di San Severo, alla Flai Cgil del Foggiano, a Intersos e a Baobab, tutte accusate di voler lucrare sulla pelle degli sfruttati dallo stesso Soumahoro. L’ultimo episodio violento era accaduto l’agosto scorso, quando Mohammed Elmajdi, presidente di Anolf Puglia e segretario della Cisl di Foggia era stato aggredito. Il sindacalista aveva fatto esplicito riferimento alla responsabilità di alcuni appartenenti di Lega Braccianti, l’ente fondato da Soumahoro nel 2020 dopo la fuoriuscita da Usb. Anche don Andrea ha riscontrato più volte, in passato, l’ostilità verso la Caritas e le altre associazioni da parte dei braccianti più vicini a Soumahoro.«Noi con Lega braccianti non ci siamo mai interfacciati. Abbiamo avuto qualche problemino quando Soumahoro era in Usb, con alcuni suoi “gregari” che ci hanno creato qualche ostacolo. Mai violenza fisica, ma hanno contrastato alcune nostre attività. Cose che abbiamo anche risolto col tempo».Qual è il motivo di tale ostilità? «Noi andiamo nel ghetto ad ascoltare le persone, facciamo un corso d’italiano, sono modi per agganciare le persone che vivono lì, nel degrado, e proporre loro un’alternativa dignitosa. Ci son sempre dei gruppi di potere che vogliono esercitare un dominio sugli altri. Questo crea problemi alle persone che abitano lì e alle organizzazioni che vogliono aiutarle. Diventa difficile operare in un contesto del genere. Questo clima di tensione non aiuta nessuno».In cosa si traduce questa tensione? «Ci son state aggressioni, magari qualcuno a volte urla, qualcuno blocca le nostre attività. A noi ultimamente non è capitato, però in passato sì. Io credo che di fronte a un problema così complesso, come quello dei ghetti, non esista un salvatore unico, l’uomo della provvidenza. Talvolta girano questi personaggi come Soumahoro, ma ce ne sono anche altri, che pensano di avere la soluzione in tasca e fanno la guerra ad altri. Qui, si può fare qualcosa soltanto insieme. Le guerre interne fanno disperdere energie. Soltanto se istituzioni, organizzazioni e chi lì ci abita si mettono insieme, attorno a un tavolo, si può trovare una soluzione».Quindi non c’è mai stato un confronto diretto di Caritas con Soumahoro? «No, con lui non ci siamo mai interfacciati. All’epoca abbiamo avuto uno scontro verbale con i suoi compagni che apparivano sempre vicino a lui nelle manifestazione e nei video. Ma lui l’ho incontrato solo una volta. Voleva fare il navigatore solitario, ma di solitari non ne abbiamo bisogno».Ma era lui stesso a fomentare il clima teso contro le altre associazioni nel ghetto? «Ma certamente. C’è sempre qualcuno dall’esterno che viene lì e crede di avere la soluzione in tasca. Così si è costruito una carriera politica. Ora non mi stupisco del clamore creatosi attorno alla sua persona, perché il personaggio lo conosco da tempo».Delle presunte prevaricazioni dei suoi affiliati nel ghetto, qualche media aveva già timidamente parlato. Ora i fari sono puntanti sulle accuse verso le coop di suocera e moglie. Si parla di stipendi non pagati, maltrattamenti, lavoro nero e fatture false. Accuse pesanti. «Molte volte Soumahoro ha accusato la Caritas e le altre associazioni di fare del “business della solidarietà”. Un’espressione terribile, perché ha sempre colpevolizzato chi cerca di fare del bene. La questione dal punto di vista giudiziario non mi interessa, anche perché lui non è indagato e mi auguro che tutte le accuse siano smontate. La questione si pone sul piano morale e della coerenza. Lui accusa gli altri di lucrare sulla pelle dei migranti, quando nessuno lì va per lucrare, anzi, per quanto mi riguarda, ci andiamo pure a rimettere. È quanto meno incoerente» Soprattutto per chi è entrato in Parlamento con degli stivali sporchi di fango, come simbolo della lotta per gli sfruttati nei campi. «Ma Aboubakar nel fango ci andava a fare i video soltanto. Noi l’abbiamo sempre detto, pure ai suoi colleghi, che l’hanno in un certo senso “inventato”: lui era un personaggio mediatico, un grande comunicatore certamente, però la situazione, vista poi dai territori, è molto molto diversa. Io di stivali non ne vedo, qui c’è gente che va a raccogliere i pomodori con 50 gradi all’ombra. Quella del Parlamento in stivali è stata tutta una pantomima».
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson
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