2019-09-10
Altro che idillio, i falchi Ue tornano a colpirci
Giuseppe Conte, sulla scia di Sergio Mattarella, auspica «un riesame del Patto di stabilità». Ma per il presidente dell'Eurogruppo Mario Centeno le regole non si toccano e l'Italia «deve mantenere gli impegni». L'ex cancelliere austriaco Sebastian Kurz: «Non pagheremo i vostri debiti».Sono davvero tanti (per la precisione 37) i riferimenti all'Europa pronunciati ieri da Giuseppe Conte durante il discorso tenuto alla Camera. Per capirci, nel corso delle sue dichiarazioni programmatiche il premier ha tirato in ballo l'Unione europea più volte di quanto non abbia fatto riguardo ai temi del lavoro (24), della crescita (13), dei giovani (11), delle donne (3) e della povertà (menzionata solo una volta). Tanto che, in un passaggio, Conte si è lasciato andare a una vera e propria sviolinata eurolirica: «Rimango fermamente convinto - ieri come oggi - che è dentro il perimetro dell'Unione europea e non fuori da esso che si deve operare alla ricerca del benessere degli italiani, aggiornando e rivitalizzando un progetto che ha assicurato - per decenni, ed è storia - pace, prosperità e sempre maggiori opportunità per i nostri cittadini, a partire dai più giovani». D'altronde, che questo governo intendesse sposare in toto la logica di Bruxelles si era già capito ancora prima della sua formazione. Non per niente, il primo dei cinque punti dettati dal Pd all'inizio della trattativa con il M5s era per l'appunto «l'appartenenza leale all'Ue». Un bel salto per un movimento che fino a qualche anno fa si batteva per un referendum sulla permanenza nell'euro, ma anche rispetto al contratto sottoscritto poco più di un anno fa con la Lega, nel quale l'Ue era relegata addirittura al 29° punto. Tra i punti del discorso di Conte va sottolineato il richiamo a uno dei temi più in voga in questi giorni, vale a dire la riforma delle regole europee di bilancio: «Occorre anche migliorare il Patto di stabilità e di crescita e la sua applicazione, per semplificarne le regole, evitare effetti pro-ciclici, e sostenere gli investimenti a partire da quelli legati alla sostenibilità ambientale e sociale». Le politiche di austerità, ha affermato il premier, rischiano di «vanificare gli importanti sforzi compiuti sul piano interno per rilanciare la crescita potenziale del Paese, deprimendo la crescita effettiva». Parole che, oltre a suonare come la scoperta dell'acqua, sembrano la fotocopia delle dichiarazioni rilasciate questo fine settimana da Sergio Mattarella. Nel messaggio inviato al Forum Ambrosetti di Cernobbio, il capo dello Stato aveva richiamato circa la necessità di un «riesame delle regole del Patto di Stabilità», al fine di «contribuire a una nuova fase, rilanciando gli investimenti in infrastrutture, reti, innovazione, educazione e ricerca».Viene spontaneo chiedersi se Mattarella si sarebbe mai lanciato in un endorsement simile qualora Matteo Salvini fosse stato ancora al governo. Fantapolitica a parte, la boutade del Colle non ha mancato di inebriare i giornali nostrani. Imperdibile in tal senso l'apertura di Repubblica, che domenica così titolava: «L'Europa ci farà lo sconto». A corroborare la sbornia euro-ottimista, oltre all'intervento di Mattarella «in aiuto del governo», un'intervista al presidente dell'Eurogruppo Mario Centeno. Sorvolando per un attimo sulla trasparenza pressoché inesistente del club che riunisce i ministri dell'Economia e delle finanze dell'eurozona, fattore che rende attuabile qualsiasi livello di discrezionalità, nemmeno impegnandosi a fondo si riesce a rintracciare nelle parole del politico portoghese alcun riferimento a una riforma delle regole. Dal dialogo con Centeno emerge semmai il concetto opposto. L'invito è a «lavorare all'interno delle norma senza sfidarle», a «mantenere gli impegni altrimenti i tassi salgono rendendo ancora più difficile il lavoro del governo», e a «trovare il giusto bilanciamento tenendo in considerazione il suo alto debito e la necessità di un risanamento del bilancio». Altro che flessibilità, verrebbe da dire. E allora dov'è la «ricompensa» sbandierata qualche giorno fa dal commissario per il Bilancio Gunther Oettinger in cambio della cieca obbedienza a Bruxelles? Possibile, anzi assai probabile, che la Commissione decida di chiudere un occhio nei confronti di un governo amico. Ma le parole di Centeno fanno capire che le regole non si toccano. Diversamente dai primi del 2018, quando un gruppo di economisti francesi e tedeschi proposero una riforma dei pilastri dell'eurozona, la questione non sembra nemmeno essere in agenda. Allora a far tramontare la discussione fu la strenua opposizione dei Paesi del nord, contrari a qualsiasi allentamento delle norme. Oggi la Commissione si trova ad affrontare in partenza sfide assai difficili, dalla gestione dei migranti all'approvazione del budget settennale, che con tutta probabilità la terranno lontana da progetti tanto divisivi.Nell'attesa di capire le intenzioni reali di Ursula von der Leyen, ci ha pensato l'ex premier austriaco Sebastian Kurz ad assestare un sonoro schiaffone a Conte e Mattarella, chiudendo a ogni possibile ammorbidimento. «L'Italia non deve diventare una seconda Grecia. Non intendiamo pagare i debiti dell'Italia», ha twittato Kurz, che ha poi rincarato la dose proponendo «sanzioni automatiche in caso di infrazione delle regole». Un po' come dire: sulla riforma del Patto è meglio che Quirinale e Palazzo Chigi non si facciano illusioni.