
Il decreto Ristori due è finito sul tavolo del Consiglio dei ministri riunito ieri alle 23. Cosa ci sarà dentro, chi ne resterà escluso e soprattutto come verranno coperti gli indennizzi lo si saprà forse oggi quando verranno svelati i dettagli del provvedimento.
Il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, assicura che l'Agenzia delle entrate ha già emesso i mandati di pagamento per accreditare il contributo a fondo perduto del primo decreto. E che sono stati disposti i bonifici in favore di 211.000 imprese, per un totale di oltre 964 milioni. Intanto però il governo è costretto a fare il bis con una dote di poco più di 2 miliardi dopo aver capito che le risorse promesse al primo giro non sono bastate.
Nel Dl Ristori due «c'è il credito di imposta al 60% sugli affitti, di ottobre, novembre, dicembre, lo stop dei contributi previdenziali per i dipendenti e il rinvio dei versamenti per chi ha gli Isa, gli indici sintetici di affidabilità», ha detto ieri il premier Giuseppe Conte al Food festival del Corriere della Sera, «Ci siamo resi conto che i ristori già liquidati e i contributi a fondo perduto erano modesti, li abbiamo moltiplicati. Chi ha già ricevuto contributi li può raddoppiare fino al 200%», ha poi sottolineato il presidente del Consiglio. Dimenticandosi di specificare che si tratta sempre di un assegno che di solito non supera i 5.000 euro. Conte ha annunciato anche la creazione di un fondo «dove metteremo ulteriori risorse nell'ipotesi in cui ci fossero variazioni tra le zone gialle, rosse e arancioni» disposte nell'ultimo dpcm «perché vogliamo contemporaneamente disporre di stanziamenti immediati» e «rispetto alle nostre deliberazioni bastano all'Agenzia delle entrate un paio di settimane per accreditare i fondi sui conti correnti». Sulla natura di questo fondo, e soprattutto sulle coperture, è ancora buio pesto. Il timore è che si crei un finto appostamento derivante da altre minori spese o dalla «sempreverde» lotta agli evasori.
Per tutta la giornata di ieri è andato avanti un acceso dibattito su quali codici Ateco inserire per allargare la platea degli indennizzi a categorie come i fotografi, le lavanderie industriali, i centri commerciali e musei. Non dovrebbero invece essere inclusi i taxi e gli Ncc, né le sale giochi, come non sarebbe previsto un fondo di sostegno per le fiere. Così come al momento non è stato del tutto affrontato il tema della filiera (se chiude il ristoratore, i suoi fornitori rimangono aperti ma soffrono comunque restando però a secco dei ristori): si lavora a un sostegno al momento non quantificato per produttori agricoli e allevatori. Fra le ipotesi, anche congedi retribuiti al 50% e bonus babysitter da 1.000 euro per aiutare le famiglie delle zone rosse con i figli alle medie a casa in didattica a distanza. Al netto dei cambiamenti rispetto alla prima versione del Dl, però, la strategia di Palazzo Chigi non cambia e i soldi alla fine sono sempre gli stessi: vengono tolti da una tasca e messi nell'altra.
E sono comunque insufficienti a fare respirare le categorie più colpite. Lo schema degli indennizzi viene alimentato da fondi pescati da vecchi budget destinati ai decreti Rilancio e Agosto per un importo di 5,4 miliardi. A giugno il Parlamento ha permesso al Mef di destinare i fondi non spesi ad altri capitoli o a successivi decreti senza passare dall'Aula. In sostanza, i soldi sono sempre gli stessi ma vengono annunciati più volte. Conte si è accorto che il decreto della scorsa settimana non ha sufficienti coperture e che non rispetta le norme del bilancio dello Stato: degli oltre 100 miliardi di sforamento del deficit chiesti al Parlamento ne sono rimasti solo 1,7. E ora «si rischia anche un collo di bottiglia normativo per il fatto che sia il decreto Ristori, sia il bis avranno praticamente un iter parlamentare contemporaneo», ha fatto notare ieri la deputata di Fdi Ylenja Lucaselli.
Di certo, a chi resta oggetto di restrizioni serve uno stanziamento che compensi totalmente sia i mancati incassi sia le spese correnti. Il governo dovrebbe dunque compensare anche i costi fissi sostenuti dalle imprese interessate. Così come ha continuato a fare la Germania nei giorni scorsi dopo aver introdotto un nuovo mini lockdown. A proposito di confronti con i «vicini» europei: proprio in Germania, con riferimento alle misure erogate alle aziende, circa 100 miliardi sono stati destinati all'acquisto di partecipazioni di società colpite dalla crisi e 18 alle ditte individuali e alle microimprese. Significativi sono stati anche i 25 miliardi che sono stati spesi per «riavviare» le aziende che hanno subito un calo dei ricavi di oltre il 60% rispetto al 2019. Queste realtà produttive hanno ricevuto una compensazione fino al 70% dei costi fissi. In Francia sono stati stanziati 8 miliardi di sussidi per le piccole imprese con un fatturato inferiore a 1 milione che hanno perso almeno il 50% dei ricavi nel marzo scorso; 3 miliardi per l'annullamento di tasse e contributi previdenziali per aziende e lavoratori autonomi in difficoltà; una stima di 9,3 miliardi per sostenere l'industria del turismo e altri 8 miliardi per sostenere il settore automobilistico.





