2021-11-02
Anche l’ultimo addio può essere una festa
Dai cortei jazz di New Orleans ai portantini danzanti del Ghana, in alcune culture i funerali sono all'insegna della gioia. In Cina da secoli la morte ispira spettacoli e le autorità hanno dovuto vietare quelli sexy. Per i monaci tibetani invece gli avvoltoi sono angeli.Becchini che ballano con la bara in spalla al ritmo di canti popolari intonati dal corteo funebre. Una vera e propria festa per accompagnare il caro estinto nel suo viaggio eterno. Da ultimo questo rituale ha preso piede in Ghana, ma a New Orleans, patria del jazz, è un'usanza comune già dalla tratta degli schiavi. Lì, la cerimonia si divide in due parti: in un primo momento, mentre il feretro procede verso il cimitero, le brass band suonano brani jazz, soul e swing lenti e struggenti. Una volta sepolto il morto, gli stessi temi vengono suonati più velocemente. Ad accompagnare gli ottoni spuntano i tamburelli e il corteo si trasforma in una second line, che balla a ritmo frenetico per le vie della città, con la consapevolezza che il defunto è passato in un mondo migliore. Si balla anche in Nuova Zelanda. Nel 2015 per salutare il professore Dawson Tamatea, un insegnante di matematica e fisica morto prematuramente a 55 anni, i 1.700 studenti del liceo maschile di Palmerston scesero in cortile e tutti assieme ballarono per lui l'ultima Haka, la tipica danza maori. Il video venne visto da tre milioni di persone. I funerali gioiosi fanno parte anche della tradizione cinese. Durante la dinastia Qing, che governò il Paese tra il 1644 e il 1911, la tradizione voleva che alla cerimonia partecipassero intrattenitori a pagamento in modo da attirare più gente possibile. Con il passare dei secoli, attori e intrattenitori hanno lasciato il posto ad avvenenti spogliarelliste che risollevavano il morale a familiari e amici con spettacoli a luci rosse. A mettere fine a questa tradizione discutibile ci ha pensato il governo della Repubblica popolare cinese che nel 2018 la vietò tassativamente. I rituali funebri cambiano di Paese in Paese e di tribù in tribù. In Madagascar, gli Antandroy danzano e cantano mentre trasportano il defunto, scuotendo la bara. Il funerale dura diversi giorni e diverse notti ed è accompagnato dal sacrificio di zebù, bovini simili ai tori - il numero di animali varia in funzione dell'importanza del morto - che vengono arrostiti e mangiati l'ultima sera della cerimonia. Il rito funebre però non finisce qui. Ogni cinque-sette anni il corpo del caro estinto viene riesumato e viene cosparso di profumi e vino. I familiari poi ballano con il defunto riesumato al ritmo dei tamburi per farsi dare la sua benedizione. Questo rito si chiama famadihana, rotazione delle ossa. Nelle Filippine al vino preferiscono il tabacco. Nel Tinguian i morti vengono vestiti con i loro abiti migliori e adagiati su una sedia posizionata all'ingresso di casa, con in bocca una sigaretta. Ci si augura spenta poiché, dal 2018, il presidente Rodrigo Duterte, promotore del proibizionismo, ha pensato bene di mettere in galera per quattro mesi chi fuma in pubblico. Ad Apayo, provincia settentrionale dell'isola di Luzon, la tribù Isneg durante la veglia trasforma la propria casa in una sorta di ristorante dove banchetta tutta la comunità, per poi seppellire il proprio caro sotto al pavimento della cucina per averlo sempre vicino. Gli aborigeni australiani si tengono il morto in casa fino a decomposizione. Dopo una grande festa, fatta di danze e cibo, il corpo è steso su una piattaforma e ricoperto di foglie. Secondo la credenza i liquidi che il defunto rilascia possono servire persino a indicare un eventuale assassino.In Indonesia la cerimonia funebre viene vissuta come liberazione dell'anima. Il rito è molto costoso ma, se non dovesse essere fatto con tutti i crismi, gli spiriti dei defunti potrebbero vendicarsi con carestie, malattie e disgrazie. Il corpo viene avvolto in lenzuola bianche e trasportato verso il luogo della cremazione su una torre in legno alta quattro metri e rivestita di carta dorata. Aprono la processione le donne che indossano i loro abiti tradizionali migliori e portano sulle loro teste grandi ceste colme di fiori e di cibo da donare al sacerdote che celebrerà la funzione. A chiudere il corteo ci pensano enormi tori di cartapesta e clown. Una volta raggiunto il luogo della cremazione, il corpo viene adagiato sul bale balean, una piattaforma che simboleggia il luogo compreso tra la terra e il cielo, e viene ricoperto di piccole monetine che serviranno per pagare il tributo al dio degli inferi. Al tramonto poi, dopo una serie di danze molto scenografiche, le ceneri vengono disperse in mare. Diversa è la cerimonia dei toraja, una tribù che abita nel Sud dell'isola di Sulawesi che si trova sempre in Indonesia. Lì si crede che l'anima possa andare nell'aldilà solo in groppa a un bufalo sacrificato a colpi di machete. Il corpo non viene cremato ma inumato in una grotta a decine di metri da terra. Solo in questo modo il morto diventerà santo e proteggerà dall'alto la sua famiglia. Non ci sono lapidi bensì dei tau tau, ovvero delle statue che riproducono non solo le fattezze del caro estinto ma anche la sua personalità. Ogni tau tau viene vestito con gli stessi abiti del defunto e ha le braccia tese rivolte ai visitatori che ogni tanto gli porteranno dei doni. L'idea di portare in alto i resti l'hanno avuta anche i monaci tibetani. Loro però, da migliaia di anni, per traghettare l'anima del defunto in paradiso preferiscono affidarsi agli avvoltoi. Il corpo del defunto viene fatto a pezzi e portato in montagna. Il sacerdote chiama gli uccelli al grido di «Shey, Shey», «Cibatevi, cibatevi». Gli avvoltoi sono sconsiderati sacri, poiché sono una rappresentazione delle ḍākinī, gli equivalenti tibetani degli angeli. Questo rito si chiama Cerimonia celeste ed è praticato ancora oggi.