2021-05-07
Altro che diritti, il vero nodo sono i soldi
Le misure sull'omofobia proposte dal Pd aprirebbero ricche possibilità per gli attivisti Lgbt. A chi sarebbero affidate infatti le varie «iniziative utili» previste? Al solito giretto di circoli arcobaleno. Ci sono già 4 milioni solo per i «centri antiviolenza».Sì, certo, sulla bocca di tutti ci sono i diritti, le violenze da impedire, le discriminazioni da fare cessare. Ma la verità è che il nodo centrale sono i soldi. Perché il ddl Zan, se venisse approvato, si rivelerebbe una manna per le associazioni Lgbt, le cooperative e i vari maestrini del pensiero specializzati nel sostituire la propaganda all'educazione. Basta leggere gli articoli 7, 8 e 9 del disegno di legge per rendersene conto. Il primo è quello che istituisce la Giornata nazionale contro l'omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, da celebrarsi il 17 maggio di ogni anno «al fine di promuovere la cultura del rispetto e dell'inclusione nonché di contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall'orientamento sessuale e dall'identità di genere, in attuazione dei principi di eguaglianza e di pari dignità sociale sanciti dalla Costituzione». In occasione della Giornata nazionale, continua il ddl, «sono organizzate cerimonie, incontri e ogni altra iniziativa utile [...]. Le scuole provvedono alle attività di cui al precedente periodo compatibilmente con le risorse disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica». È facile immaginare come si tradurrà in pratica tutto ciò. A chi pensate che verranno affidate le varie «iniziative utili» previste dal ddl? Ovviamente al solito giretto di organizzazioni arcobaleno, circoli e circolini, Onlus e coop. In questo modo un bel po' di attivisti avranno di che mantenersi, oltre ovviamente alla possibilità di diffondere la propria visione politica e ideologica nelle scuole.Non è tutto. L'articolo 8 del ddl affida alla ormai celebre Unar - l'ufficio anti discriminazioni razziali della presidenza del Consiglio - il compito di elaborare « con cadenza triennale una strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni per motivi legati all'orientamento sessuale e all'identità di genere». Di che si tratta esattamente? Leggiamo ancora: «La strategia reca la definizione degli obiettivi e l'individuazione di misure relative all'educazione e all'istruzione, al lavoro, alla sicurezza, anche con riferimento alla situazione carceraria, alla comunicazione e ai media. La strategia è elaborata nel quadro di una consultazione permanente delle amministrazioni locali, delle organizzazioni di categoria e delle associazioni impegnate nel contrasto delle discriminazioni fondate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere e individua specifici interventi volti a prevenire e contrastare l'insorgere di fenomeni di violenza e discriminazione fondati sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere». Tutto chiaro? Questa volta saranno le amministrazioni locali a finanziare le azioni educative (o, meglio, rieducative) nelle scuole, nei luoghi di lavoro e negli spazi pubblici. Il tutto con il coordinamento dell'Unar, guidata attualmente da Triantafillos Loukarelis, già collaboratore di Vincenzo Spadafora e, non a caso, grande sponsor del ddl Zan. Anche in questo caso, per le associazioni Lgbt si aprono praterie. Potranno fare formazione, organizzare corsi e mille altre attività. Chissà, magari le aziende potrebbero darsi una verniciata arcobaleno rivolgendosi ad associazioni come Parks, «creata per aiutare le aziende socie a comprendere e realizzare al massimo le potenzialità di business legate allo sviluppo di strategie e buone pratiche rispettose della diversità». Il fondatore è Ivan Scalfarotto, già promotore di disegni di legge sull'omofobia e ovviamente convintissimo sostenitore del ddl. Lo stesso Alessandro Zan del Pd, come ha svelato L'Espresso, è «azionista di maggioranza col 52% e amministratore unico di Be proud srl, la società a responsabilità limitata che organizza concerti, spettacoli e dibattiti nei tre mesi del Pride village alla fiera di Padova. Be proud fu aperta nella primavera del 2015 alla vigilia dell'ottava edizione, mentre Zan, già assessore comunale di Padova, era deputato di Sel di Nichi Vendola». Secondo il deputato, «la Be proud è una società di scopo che gestisce solo il Pride village a Padova. Io non ho alcun compenso e non c'è alcun ritorno economico. Tutto quello che incassa lo reinveste e quindi non fa alcun tipo di utile. La società è nata perché l'Arcigay non poteva seguire la gestione del Village per motivi fiscali». Anche se non si fanno utili, si possono dare stipendi e compensi. E magari si potranno in futuro organizzare belle iniziative di formazione e sensibilizzazione in ottemperanza alla legge Zan. Insomma, se il ddl si trasformasse in norma dello Stato ci sarebbero tante possibilità per gli attivisti arcobaleno, proprio come ce ne sono già oggi per chi si occupa di migranti, donne e minoranze in genere. Inoltre, giova ricordare che sono già stanziati 4 milioni di euro per i «centri antiviolenza» che dovranno accogliere le persone Lgbt maltrattate. Dite che siamo in malafede e vogliamo per forza vedere affari laddove ci sono soltanto diritti? Bene, se si tratta solo di aumentare le pene a chi commette atti di violenza immaginiamo che Pd e 5 stelle non avranno problemi a votare la proposta presentata ieri dalla Lega e da Forza Italia. Se soldi e ideologia non c'entrano, la questione è già risolta, no?