2021-10-19
Regno Unito sopraffatto dall’islam: 100.000 convertiti e 30.000 sotto sorveglianza
Per i servizi sono 3.500 gli estremisti pronti a passare all'azione come l'assassino di sir Amess. Intanto i musulmani praticanti hanno superato in numero gli anglicani.L'indagine sulla morte di sir David Amess, il parlamentare conservatore britannico ucciso venerdì 15 ottobre con 17 coltellate mentre incontrava i suoi elettori in una chiesa metodista di Leigh-on-Sea, nell'Essex, è ora di competenza dell'antiterrorismo di Londra. L'uomo arrestato per l'omicidio è Ali Harbi Ali, un venticinquenne britannico di origine somala arrivato con la famiglia nel Regno Unito dalla Somalia negli anni Novanta, già noto alle autorità come persona radicalizzata e da tempo inserito nella lista Prevent violent extremism che ha «lo scopo di impedire che le persone diventino terroristi o sostengano il terrorismo». L'uomo è figlio di Harbi Ali Kullane, un ex portavoce del primo ministro della Somalia che divide il suo tempo tra Londra e Nairobi, il quale ha confermato che suo figlio era sotto custodia della polizia dopo l'accoltellamento e si è detto «traumatizzato dall'arresto». Ali Harbi Ali è cresciuto con la famiglia in un quartiere lussuoso fatto di case a tre piani che costano in media 2 milioni di sterline e dove i vicini sono una serie di personaggi noti della televisione britannica. Allo stato attuale la polizia inglese avrebbe escluso l'intervento di eventuali complici, anche se nella giornata di sabato 16 ottobre sono state perquisite tre case a Londra, mentre l'arma con la quale è stato ucciso sir David Amess, 69 anni, parlamentare dal 1983, già segretario onorario dei Conservative friends of Israel dal 1998 e descritto come un sostenitore della comunità ebraica britannica, è stata recuperata nella chiesa accanto a Ali Harbi Ali. Il giovane, invece di darsi alla fuga dopo l'attacco pianificato da una settimana, si è seduto e ha aspettato con calma l'arrivo della polizia. Il ministro degli Interni, Priti Patel, dopo l'assassinio ha chiesto a tutte le forze di polizia di rivedere le disposizioni di sicurezza per i parlamentari «con effetto immediato». Difficile però proteggersi dalla furia degli islamisti, specie quando agiscono da soli in un Paese dove l'islam radicale dilaga ormai da decenni e dove spuntano di continuo moschee e associazioni che finiscono sotto il controllo della Fratellanza musulmana e di molte altre sigle estremiste, tra le quali c'è anche la pericolosissima setta dei Deobandi. Di quest'ultima fanno parte anche i talebani afghani, che in Inghilterra controllano almeno 738 delle 1.600 moschee presenti. I musulmani nel Regno Unito sono ormai più di tre milioni secondo la rilevazione del 2020 dell'Office for national dtatistics (Ons). La maggioranza dei musulmani britannici è pacifica e religiosamente osservante e la comunità cresce continuamente di numero anche grazie alle conversioni, che sono triplicate negli ultimi dieci anni, raggiungendo quota 100.000, con una media di 5.200 all'anno (dati 2019). La città che da tempo registra il maggior numero di conversioni alla religione maomettana è Londra, dove ogni anno 1.400 persone scelgono l'islam. Per capire le ragioni di questa esplosione occorre osservare l'andamento demografico: il censimento 2011 ha rivelato che l'età media dei musulmani è di 25 anni, mentre quella dei cristiani è di 45. Come spiegarlo? Semplice: i musulmani fanno più figli, molti più dei cristiani. Va inoltre aggiunto che la politica d'immigrazione e d'integrazione britannica negli ultimi anni ha favorito un vero e proprio boom degli arrivi dai Paesi musulmani, in particolare dal Pakistan. È evidente che, se questo trend dovesse essere mantenuto, tra meno di dieci anni la maggioranza dei cittadini britannici sarà di fede musulmana, e di questi l'80% sarà nato da immigrati. Già oggi i fedeli musulmani sono più numerosi degli anglicani: ogni settimana la preghiera islamica del venerdì riunisce quasi un milione di musulmani, mentre, secondo le più recenti statistiche della Chiesa d'Inghilterra, sarebbero solo 938.000 gli anglicani che partecipano alla messa domenicale. Le moschee a Londra sono più di cento e sono in continuo aumento le richieste per costruirne di nuove. Chi le finanzia? Arabia Saudita e Qatar. Come la Moschea centrale, che è stata costruita con finanziamenti diretti della famiglia reale saudita. L'Inghilterra però si è accorta solo dopo molto tempo di dover fare i conti anche con l'estremismo islamico salafita, cresciuto grazie a predicatori del male come Anjem Choudary, avvocato di origine pakistana e allievo prediletto dell'ex predicatore della moschea di Finsbury Park, Abu Hamza Al Masri, che sconta negli Usa due ergastoli e altri 100 anni per nove capi di terrorismo, senza possibilità di libertà condizionale. Choudary, fondatore di quasi tutti i gruppi islamisti inglesi tra i i quali Al-Muhajiroun e Islam4Uk, ha organizzato per decenni manifestazioni di protesta che avevano come fine ultimo la richiesta di imporre la sharia nel Paese. Inoltre ha incoraggiato e ha dato supporto ai giovani che volevano partire per la Siria e l'Iraq, ed esulta pubblicamente a ogni attentato, giustificando le stragi dell'11 settembre 2001 fino a quelle di Londra del 2005 e altre ancora. Oggi, dopo l'ennesimo soggiorno in carcere (è uscito nel 2019), si è fatto più cauto a livello mediatico ma non ha certo rinunciato alle sue idee. Con lui sono cresciute figure come Mizanur Rahman, Yasser Al-Sirri, Abu Haleema alias Shakil Chapra, Mohammed Shamsuddin, Abu Qatada Al-Filastini, Omar Bakri Muhammad, Abdullah El-Faisal e molti altri.L'intelligence britannica attualmente sta monitorando più 30.000 persone, delle quali circa 3.500 sono ritenute essere estremisti islamici pronti a compiere attacchi nel Regno Unito. L'Mi5, il servizio interno, stima che più di 800 cittadini britannici sono andati a combattere nel «Siraq»: molti di loro sono diventati star della propaganda islamista. Ma l'intelligence non si fornisce le cifre di coloro che sono rientrati. A proposito di numeri: dei trentamila che rappresentano una minaccia terroristica per lo Stato, oltre il 10% sarebbe pronto all'atto di forza. A fomentarli di continuo sono centinaia di «predicatori del male» liberi di spargere l'odio nelle strade della Gran Bretagna, sul Web, nelle tv e radio islamiche e nelle carceri, dove i casi di radicalizzazione non si contano più, così come gli attentati sventati. L'emblema del fallimento inglese però è rappresentato dalle «Sharia Court», le Corti islamiche che ammontano ormai a un centinaio nel Paese. Le principali si trovano a Londra, Birmingham, Bradford, Manchester e Nuneaton. Mentre sono già iniziati i lavori per istituirne di nuove a Leeds, Luton, Blackburn, Stoke e Glasgow. Fino a poco tempo fa queste Corti erano un mistero per gli stessi britannici; solo nel 2013 la Bbc (con un documentario dal titolo The secrets of Sharia courts) ha rivelato al grande pubblico l'esistenza di questo sistema legale parallelo al quale fanno riferimento sempre più musulmani britannici e, cosa ancora più sorprendente, anche cittadini britannici che ritengono la sharia un sistema giuridico sbrigativo ed efficace. Il primo tribunale islamico in Gran Bretagna fu creato nel 1982 a Leyton (est di Londra) con il nome di Consiglio della sharia islamica. Tutto si svolge nella riservatezza più totale. Le Corti analizzano e giudicano molte materie, tra le quali la poligamia, il ripudio della moglie (talaq), l'eredità, l'affidamento dei bambini e molti altri aspetti della vita di un musulmano. Si attivano anche nel caso di matrimoni misti, atto ritenuto gravissimo a meno che non vi sia un'immediata conversione all'islam del coniuge appartenente a un'altra religione. Intervengono e legiferano anche su questioni inerenti temi in cui le donne sono gravemente discriminate. A sovraintendere il lavoro dei tribunali della sharia è Suhaib Hasan, decano e segretario generale delle Corti islamiche britanniche, nonché membro del Cerf (Consiglio europeo della fatwa e della ricerca) diretto dal religioso Yusuf Qaradawi, membro dei Fratelli musulmani al quale in passato le autorità britanniche hanno negato il permesso di entrare nel Paese. Nel suo statuto, il Cerf sancisce che la sharia non può essere emendata per conformarsi all'evoluzione dei valori e dei comportamenti.La denominazione macchiettistica «Londonistan» è riduttiva rispetto alla realtà di certi quartieri della capitale, così come a quella di molte altre città britanniche dove è forte la presenza dell'islam radicale. In alcune zone si trovano cartelli o adesivi sui lampioni che mettono in guardia chi entra: «Stai entrando in un'area controllata dalla sharia». Simili segnali allarmanti si trovano a Liverpool, Manchester, Leeds, Birmingham, Derby, Bradford, Dewsbury, Leicester, Luton e Sheffield. Senza dimenticare Waltham Forest, a Nord di Londra, e Tower Hamlets, nella parte più orientale della capitale britannica. Si tratta d'intere aeree nelle quali il martellante lavoro dei predicatori salafiti con la loro dawaa al jihad, ovvero «chiamata al combattimento», ha fatto breccia. Essendo quartieri finiti sotto il controllo della sharia, guai ad attraversarli senza velo e vestiti castigatissimi se si è donne. E guai agli uomini sorpresi con bottiglia di birra o sigaretta in mano: si rischia di esser circondati dalla «sharia police» che, tra insulti e minacce, farà passare ai malcapitati un brutto quarto d'ora. Ma è il multiculturalismo bellezza.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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