2022-02-27
Il vice di Figliuolo: «Green pass? Inutile»
Dopo aver tifato per obblighi e restrizioni, Guido Rasi pensiona la carta verde: «Serviva a far vaccinare, ora se ne può fare a meno». Poi contraddice la banda di Roberto Speranza e seppellisce la quarta puntura per tutti: «Nella situazione attuale non ha più senso».Ogni giorno porta con sé la sua pena, ma anche il suo pentimento. Stavolta è il turno di Guido Rasi, ordinario di microbiologia all’università Tor Vergata. Sfavillanti trascorsi: direttore dell’Agenzia italiana per il farmaco e poi di quella europea, l’Ema. Ma pure una determinante contemporaneità: superconsulente del generale Francesco Paolo Figliuolo, commissario straordinario per l’emergenza Covid. Insomma, l’immunologo è un semidio sanitario. Ieri, difatti, la sua intervista alla Stampa è stata celebrata con un intero paginone. Roba che Walter Ricciardi, omologo in quota ministero, può solo sognarsi. Da travasi di bile. E del resto, non si è trattato delle solite rispostine di circostanza. Bensì di un colloquio memorabile, che sancisce una nuova epoca: l’ingresso dell’ultrarigorista Rasi tra le file ultraliberiste.Appena quattro mesi fa tifava per obbligo vaccinale e segregazione dei renitenti, adesso invece demolisce il green pass: «Al momento non serve più a molto». Trasaliamo: cosa dice, professore? Rasi, però, insiste: «Ha l’unico senso di motivare le persone a vaccinarsi». Sobbalziamo: non era un’indispensabile misura sanitaria? Invece, no: come sospettato fin dal primo giorno, è soltanto una regola coercitiva. Il governo, aggiunge il luminare, dovrebbe mantenerlo in vita soltanto se lo ritiene indispensabile: «Per vaccinare tutti, altrimenti se ne può fare a meno». E visto che, a dispetto della carta verde, il numero dei nuovi immunizzati ormai stagna, la conclusione è elementare: basta green pass. Il superconsulente di Figliuolo seppellisce pure la quarta dose. C’è chi ipotizza di estenderla a chiunque. Tipo il ministro della Salute, Roberto Speranza, e suoi arcigni fedelissimi. Invece, Rasi assicura: «La quarta dose per i fragili già si fa, ma quella di massa con questi vaccini e la situazione attuale non ha senso. Potrebbe servire se si registrasse un calo dell’immunità in autunno o se si trovasse un nuovo vaccino che coprisse dal contagio oltre che dalla malattia». D’altronde, «dopo quattro mesi gli anticorpi scendono, ma non tutta l’immunità». E quanto dura? «I primi studi parlano di 15 mesi, ma potrebbero essere molti di più».Quanto equilibrio. Quale assennatezza. Le sue parole, più che in linea con Speranza, sono sulla stessa lunghezza d’onda di Matteo Salvini. «Continuano a diminuire ricoverati e contagiati», ha twittato ieri il leader della Lega. «Il 31 marzo si avvicina, basta “stato di emergenza” e ritorno alla normalità senza divieti, obblighi o costrizioni». Eppure il ragionevole professor Rasi è lo stesso luminare che ad agosto 2021, in uno scoppiettante colloquio con Il Giornale, azzanna: «Per chi non si vuole immunizzare ed è in grado di infettare gli altri, ormai deve scattare l’obbligo». Inevitabile corollario dell’assunto estivo del premier, Mario Draghi: il green pass è la garanzia di trovarsi tra persone non contagiose. Il consulente del generalissimo attacca: «Le misure soft non valgono più». Dunque, anticipa la restrizione adesso reputata inutile: lasciapassare pure per buscarsi la pagnotta. «Vanno usate sempre restrizioni, per esempio, per chi dev’essere sul posto di lavoro». L’ex direttore esecutivo dell’Ema, già la scorsa estate, è tra gli scalmanati sostenitori della carta verde: «È uno strumento di persuasione. Ma se non si verificasse un vero cambio di passo entro due settimane, io sarei favorevole all’obbligo vaccinale nei lavoratori in presenza e nei luoghi in cui si entra in contatto con il pubblico: penso a baristi, ristoratori, cassieri». A dispetto di quell’aria ragionevole, la riga di lato e l’occhialino ovale, Rasi non mostra pietà per nessuno. Nemmeno per gli insegnanti, già all’epoca immunizzati nell’85 per cento di casi. «C’è anche un problema etico» assalta. «Un insegnante che rifiuta il vaccino cosa insegna ai nostri figli? Non è degno di far parte del personale docente». Quindi, per i professori «dovrebbe scattare l’obbligo il 31 agosto 2021». Imposizione che arriverà tre mesi e mezzo più tardi: il 15 dicembre scorso. Insomma: l’implacabile Rasi è stato un autentico antesignano di quel dirigismo sanitario che adesso incita a smontare, un pezzettino alla volta. Anche con i no vax: gli altri a cincischiare, lui lancia in resta. Lo scorso ottobre, con usuale preveggenza, evoca provvedimenti esemplari: «Non si può tornare indietro. Sarebbe oltraggioso per chi si è vaccinato». Quindi, vaticina: più green pass e tamponi per tutti. «Vanno identificati i focolai e, se nascono nei luoghi di lavoro, si devono restringere le maglie attorno ai non vaccinati». Urge allora inchiavardare in casa chi rifiuta l’iniezione. E, se non bastasse, si proceda a sospendere l’impenitente dall’impiego e togliergli lo stipendio. Vabbè: poi è andata come sappiamo. Pian pianino, pure gli infervorati hanno colto l’ovvio: gli inoculati infettano al pari dei refrattari. Così, anche l’uomo che sussurra a Figliuolo ora s’è trasformato: dal più feroce al più giudizioso. Stracciare il green pass. Dimenticare la terza dose. Il cerbero, alla buon’ora, diventa colomba: «Va data una speranza agli italiani».