- Nonostante gli avvertimenti sul delicato passaggio del premier in Senato di oggi, il Movimento si limita a chiedere un coinvolgimento maggiore delle Camere. E rinuncia a una risoluzione separata. Inutile il pressing nella maggioranza, l’unica sponda è quella di Leu. Intanto secondo un sondaggio di Termometro politico, il 51% degli italiani interpellati sull’eventualità di un nuovo incarico come premier per Mario Draghi, hanno risposto in modo assolutamente negativo.
- Carlo Bonomi dal presidente ucraino. Charles Michel invita i leader ad aprire le porte dell’Ue a Kiev.
Nonostante gli avvertimenti sul delicato passaggio del premier in Senato di oggi, il Movimento si limita a chiedere un coinvolgimento maggiore delle Camere. E rinuncia a una risoluzione separata. Inutile il pressing nella maggioranza, l’unica sponda è quella di Leu. Intanto secondo un sondaggio di Termometro politico, il 51% degli italiani interpellati sull’eventualità di un nuovo incarico come premier per Mario Draghi, hanno risposto in modo assolutamente negativo.Carlo Bonomi dal presidente ucraino. Charles Michel invita i leader ad aprire le porte dell’Ue a Kiev.Lo speciale contiene due articoli.Si potrebbe dire che la montagna ha partorito un topolino, ma in realtà non ha partorito neanche quello. A giudicare dalle parole pronunciate da Giuseppe Conte in tv solo qualche giorno fa, la due giorni di comunicazioni di Mario Draghi alle Camere (si comincia oggi al Senato) sull’andamento del conflitto ucraino avrebbe potuto addirittura sancire il de profundis del governo, con la scelta dei grillini di staccare una spina votando una propria risoluzione contraria alle richieste del premier. E invece gli eventi hanno preso tutta un’altra piega, aggiungendo per il presidente del M5s l’ultima di una già nutrita serie di «ritirate strategiche» che altro non sono che reiterate prese d’atto della paura del corpaccione parlamentare pentastellato di concludere anzitempo la propria carriera di eletto. Non solo nessuna risoluzione separata per i grillini e nessun voto contro Draghi, ma anzi l’appoggio a un testo che dovrebbe sostanzialmente rinnovare la delega all’esecutivo sulle decisioni relative all’invio di armi a Kiev. Un mese fa Conte aveva usato parole di fuoco nei confronti del premier, reo a suo avviso di aver calpestato le prerogative del Parlamento non presentandosi alle Camere prima di recarsi a Washington da Joe Biden.Verosimilmente, un ruolo rilevante ha giocato la débâcle del primo turno delle Comunali, che ha prospettato l’atomizzazione del Movimento, indebolendo ulteriormente l’ex premier. Due giorni fa, infatti, tutti gli osservatori attendevano con il fiato sospeso l’esito di un Consiglio nazionale notturno convocato d’urgenza di domenica per rispondere al ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, e alle accuse di anti atlantismo mosse alla leadership grillina. Una sollecitudine che aveva fatto pensare a un provvedimento estremo come l’espulsione, ma che poi ha avuto come esito un comunicato dal tono debole ed edulcorato, che avrebbe potuto certamente essere licenziato senza la fretta che ha accompagnato l’incontro. Per ribadire la condanna all’aggressione russa dell’Ucraina e per affermare che è necessario «un confronto in Parlamento tra le varie forze politiche, con la possibilità di pervenire a un atto di indirizzo del Parlamento che possa contribuire a rafforzare l’azione politica del governo in tutti i consessi internazionali e a perseguire un indirizzo ampiamente condiviso dal governo e dal Parlamento», molti hanno convenuto che non era necessario fare le ore piccole.Tra Montecitorio e Palazzo Madama, i fedelissimi di Di Maio (uno su tutti il presidente della commissione Politiche Ue della Camera,, Sergio Battelli) facevano presente ai cronisti che non ci sarebbe stata alcuna risoluzione separata del M5s, mentre i contiani (come ad esempio Carlo Sibilia) hanno negato che vi fosse mai stata l’intenzione di strappare da parte del presidente del Movimento.Una volta preso atto delle divisioni interne ai gruppi parlamentari e rinunciato, di conseguenza, alla presentazione di una propria risoluzione, a Conte e ai suoi non è rimasto altro che dare vita a un balletto - peraltro molto frequente in queste occasioni - sul testo della risoluzione comune della maggioranza. Nel gioco dei commi e dei cavilli, la vis dialettica dei pentastellati si è concentrata sulla parte del documento relativa a un maggiore coinvolgimento del Parlamento per le decisioni del governo sull’invio di armi e in generale sulla linea ad assumere rispetto all’evoluzione del conflitto. In particolare, gli esponenti del Movimento presenti alla riunione fiume che si è svolta al Senato hanno tentato di proiettare nella risoluzione un punto delle conclusioni del Consiglio nazionale, quello che considera «non sufficiente, in base ai principi del nostro ordinamento democratico, il vaglio parlamentare che è stato effettuato in corrispondenza del c.d. “decreto Ucraina”, che risale ai giorni immediatamente successivi all’aggressione militare russa, e che non tiene conto dei mutamenti nel frattempo intercorsi e delle strategie che si stanno delineando anche a livello internazionale». Su questo vi sarebbe stata resistenza da parte di Lega, FI, Iv e +Europa, mentre i grillini avrebbero trovato una sponda nella sinistra di Leu, con i dem intenti a mediare, preoccupati di non incrinare i rapporti con l’alleato, anche in vista dei ballottaggi di domenica prossima. Se le azioni degli eletti grillini sembrano guidate da considerazioni orientate prevalentemente a preservare la legislatura, dalla pancia del Paese arrivano segnali difficilmente equivocabili sulla popolarità del presidente del Consiglio: secondo un sondaggio di Termometro politico, il 51 per cento degli italiani interpellati sull’eventualità di un nuovo incarico come premier per Draghi, hanno risposto in modo assolutamente negativo, affermando di non volerlo più a Palazzo Chigi in nessun caso e di essere rimasti delusi dal suo operato. A questo va anche aggiunto un 16 per cento di italiani che, pur non esprimendo un giudizio totalmente negativo sul suo operato, hanno detto di non auspicare un Draghi bis.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/anche-armi-cade-bluff-grillini-2657536998.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="zelensky-bussa-alla-porta-dellaula-il-parlamento-italiano-ci-sostenga" data-post-id="2657536998" data-published-at="1655779967" data-use-pagination="False"> Zelensky bussa alla porta dell’Aula: «Il Parlamento italiano ci sostenga» Anche a Kiev seguono il dibattito politico italiano e le sue fibrillazioni, tanto che il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, intervenendo in videoconferenza al Global policy forum dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi), a una domanda sulla risoluzione che il Senato dovrà votare oggi sul sostegno dell’Italia all’Ucraina, ha dichiarato: «Voglio dire che voi state supportando non l’avanzata delle forze ucraine, ma la capacità di difesa del nostro esercito. Tutte le aree in cui stiamo avanzando sono territori ucraini. Non stiamo attraversando i confini, non stiamo uccidendo civili e cittadini russi. Noi siamo una nazione che vuole essere indipendente. Vi prego di supportarci». Zelensky nel suo intervento ha ricordato: «Più di 5 milioni di persone hanno lasciato il Paese e si sono rifugiati all’estero, in particolare in Italia e ringrazio la vostra gente, le vostre città e il governo e il primo ministro Draghi per l’assistenza alla nostra gente, innanzitutto donne e bambini. Questo è molto importante». Inoltre, il presidente ucraino ha ricordato che nel caso iniziassero delle trattative di pace con la Russia vorrebbe la presenza dell’Italia come garante. Zelensky ha anche toccato il tema delle armi ribadendo: «Abbiamo bisogno di nuove armi potenti per respingere l’offensiva russa», e riferendosi a quanto accadrà oggi in Senato ha detto: «Per favore, sosteneteci, grazie per la vostra posizione e l’assistenza data a donne e bambini ma potete fare ancora di più e cosa in particolare? Armi, supporto finanziario e ricostruzione del Paese sono i tre elementi che possono fare la differenza». Intanto a Kiev è arrivato anche il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, dove ha incontrato Zelensky per parlare di ricostruzione dell’Ucraina e del ruolo delle imprese italiane e firmare i primi accordi. Al Forum dell’Ispi è intervenuto anche lo storico britannico Niall Ferguson, che nel suo intervento ha messo l’accento sul ruolo degli Stati Uniti: «Finché Washington non si impegnerà a porre fine alle ostilità, mi sembra probabile che queste proseguano fino all’estate e oltre il 2022, perché è diventata una guerra di logoramento e i russi hanno molta artiglieria e uomini da impegnare». Critiche invece a Zelensky: «Credo che sappia che più dura la guerra più sarà difficile ricostruire l’Ucraina e renderla una democrazia stabile. Una delle lezioni della storia è che più va avanti una guerra, più difficile diventa trovare la pace. Sarebbe stato meglio cercare un cessate il fuoco nelle prime tre o quattro settimane, dopo che i russi hanno fallito nella presa di Kiev, invece di lasciare andare avanti le ostilità e consentire che Mosca acquisisse un vantaggio». Nella giornata di ieri sono esplose le tensioni tra Russia e Lituania che, applicando le sanzioni dell’Unione europea, ha fermato i treni diretti verso l’enclave russa di Kaliningrad città nel Baltico. Immediata la reazione di Mosca, che attraverso il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov ha dichiarato:«È davvero una decisione senza precedenti, che viola qualsiasi cosa, constatiamo che ciò deriva dalla decisione dell’Unione europea di applicare sanzioni al transito. E consideriamo anche questo illegale». La replica è stata del ministro degli Esteri lituano, Gabrielius Landsbergis: «Il trasporto di passeggeri e merci non soggetti al regime di sanzioni Ue da e per la regione di Kaliningrad prosegue attraverso il territorio della Lituania. La Lituania non ha imposto restrizioni unilaterali, individuali o aggiuntive a questo transito». Infine, in serata, il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha anticipato su Twitter quanto dirà nel prossimo vertice europeo: «Ora è il momento di riconoscere che il futuro di Ucraina, Moldavia e Georgia è nell’Ue. Vi inviterò a concedere lo status di candidato all’Ucraina e alla Moldavia».
Andy Mann for Stefano Ricci
Così la famiglia Ricci difende le proprie creazioni della linea Sr Explorer, presentata al Teatro Niccolini insieme alla collezione Autunno-Inverno 2026/2027, concepita in Patagonia. «Più preserveremo le nostre radici, meglio costruiremo un futuro luminoso».
Il viaggio come identità, la natura come maestra, Firenze come luogo d’origine e di ritorno. È attorno a queste coordinate che si sviluppa il nuovo capitolo di Sr Explorer, il progetto firmato da Stefano Ricci. Questa volta, l’ottava, è stato presentato al Teatro Niccolini insieme alla collezione Autunno-Inverno 2026/2027, nata tra la Patagonia e la Terra del Fuoco, terre estreme che hanno guidato una riflessione sull’uomo, sulla natura e sul suo fragile equilibrio. «Guardo al futuro e vedo nuovi orizzonti da esplorare, nuovi territori e un grande desiderio di vivere circondato dalla bellezza», afferma Ricci, introducendo il progetto. «Oggi non vi parlo nel mio ruolo di designer, ma con lo spirito di un esploratore. Come un grande viaggiatore che ha raggiunto luoghi remoti del Pianeta, semplicemente perché i miei obiettivi iniziavano dove altri vedevano dei limiti».
Aimo Moroni e Massimiliano Alajmo
Ultima puntata sulla vita del grande chef, toscano di nascita ma milanese d’adozione. Frequentando i mercati generali impara a distinguere a occhio e tatto gli ingredienti di qualità. E trova l’amore con una partita a carte.
Riprendiamo con la seconda e conclusiva puntata sulla vita di Aimo Moroni. Cesare era un cuoco di origine napoletana che aveva vissuto per alcuni anni all’estero. Si era presentato alla cucina del Carminati con una valigia che, all’interno, aveva ben allineati i ferri del mestiere, coltelli e lame.
Davanti agli occhi curiosi dei due ragazzini l’esordio senza discussioni: «Guai a voi se me li toccate». In realtà una ruvidezza solo di apparenza, in breve capì che Aimo e Gialindo avevano solo il desiderio di apprendere da lui la professione con cui volevano realizzare i propri sogni. Casa sua divenne il laboratorio dove insegnò loro i piccoli segreti di una vita, mettendoli poi alla prova nel realizzare i piatti con la promozione o bocciatura conseguente.
Alessandra Coppola ripercorre la scia di sangue della banda neonazi Ludwig: fanatismo, esoterismo, violenza e una rete oscura che il suo libro Il fuoco nero porta finalmente alla luce.
La premier nipponica vara una manovra da 135 miliardi di dollari Rendimenti sui bond al top da 20 anni: rischio calo della liquidità.
Big in Japan, cantavano gli Alphaville nel 1984. Anni ruggenti per l’ex impero del Sol Levante. Il boom economico nipponico aveva conquistato il mondo con le sue esportazioni e la sua tecnologia. I giapponesi, sconfitti dall’atomica americana, si erano presi la rivincita ed erano arrivati a comprare i grattacieli di Manhattan. Nel 1990 ci fu il top dell’indice Nikkei: da lì in poi è iniziata la «Tokyo decadence». La globalizzazione stava favorendo la Cina, per cui la nuova arma giapponese non era più l’industria ma la finanza. Basso costo del denaro e tanto debito, con una banca centrale sovranista e amica dei governi, hanno spinto i samurai e non solo a comprarsi il mondo.





