2021-09-25
«Ai vostri colleghi pm ho raccontato favole»
Le confessioni dell'avvocato Piero Amara ai magistrati di Potenza. Su Eni ammette il patto con Giuseppe Calafiore ma non con Vincenzo Armanna.L'attenta analisi dei verbali resi ai pm di Milano dallo pseudo pentito Piero Amara, il faccendiere che ha svelato al mondo la fantomatica loggia Ungheria, consente di ricostruire i primi dubbi sorti sotto la Madonnina sulla bontà delle sue dichiarazioni. Anche se per un periodo l'avvocato siracusano è riuscito a rintuzzare i sospetti intuiti sui volti perplessi dei magistrati, dando loro in pasto storie ai confini della realtà. Inizialmente il pm Paolo Storari deve avergli creduto e, di nascosto, ha portato fuori dalla Procura i verbali di Amara rimasti per tropo tempo chiusi in un cassetto, salvo poi chiedere l'arresto del presunto collaboratore di giustizia. Una vicenda, quella delle dichiarazioni di Amara, che ha mandato in tilt anche il procuratore Francesco Greco e l'aggiunto Laura Pedio, al punto di fargli perdere il controllo dell'ufficio giudiziario. Del resto lo stesso Amara, interrogato dal Gip di Potenza il 10 giugno 2021, a proposito della «collaborazione» con le Procure di Roma e Messina, dopo il suo arresto del 6 febbraio 2018, ha dichiarato «lo stesso Calafiore quando fu sentito a Roma e a Messina, un po' come me, raccontò della favola di Pinocchio».Tornando alle vicende milanesi, nell'interrogatorio del 2 dicembre 2019 davanti alla Pedio e Storari ad Amara viene chiesto di spiegare la strana coincidenza che aveva portato tre diversi indagati a esternare nel giro di venti giorni in tre diverse occasioni processuali su un presunto accordo con i vertici dell'Eni per ritrattare le accuse contro la compagnia petrolifera. Domandano i pm: «Le facciamo notare che c'è una coincidenza temporale tra il momento in cui ha deciso di rendere dichiarazioni e il momento in cui Vincenzo Armanna (ex manager Eni, in quel momento imputato a Milano, ndr) ha deciso di raccontare il cosiddetto “accordo della Rinascente" nel corso del dibattimento davanti alla settima sezione penale del Tribunale di Milano». Quest'ultima udienza si è tenuta il 22 e il 23 luglio 2019, mentre Amara aveva inviato alla Procura una memoria sul medesimo patto il 12 luglio, una trasmissione che quindi «è di poco precedente alle dichiarazioni dibattimentali di Armanna». Per questo chiedono i magistrati: «C'è stato un accordo tra di voi? O quantomeno lei ha avuto notizia da Armanna della sua decisione di rendere dichiarazioni raccontando come si sono effettivamente svolti i fatti?».Ma c'è un'altra «coincidenza temporale» sottolineata dagli inquirenti: «Anche Calafiore (Giuseppe, ex socio e coindagato di Amara, ndr) nello stesso periodo, e precisamente il 2 luglio 2019, ha riferito di essere a conoscenza del cosiddetto “accordo della Rinascente". Lei aveva parlato con Calafiore della sua intenzione di parlare e di rivelare gli accordi con l'Eni?».In questo caso Amara ammette: «Con Calafiore ho effettivamente parlato della mia intenzione di raccontare tutto. Dopo un periodo in cui io e lui non ci siamo parlati, perché effettivamente io in qualche modo lo avevo tradito rivelando sia alla Procura di Roma sia alla Procura di Messina una serie di fatti che lo coinvolgevano, i nostri rapporti si sono pian piano distesi e in quel periodo avevamo ripreso a frequentarci». «Piano piano» dice Amara.Ma ancora nell'interrogatorio reso a Perugia il 12 giugno 2019, cioè appena un mese prima di dare una versione identica a quella dell'ex socio, l'avvocato siracusano aveva smentito Calafiore e, parlando della nomina di un procuratore, era stato piuttosto ruvido: «Calafiore si è inventato tutto e credo che abbia detto queste cose in quanto aveva una forte acrimonia nei miei confronti. Calafiore ha detto altre circostanze false nel corso di vari interrogatori e che ho smentito in più circostanze. Non lo posso denunciare per calunnia in questo caso in quanto non mi ha accusato di un reato». Ma in pochi giorni cambia tutto. E Amara ammette di essersi accordato con Calafiore: «Gli avevo quindi detto di questa mia decisione e poiché lui era stato testimone quantomeno dell'incontro avvenuto presso la Rinascente, ha ritenuto di raccontarlo alla prima occasione possibile». Riguardo alla «coincidenza temporale» con Calafiore Amara quindi ammette l'intesa.Tra il 12 giugno e i primi di luglio del 2019, quindi, Calafiore e Amara tornano in buoni rapporti, dopo essersi attaccati davanti ai pm: il primo, il 2 luglio, rende dichiarazioni concordate con secondo e questi le conferma «a mezzo mail» il successivo 12 luglio. Ma che cosa, in così breve tempo, li abbia portati a riallinearsi e, addirittura, a concordare una versione da dare a magistrati non è dato sapere.Il primo a dettagliare con gli inquirenti il patto della Rinascente e la sua bozza in tre punti, è stato Calafiore, il quale ha riportato quanto appreso dall'ex socio Amara, ovvero che «tra aprile e maggio 2016 Granata aveva promesso a Vincenzo Armanna la riassunzione in Eni dopo la sentenza di primo grado, se quest'ultimo avesse ritrattato o quantomeno attenuato le accuse formulate nel processo Eni-Nigeria nei confronti di Descalzi e che Armanna aveva accettato. L'accordo si era concluso nel corso di un incontro presso la Rinascente di Roma». Calafiore a questo appuntamento non avrebbe partecipato, ma avrebbe accompagnato Amara in taxi e lo avrebbe visto fuori dal grande magazzino insieme con Granata. Le risposte fornite da Amara devono aver lasciato qualche dubbio nei magistrati tanto da indurre Storari a redigere una richiesta cautelare nei confronti di Amara e Armanna per calunnia. E qualche interrogativo le risposte di Amara lo suscitano anche in noi perché appare inverosimile che più persone si presentino quasi contemporaneamente, senza una previa intesa, alla magistratura per riferire un episodio avvenuto tre anni prima. Tuttavia, Amara nell'interrogatorio del 2 dicembre 2019 sostiene che, per quanto riguarda Armanna, non vi sarebbe stato alcun patto essendo piuttosto, questa sì, «una coincidenza puramente temporale». E ha puntualizzato: «È anche vero, però, che attraverso il giornalista di Report Chianca (Luca, ndr), io sapevo quello che Armanna avrebbe dichiarato nella trasmissione e devo dedurre che Armanna sapeva quello che avrei dichiarato io». L'inviato di Report, avrebbe quindi, secondo Amara, si deve ritenere inconsapevolmente, favorito le dichiarazioni coincidenti e contemporanee dei due a Milano.Sta di fatto che, il 6 dicembre 2019, Amara, dopo aver capito che in Procura avevano mangiato la foglia su quella strana confessione di gruppo, inizia a riempire sei verbali di dichiarazioni sulla presunta loggia Ungheria. L'indagato ha deciso di regalare ai pm sospettosi la storia della loro vita per uscire dall'angolo? Non si può escludere. Di certo Storari, qualche mese dopo, chiederà l'arresto di Amara e Armanna per calunnia. Senza avere soddisfazione.
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