
L'ad di Recarlo, Paolo Re: «Il nostro pezzo iconico è il solitario a cuore. Puntiamo su sostenibilità e pietre estratte in modo etico».Tutto parte da una passione e da un pensiero d'amore. È il 1967 quando Carlo Re, dopo aver imparato a disegnare gioielli, fonda la sua azienda, che chiamerà Recarlo, a Valenza, la cittadina del Monferrato che vanta una tradizione orafa secolare, diventata il distretto più importante a livello mondiale per la gioielleria realizzata a mano. Da allora il marchio si è imposto (400 punti vendita nel mondo) tenendo ben saldi i valori portanti: eleganza, raffinatezza, ricchezza, varietà e innovazione. Ma non solo. Recarlo parla sempre di più la lingua della sostenibilità grazie ai figli Giorgio e Paolo, la seconda generazione, con Livia Firth di Eco-Age, la società di consulenza nell'ambito della sostenibilità e della comunicazione. Un progetto nato con il padre che ha sempre posto grande attenzione a temi come made in Italy, stile, diamanti, amore ed eredità. «Mio padre, aiutato da nostra madre Bruna Chiesa, ha creato Recarlo», racconta Paolo Re, ad, che con il fratello Giorgio, responsabile delle strategie creative, guida l'azienda.Come nasce il marchio?«Dalla grandissima predilezione di nostro padre per i diamanti e i gioielli. In pratica, per il gioiello da fidanzamento. Una passione che l'ha portato in giro per il mondo ad acquistare i più bei diamanti nelle principali Borse a livello mondiale, come Tel Aviv, New York e Anversa, e a creare pezzi in oro bianco e diamanti. Il focus dell'azienda è la coppia e la celebrazione dei momenti più importanti della vita dal fidanzamento al matrimonio, alla nascita del figlio, agli anniversari». Ancora oggi sono tradizioni che reggono?«Soprattutto oggi. Noi siamo la seconda generazione con ben scolpito l'asset strategico del marchio che è il solitario. La nostra produzione è concentrata in buona parte sull'anello di fidanzamento e su tutti quegli oggetti che rappresentano il regalo per la coppia. Ma non solo anelli. Il nostro pezzo più iconico è della collezione Anniversary love, un solitario caratterizzato da un diamante a forma di cuore, emblema del posizionamento del brand». Quando nasce l'idea di legare la parola sostenibilità al gioiello? «Da sempre i nostri genitori hanno cercato di trasferire i loro principi all'interno dell'azienda. I valori della famiglia vengono condivisi giornalmente con i collaboratori. Quindi una responsabilità che non è solo la sfida aziendale e del profitto ma è quella verso la società, verso l'ambiente, verso le nuove generazioni». Il gioiello sostenibile è un nuovo progetto, un nuovo capitolo della vostra storia? «In questo momento si parla molto di sostenibilità ma non vogliamo gettare parole al vento, abbiamo portato avanti una serie di iniziative concrete che fanno sì che ci sia un vero e proprio viaggio nella sostenibilità. Con il progetto Our Promise to You vogliamo suggellare una promessa d'amore per tutta la nostra filiera, per le persone che ci lavorano e per l'ambiente. Solo così potremo davvero onorare i valori in cui crediamo profondamente. È anche una promessa verso il mercato che si fonda su tre pilastri: people, product e planet. Persone, prodotto e pianeta. Quando parliamo delle persone abbiamo un'accademy interna perché il nostro impegno è quello di investire nello sviluppo dei dipendenti promuovendo la diversità e operando verso i più alti standard attraverso la catena di fornitura». S'intende quindi la provenienza dell'oro e dei diamanti?«Certo. L'altro pilastro è il prodotto e in questo caso la nostra promessa è quella di andare a lavorare su una filiera sostenibile e quindi promuovere il lavoro artigianale. Per questo facciamo parte di una fondazione che si chiama Mani intelligenti e che va proprio a incidere sul ricambio generazionale, il percorso di studi e l'integrazione nelle aziende. Per quanto riguarda le materie prime, oro e diamanti, il nostro impegno è quello di fornire sempre maggiore trasparenza e tracciabilità attraverso certificazioni internazionali e garanzie. Aderiamo al Kimberley process dal 2000, parliamo di 20 anni fa, che garantisce attenzione all'estrazione sostenibile delle nostre materie prime, e facciamo parte del World diamant council, l'organizzazione che assicura che i profitti dei diamanti non vengano utilizzati per finanziare le guerre civili. E abbiamo raggiunto un importante traguardo ottenendo la certificazione del Responsible jewellery council».Obiettivi futuri?«Con Our Promise to You, Recarlo rinnova la volontà di contribuire a un cambiamento positivo nel settore della gioielleria. Tradizione e artigianato rimarranno al centro della nuova strategia. Abbiamo deciso di collaborare con Eco-Age per una causa comune che è quella di cercare di lavorare sul lungo periodo per lasciare un mondo migliore alle nuove generazioni. Oggi ci dotiamo di nuovi strumenti come il report di sostenibilità che pubblichiamo annualmente e dà visibilità a quelli che sono i nostri sforzi in termini di sostenibilità, attenzione all'ambiente e sociale. Altrimenti restano soltanto parole». Questo periodo così difficile per tutti è pesato anche a voi?«La chiusura dell'anno non è stata quella che avevamo previsto, però abbiamo avuto delle piacevoli sorprese per quanto riguarda il terzo trimestre che è stato migliore di quello 2019. Abbiamo notato vendite di gioielli d'alta gamma che ci hanno fatto capire quanto le persone, nonostante il momento, avessero bisogno di celebrare i momenti importanti della vita, e anche l'ecommerce ha dato buoni risultati». Un gioiello può essere visto anche come un bene rifugio?«Assolutamente sì. I nostri sono fatti di oro e diamanti, materie prime nobili che non risentono delle crisi».
Emanuele Orsini (Ansa)
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