2018-10-25
Dietro al tour di Conte a Mosca Intesa e pure il professor Alpa
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L'avvocato e professore di diritto civile, maestro del presidente del Consiglio, da anni favorisce gli investimenti in Russia, attraverso corsi di diritto privato dove spesso è di casa Vittorio Loi dello Studio Pavia Ansaldo, insieme con Antonio Fallico di banca Intesa, il punto di riferimento dell'Italia al Cremlino.E' un rapporto lungo e consolidato, più di quanto si possa immaginare, quello del presidente del Consiglio Giuseppe Conte con la Russia di Vladimir Putin. L'incontro tra l'avvocato del popolo e l'ex agente del Kgb di mercoledì 24 ottobre a Mosca, infatti, non è il primo tra due mondi che si parlando da anni. L'avvocato e professore di diritto civile Guido Alpa, infatti, maestro dell'attuale presidente del Consiglio, con cui ha condiviso lo studio legale in passato, tiene da anni all'università Sapienza corsi per favorire gli investimenti commerciali in Russia. Nel 2013 radunò al corso un parterre di livello, con l'avvocato Vittorio Loi dello studio legale Pavia e Ansaldo che ha sede anche a Mosca e San Pietroburgo, ma anche con Veniamin Yakovlev, storico consigliere di Putin o ancora con Vladimir Zaytsev, mandarino della pubblica amministrazione russa. In sostanza i rapporti tra il mondo di Conte e la Russia vanno avanti da molti anni. Lui stesso ha partecipato nel 2012 a una conferenza a Mosca invitato a parlare di aspetti giuridici sulla proprietà intellettuale: lo ha inserito persino nel suo curriculum. In sostanza il presidente del Consiglio pare avere rapporti molto più solidi di quelli del vicepremier Matteo Salvini, che negli ultimi anni ha comunque aperto un canale di comunicazione con il partito di Putin, anche tramite l'Associazione Lombardia Russia di Gianluca Savoini. Del resto Alpa in questi anni ha favorito gli investimenti verso Mosca e, proprio come Conte esperto giuridico in gas&oil, vanta una conoscenza del mondo economico russo. Alpa, non dimentichiamolo, è consigliere di amministrazione di Leonardo Finmeccanica dal 2014. In questi anni sotto la direzione di Mauro Moretti, ha seguito gli accordi tra Rosneft, Russian Helicopters e la nostra AgustaWestland, la divisione elicotteri di Leonardo. Ma soprattutto Alpa conosce bene Vittorio Loi, un'istituzione nei rapporti tra Italia e le ex repubbliche sovietiche, anche perché avvocato di uno degli studi legali che segue gli affari delle nostre aziende in Russia. Vanta un team russo composto da 20 avvocati e tributaristi che operano nelle sedi di Mosca e San Pietroburgo aperte nel 1998 e nel 2004. Ha seguito imprese italiane per la progettazione e realizzazione di impianti nel settore gas su North Stream e South Stream. Non è un caso che l'anno scorso siano stati Loi e Antonio Fallico - quest'ultimo il numero uno di banca Intesa Russia il superbanchiere abituato a trattare con il Cremlino anche gli affari più delicati - i protagonisti del quinto seminario «Italia-Russia, l'arte dell'innovazione», organizzato dal Consigliere generale della Federazione russa di Milano, Conoscere eurasia, Roscongress e International economic forum di San Pietroburgo in collaborazione con Intesa Sanpaolo, Banca Intesa Russia e appunto lo studio lo legale Pavia e Ansaldo. Fallico lo disse apertamente: «Negli ultimi tre anni abbiamo assistito a una tensione geopolitica che ha portato a rovinose conseguenze sui rapporti economico-commerciali tra Italia e Russia. Oggi sembra che sia stato fatto un nuovo inizio anche se lo shock di questi ultimi tre anni non è stato dimenticato: stiamo ricominciando, ma con circa 5 miliardi di euro di esportazioni italiane in meno del 2013 e una riduzione di quasi il 45% degli scambi ». E aggiunse: «Anche se contiamo su un possibile scongelamento geopolitico sarà difficile tornare ai livelli pre-crisi in varie aree. Tuttavia, le opportunità di business che stavano dormendo in questi anni, probabilmente mostreranno tutto il loro potenziale, a partire da settori innovativi dell'industria italiana, meccanica di precisione e ricerca tecnologica». Loi aggiunse che «dalla nostra piattaforma di osservazione, certamente parziale, ma comunque significativa, considerando la nostra presenza ventennale in Russia a fianco delle entità italiane, non possiamo che confermare i segnali di rinnovato interesse delle nostre industrie in un paese e nell'intera area eurasiatica che, per il mercato potenziale, cultura tecnologica, apertura all'innovazione e molti altri fattori sono certamente tra i più promettenti per le nostre imprese». Il ruolo degli avvocati è di certo importante nei rapporti tra Italia e Russia. Non è un caso che a Mosca hanno accolto con grande clamore l'incontro tra Conte e Putin. «Nessuna calamità, neanche di carattere globale, può influenzare il desiderio reciproco di cooperare di Italia e Russia», ha raccontato la tv di Stato russa, molto vicina al governo. Insomma con gli studi legali alle spalle forse tra Roma e Mosca potrebbe iniziare il vero disgelamento.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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