2020-12-16
Ministero della salute da ricovero
Rissa continua tra il tecnico in quota M5s e il dicastero retto dall'uomo di Leu. È la prova che, nonostante le rassicurazioni, i giallorossi si sono fatti trovare impreparati.Siccome non ci bastavano i virologi che in tv se le danno di santa ragione, adesso abbiamo anche i ministri e i viceministri che, in linea con lo spirito natalizio, si gonfiano come una zampogna. Dopo il duello in diretta fra Alberto Zangrillo, primario anestesista al San Raffaele, e Massimo Galli, primario infettivologo al Sacco, cui sono seguiti gli scontri fra Matteo Bassetti, professore a Genova, e Ilaria Capua, veterinaria in Florida, adesso s'avanza il duello all'ultimo sangue fra Roberto Speranza e Pierpaolo Sileri, numero uno e numero due della Salute, il primo ministro in quota Leu, il secondo vice in quota 5 stelle. Di regola i due dovrebbero collaborare, soprattutto considerando il momento in cui viviamo, invece si comportano come cane e gatto, facendosi i dispetti. Speranza, forse perché intento a scrivere libri sul Covid che poi deve in tutta fretta ritirare dalle librerie, preferisce mandare avanti la sua stretta cerchia di collaboratori, in gran parte bersaniani di cui si è circondato fin dal primo giorno in cui ha messo piede al ministero. Sileri, che a differenza del numero uno fa il medico, invece preferisce affrontare a petto scoperto telecamere e taccuini. Risultato, quasi sempre finisce in rissa e ora che il modello Italia contro il coronavirus vacilla, sono botte da orbi. In particolare, il viceministro ha messo nel mirino il segretario generale del dicastero, chiedendone le dimissioni. L'accusa? Essere stato - testuale - «sempre assente» nei momenti cruciali. Il clima si è surriscaldato soprattutto negli ultimi tempi, cioè da quando si è scoperto che, a differenza di ciò che dichiararono all'inizio della pandemia sia Giuseppe Conte che Roberto Speranza, il Paese non era affatto pronto ad affrontare un'emergenza sanitaria. Anzi, era totalmente impreparato. La prova? La mancanza del cosiddetto piano pandemico, sulla cui assenza ora si interrogano anche diversi pm, i quali vogliono sapere come e perché l'Italia si sia fatta cogliere impreparata. Dopo i balbettii dei giorni scorsi, con l'Oms e il ministero che hanno fatto qualsiasi cosa per evitare di rispondere e di chiarire il mistero riguardo all'esistenza o meno di un documento per fronteggiare le epidemie, Sileri in tv ci è andato pesante, alzando il tiro proprio sul ministero di cui egli, in teoria, è vice. «Io ho fatto diverse domande sui piani pandemici. Esigo una risposta su questo maledetto piano pandemico. C'era, non c'era, è vecchio, è nuovo? È stato o non è stato aggiornato e, soprattutto, chi lo ha fatto?», ha detto da Giletti su La7. «Io pretendo delle risposte e sono sicuro che anche il ministro Speranza pretende delle risposte», dichiara oggi al nostro Francesco Borgonovo. Ovviamente il riferimento al suo superiore politico serve solo a mettere in difficoltà l'alleato di governo. Anche perché per sapere che cosa pensa Speranza, senza farsi suo interprete, a Sileri basterebbe bussare alla porta accanto e chiederglielo. No, se il viceministro si dice sicuro che anche quell'altro vuole sapere quanto lui che cosa è accaduto, non è solo per stanarlo e indurlo a dire davvero che cosa pensa, ma è anche per dire che al dicastero della Salute chi ha il compito di guidare il Paese in uno dei suoi momenti peggiori dal punto di vista sanitario si brancola nel buio. Ancora, infatti, non si sa se c'è o ci sia mai stato un piano contro le pandemie. Basta capovolgere quel «sono sicuro che anche il ministro Speranza pretende delle risposte» per comprendere che neppure il ministro sa come stiano le cose. Ma che ministro è uno che dopo dieci mesi non ha ancora capito se il suo ministero ha oppure no un piano contro le pandemie? Oltre a scrivere un libro di sicuro insuccesso, visto che è stato costretto a mandarlo al macero, che diavolo ha fatto Speranza da gennaio ad oggi? Da Bruno Vespa, l'uomo cui è affidata la nostra Salute ha detto che «non si potevano fare piani anti Covid prima del Covid». Peccato che è dal 2013 che l'Europa insiste con i Paesi che ne fanno parte con l'obbligo di fare piani pandemici. E peccato che la maggioranza di quelli che stavano all'epoca al ministero stanno ancora lì, nei ruoli di vertice, come direttori o consulenti di Speranza. In cima ai responsabili c'era anche quel Ranieri Guerra che ora sta nel Comitato tecnico scientifico. Lo stesso Guerra che è coinvolto nel presunto insabbiamento del report Oms fatto sparire in estate, ossia il documento che sbugiardava la narrazione di un governo da prendere ad esempio nella lotta contro il coronavirus. «È ora di cambiare», spara Sileri, «altrimenti 100.000 morti non saranno serviti a nulla». Già, perché in questa guerra tra virologi, infettivologi, ministri e viceministri ciò che conta è la lista dei decessi. Qualcuno di quelli che dissero di essere pronti, prima o poi, vorrà spiegarci che cosa intendeva? Se pronti a morire o pronti a curare.
Il Gran Premio d'Italia di Formula 1 a Monza il 3 settembre 1950 (Getty Images)
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