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2023-12-13
Alunni islamici contro un dipinto del 1600
Una deriva che in Francia comincia davvero a preoccupare. Lunedì scorso i professori della scuola media Jacques-Cartier di Issou, un piccolo comune francese situato nel dipartimento degli Yvelines, a una cinquantina di chilometri da Parigi, hanno deciso di scioperare in difesa di una loro collega, accusata di aver scioccato i suoi alunni mostrando in classe un quadro raffigurante donne nude. La docente sarebbe per questo colpevole di razzismo nei confronti degli studenti islamici.
Si tratta di Diana e Atteone, opera conservata al Louvre e dipinta dal manierista italiano Giuseppe Cesari nel primo quarto del XVII secolo. Il quadro raffigura il momento in cui, nelle Metamorfosi di Ovidio, Atteone sorprende Diana e le altre ninfe mentre, nude, si lavano alla sorgente. L’obiettivo dell’insegnante era rendere più comprensibile, o magari più coinvolgente, un testo letto in classe. Diversi studenti si sono detti turbati dalla visione di queste donne, accusando la docente di razzismo nei confronti degli alunni musulmani. Secondo la stampa francese, tali discorsi diffamatori sarebbero stati ripresi anche da alcuni genitori dei ragazzi, i quali avrebbero inviato lettere di protesta al preside. Una dinamica non troppo dissimile da quella che, nel 2020, portò all’uccisione e alla decapitazione di Samuel Paty, un insegnante di geografia e storia che, durante una lezione sulla libertà di parola, aveva mostrato le caricature di Maometto pubblicate da Charlie Hebdo. Anche in quel caso, un genitore aveva prestato fede al racconto non veritiero della figlia, dando il via a una campagna d’odio che è poi culminata nel tragico atto di terrorismo.
Questa volta gli insegnanti non ci stanno e hanno deciso di sospendere le lezioni, in quanto ritengono non vi siano condizioni di sicurezza adeguate a condurre una vita scolastica normale. Una sensazione di pericolo giustificata, secondo quanto riporta Le Figaro, dal momento che già due settimane fa un’email del preside alludeva a un clima di tensione presente all’interno dell’istituto. Sempre sul celebre quotidiano conservatore, si legge che venerdì scorso, in un paese a pochi chilometri da Issou, un altro gruppo di insegnanti ha deciso di scioperare dopo aver scoperto che i nomi di due di loro erano finiti in un gruppo Whatsapp di genitori, accomunati dalla contrarietà verso il modo in cui era stato affrontato, in classe, il conflitto tra Israele e Hamas. «Dal caso di Samuel Paty il clima è chiaramente cambiato», ha raccontato a Le Parisien una professoressa francese di liceo. «Già prima era delicato, ma dopo è diventato più forte. Argomenti come l’uguaglianza tra uomini e donne, la sessualità o le crociate sono diventati complicati». Tutti inoltre ricordiamo quando lo scorso ottobre, nei giorni seguenti all’attacco terroristico di Hamas, ad Arras un professore era stato accoltellato e ucciso da un ventenne ceceno, ex studente della scuola. La preoccupazione pertanto è abbastanza diffusa, e non si tratta di una percezione dovuta solo ai recenti fatti di cronaca. «Oggi siamo con le spalle al muro, non ce la facciamo più», ha dichiarato sempre a Le Parisien Élisabeth Allain-Moreno, segretaria generale di Se-Unsa, sindacato che rappresenta gli insegnanti in Francia. «Le cose stanno peggiorando ulteriormente, ma è certo che ci sono più minacce».
Lunedì si è recato a Issou anche il ministro dell’Istruzione, Gabriel Attal, il quale ha incontrato il personale della scuola e ha assicurato «una procedura disciplinare nei confronti degli studenti responsabili di questa situazione». «Nella scuola francese l’autorità non si contesta, si rispetta. Nella scuola francese la laicità non si contesta, si rispetta», ha dichiarato per l’occasione. «Non si distoglie lo sguardo di fronte a un quadro, non si tappano le orecchie durante la lezione di musica, non si indossano abiti religiosi». La laïcité in Francia è un valore assoluto, o almeno così era fino a poco tempo fa, ma anche in Italia è considerato un elemento indiscutibile.
Fatti come questo, però, mettono in luce un errore dei tanti che la invocano come nucleo politico del multiculturalismo, e cioè quello di ritenere che essa possa essere un principio universale riconosciuto da chiunque, a prescindere dall’appartenenza culturale. La laicità, che non è l’ateismo, viene dal cristianesimo («Date a Cesare quel che è di Cesare»). Ora la sinistra, che ha aperto le porte dell’Europa a immigrati di ogni credo e latitudine, invoca la laicità, ma davvero gli illuminati pensano di andare nelle scuole a spiegare a studenti di cultura e religione islamica la lotta al patriarcato, l’educazione affettiva e le teorie gender-inclusive? Forse occorrerebbe riconoscere che la laicità non è un valore neutro a sé stante, ma il frutto di un percorso interno alla cultura occidentale, e che anche i contenuti che la scuola trasmette, senza dover entrare in ambiti che non le competono, non possono che essere impregnati di una tradizione che è la nostra. E che andrebbe dunque riconosciuta e difesa, anche (ma non solo) dal laicismo.
Macron vuole la legge a tutti i costi, ma così rischia il posto all’Eliseo
Un vento di panico soffia sull’Eliseo. Ieri sera il presidente francese Emmanuel Macron ha convocato i ministri dell’Interno, del Lavoro e dei Rapporti con il parlamento, Gérald Darmanin, Olivier Dussopt, Franck Riester, oltre ai capigruppo di maggioranza. Nel pomeriggio la premier Elisabeth Borne aveva annullato una vista a Ginevra dove avrebbe dovuto partecipare al Forum mondiale dei rifugiati. Il no dell’Assemblea nazionale a discutere del progetto di legge immigrazione è stato un pugno nello stomaco di Macron. Ieri, presiedendo il Consiglio dei ministri, il capo dello Stato francese ha deciso di affidare il futuro del progetto di legge a una commissione mista paritaria, composta da sette deputati e altrettanti senatori. L’istanza dovrà discutere e cercare un compromesso. A prima vista, l’opzione scelta dal governo sembrerebbe poter a sbloccare la situazione ma, nei fatti, rischia di complicarla. Questo per due ragioni. La prima è che i parlamentari che comporranno la commissione lavoreranno sul testo approvato dal Senato a metà novembre. La Camera alta francese è controllata da una maggioranza composta dai senatori di destra del partito Les Républicains (Lr). Per questo, il testo approvato dal Senato era molto più restrittivo. Ad esempio, i senatori Lr si erano opposti categoricamente alla regolarizzazione dei migranti clandestini che lavorano nelle cosiddette «professioni in tensione»: edilizia, ristorazione, turismo. Un altro punto fermo posto dalla Camera alta transalpina era la soppressione dell’Ame (Aide médicale d’Etat, la copertura sanitaria pubblica, ndr) anche per i clandestini. Entrambi questi provvedimenti sono stati cancellati prima della votazione all’Assemblea nazionale. All’origine di questi stravolgimenti ci sono le opposizioni di sinistra e l’ala vicina a quest’area all’interno di Renaissance, il partito fondato da Macron. La seconda complicazione che dovrà affrontare il governo è dovuta al fatto che la commissione paritaria verrà formata rispettando la composizione delle due Camere. Questo significa che la maggioranza dei suoi membri sarà matematicamente di destra o estrema destra. È facile immaginare che un’istanza così composta approverà un testo più restrittivo.Nonostante queste difficoltà oggettive Macron non molla e lascia in trincea Darmanin e Borne. Il primo ha presentato le dimissioni, ma l’inquilino dell’Eliseo le ha respinte. A entrambi Macron ha dato un ordine chiaro: picchiare sui Républicains per far ricadere su di loro la colpa di questo fallimento. E così, già l’altro ieri sera, il titolare del Viminale francese è andato al Tg delle 20 di Tf1 per dire che i Républicains erano diventati «la stampella del Rassemblement national» (Rn). Parole definite «indecenti e provocatorie» da parte del numero uno Lr, Eric Ciotti. Ieri, poi, Macron ha rincarato la dose affermando che all’Assemblea nazionale si è formata una «alleanza contro natura» tra le opposizioni. Sempre ieri, il presidente del Rn, Jordan Bardella, ha chiesto lo scioglimento dell’Assemblea nazionale. Un’opzione che farebbe comodo al Rn, in testa ai sondaggi e uscito vincente dal voto della mozione, ma che è invisa ai deputati di maggioranza e dei partiti di sinistra che potrebbero perdere lo scranno. Per ora, quindi, la Camera bassa francese dovrebbe rimanere così com'è ma, se dovesse confermarsi il blocco dell’altro ieri, lo scioglimento sarebbe la sola strada percorribile. Questo senso di impotenza non piace a Macron. Secondo il deputato di estrema sinistra (Lfi) Manuel Bompard, il presidente francese è «drogato di autoritarismo» e «non è più capace di governare il Paese». Altri deputati Lfi si sono rivolti alla Procura per fatti riconducibili «alla corruzione di eletti» da parte di Darmanin. Il ministro viene accusato di aver fatto promesse (costruzione di caserme di gendarmeria) a deputati Lr in cambio del loro voto.
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Studenti musulmani hanno accusato di razzismo un’insegnante francese: aveva mostrato a lezione un quadro con donne nude, opera peraltro esposta al Louvre. La protesta, però, ha scatenato lo sciopero dei docenti contro queste continue intimidazioni.Se la norma sull’immigrazione (già bocciata) non passa, si può tornare alle elezioni.Lo speciale contiene due articoli. Una deriva che in Francia comincia davvero a preoccupare. Lunedì scorso i professori della scuola media Jacques-Cartier di Issou, un piccolo comune francese situato nel dipartimento degli Yvelines, a una cinquantina di chilometri da Parigi, hanno deciso di scioperare in difesa di una loro collega, accusata di aver scioccato i suoi alunni mostrando in classe un quadro raffigurante donne nude. La docente sarebbe per questo colpevole di razzismo nei confronti degli studenti islamici. Si tratta di Diana e Atteone, opera conservata al Louvre e dipinta dal manierista italiano Giuseppe Cesari nel primo quarto del XVII secolo. Il quadro raffigura il momento in cui, nelle Metamorfosi di Ovidio, Atteone sorprende Diana e le altre ninfe mentre, nude, si lavano alla sorgente. L’obiettivo dell’insegnante era rendere più comprensibile, o magari più coinvolgente, un testo letto in classe. Diversi studenti si sono detti turbati dalla visione di queste donne, accusando la docente di razzismo nei confronti degli alunni musulmani. Secondo la stampa francese, tali discorsi diffamatori sarebbero stati ripresi anche da alcuni genitori dei ragazzi, i quali avrebbero inviato lettere di protesta al preside. Una dinamica non troppo dissimile da quella che, nel 2020, portò all’uccisione e alla decapitazione di Samuel Paty, un insegnante di geografia e storia che, durante una lezione sulla libertà di parola, aveva mostrato le caricature di Maometto pubblicate da Charlie Hebdo. Anche in quel caso, un genitore aveva prestato fede al racconto non veritiero della figlia, dando il via a una campagna d’odio che è poi culminata nel tragico atto di terrorismo.Questa volta gli insegnanti non ci stanno e hanno deciso di sospendere le lezioni, in quanto ritengono non vi siano condizioni di sicurezza adeguate a condurre una vita scolastica normale. Una sensazione di pericolo giustificata, secondo quanto riporta Le Figaro, dal momento che già due settimane fa un’email del preside alludeva a un clima di tensione presente all’interno dell’istituto. Sempre sul celebre quotidiano conservatore, si legge che venerdì scorso, in un paese a pochi chilometri da Issou, un altro gruppo di insegnanti ha deciso di scioperare dopo aver scoperto che i nomi di due di loro erano finiti in un gruppo Whatsapp di genitori, accomunati dalla contrarietà verso il modo in cui era stato affrontato, in classe, il conflitto tra Israele e Hamas. «Dal caso di Samuel Paty il clima è chiaramente cambiato», ha raccontato a Le Parisien una professoressa francese di liceo. «Già prima era delicato, ma dopo è diventato più forte. Argomenti come l’uguaglianza tra uomini e donne, la sessualità o le crociate sono diventati complicati». Tutti inoltre ricordiamo quando lo scorso ottobre, nei giorni seguenti all’attacco terroristico di Hamas, ad Arras un professore era stato accoltellato e ucciso da un ventenne ceceno, ex studente della scuola. La preoccupazione pertanto è abbastanza diffusa, e non si tratta di una percezione dovuta solo ai recenti fatti di cronaca. «Oggi siamo con le spalle al muro, non ce la facciamo più», ha dichiarato sempre a Le Parisien Élisabeth Allain-Moreno, segretaria generale di Se-Unsa, sindacato che rappresenta gli insegnanti in Francia. «Le cose stanno peggiorando ulteriormente, ma è certo che ci sono più minacce».Lunedì si è recato a Issou anche il ministro dell’Istruzione, Gabriel Attal, il quale ha incontrato il personale della scuola e ha assicurato «una procedura disciplinare nei confronti degli studenti responsabili di questa situazione». «Nella scuola francese l’autorità non si contesta, si rispetta. Nella scuola francese la laicità non si contesta, si rispetta», ha dichiarato per l’occasione. «Non si distoglie lo sguardo di fronte a un quadro, non si tappano le orecchie durante la lezione di musica, non si indossano abiti religiosi». La laïcité in Francia è un valore assoluto, o almeno così era fino a poco tempo fa, ma anche in Italia è considerato un elemento indiscutibile. Fatti come questo, però, mettono in luce un errore dei tanti che la invocano come nucleo politico del multiculturalismo, e cioè quello di ritenere che essa possa essere un principio universale riconosciuto da chiunque, a prescindere dall’appartenenza culturale. La laicità, che non è l’ateismo, viene dal cristianesimo («Date a Cesare quel che è di Cesare»). Ora la sinistra, che ha aperto le porte dell’Europa a immigrati di ogni credo e latitudine, invoca la laicità, ma davvero gli illuminati pensano di andare nelle scuole a spiegare a studenti di cultura e religione islamica la lotta al patriarcato, l’educazione affettiva e le teorie gender-inclusive? Forse occorrerebbe riconoscere che la laicità non è un valore neutro a sé stante, ma il frutto di un percorso interno alla cultura occidentale, e che anche i contenuti che la scuola trasmette, senza dover entrare in ambiti che non le competono, non possono che essere impregnati di una tradizione che è la nostra. E che andrebbe dunque riconosciuta e difesa, anche (ma non solo) dal laicismo. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/alunni-islamici-contro-dipinto-1600-2666575657.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="macron-vuole-la-legge-a-tutti-i-costi-ma-cosi-rischia-il-posto-alleliseo" data-post-id="2666575657" data-published-at="1702462009" data-use-pagination="False"> Macron vuole la legge a tutti i costi, ma così rischia il posto all’Eliseo Un vento di panico soffia sull’Eliseo. Ieri sera il presidente francese Emmanuel Macron ha convocato i ministri dell’Interno, del Lavoro e dei Rapporti con il parlamento, Gérald Darmanin, Olivier Dussopt, Franck Riester, oltre ai capigruppo di maggioranza. Nel pomeriggio la premier Elisabeth Borne aveva annullato una vista a Ginevra dove avrebbe dovuto partecipare al Forum mondiale dei rifugiati. Il no dell’Assemblea nazionale a discutere del progetto di legge immigrazione è stato un pugno nello stomaco di Macron. Ieri, presiedendo il Consiglio dei ministri, il capo dello Stato francese ha deciso di affidare il futuro del progetto di legge a una commissione mista paritaria, composta da sette deputati e altrettanti senatori. L’istanza dovrà discutere e cercare un compromesso. A prima vista, l’opzione scelta dal governo sembrerebbe poter a sbloccare la situazione ma, nei fatti, rischia di complicarla. Questo per due ragioni. La prima è che i parlamentari che comporranno la commissione lavoreranno sul testo approvato dal Senato a metà novembre. La Camera alta francese è controllata da una maggioranza composta dai senatori di destra del partito Les Républicains (Lr). Per questo, il testo approvato dal Senato era molto più restrittivo. Ad esempio, i senatori Lr si erano opposti categoricamente alla regolarizzazione dei migranti clandestini che lavorano nelle cosiddette «professioni in tensione»: edilizia, ristorazione, turismo. Un altro punto fermo posto dalla Camera alta transalpina era la soppressione dell’Ame (Aide médicale d’Etat, la copertura sanitaria pubblica, ndr) anche per i clandestini. Entrambi questi provvedimenti sono stati cancellati prima della votazione all’Assemblea nazionale. All’origine di questi stravolgimenti ci sono le opposizioni di sinistra e l’ala vicina a quest’area all’interno di Renaissance, il partito fondato da Macron. La seconda complicazione che dovrà affrontare il governo è dovuta al fatto che la commissione paritaria verrà formata rispettando la composizione delle due Camere. Questo significa che la maggioranza dei suoi membri sarà matematicamente di destra o estrema destra. È facile immaginare che un’istanza così composta approverà un testo più restrittivo.Nonostante queste difficoltà oggettive Macron non molla e lascia in trincea Darmanin e Borne. Il primo ha presentato le dimissioni, ma l’inquilino dell’Eliseo le ha respinte. A entrambi Macron ha dato un ordine chiaro: picchiare sui Républicains per far ricadere su di loro la colpa di questo fallimento. E così, già l’altro ieri sera, il titolare del Viminale francese è andato al Tg delle 20 di Tf1 per dire che i Républicains erano diventati «la stampella del Rassemblement national» (Rn). Parole definite «indecenti e provocatorie» da parte del numero uno Lr, Eric Ciotti. Ieri, poi, Macron ha rincarato la dose affermando che all’Assemblea nazionale si è formata una «alleanza contro natura» tra le opposizioni. Sempre ieri, il presidente del Rn, Jordan Bardella, ha chiesto lo scioglimento dell’Assemblea nazionale. Un’opzione che farebbe comodo al Rn, in testa ai sondaggi e uscito vincente dal voto della mozione, ma che è invisa ai deputati di maggioranza e dei partiti di sinistra che potrebbero perdere lo scranno. Per ora, quindi, la Camera bassa francese dovrebbe rimanere così com'è ma, se dovesse confermarsi il blocco dell’altro ieri, lo scioglimento sarebbe la sola strada percorribile. Questo senso di impotenza non piace a Macron. Secondo il deputato di estrema sinistra (Lfi) Manuel Bompard, il presidente francese è «drogato di autoritarismo» e «non è più capace di governare il Paese». Altri deputati Lfi si sono rivolti alla Procura per fatti riconducibili «alla corruzione di eletti» da parte di Darmanin. Il ministro viene accusato di aver fatto promesse (costruzione di caserme di gendarmeria) a deputati Lr in cambio del loro voto.
Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
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Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
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Ecco #DimmiLaVerità del 10 dicembre 2025. Con il nostro Alessandro Rico analizziamo gli ostacoli che molti leader europei mettono sulla strada della pace in Ucraina.