2024-11-02
«L’alluvione è solo colpa del clima». E mai di chi non ripulisce i fiumi
Per tragedie come quelle dell’Emilia o di Valencia viene sempre crocifisso l’uomo che causa il riscaldamento globale (qui pure con le corride...). Non un dubbio sui governanti che predicano di non toccare alvei e argini.Se non vorticassero come avvoltoi sul luogo ancora dolente della tragedia, potrebbero risultare persino divertenti per quanto si affannano, per quanto inventano e s’arrampicano sugli specchi. Non che sconvolga: hanno trovato il grande alibi del riscaldamento globale e lo sfruttano, fanno di tutto pur di nascondere le responsabilità politiche e puntellare una ideologia pseudoecologista che - a questo punto, tocca prenderne atto - si è rivelata letale.Come funzioni il meccanismo lo ha spiegato benissimo il geologo Philippe Pelletier qualche anno fa, descrivendo le caratteristiche del catastrofismo verde contemporaneo: «Per imporsi in un mondo moderno dove si mescolano razionalismo e religiosità vecchia o nuova, scetticismo e fanatismo, rivolta e fatalismo, ogni ideologia a vocazione egemonica deve picchiare duro», ha scritto. «Per questo motivo, il catastrofismo che viene predicato non esita a coltivare la più grande confusione. In quasi tutti i rapporti dedicati all’ambiente, il riscaldamento globale appare come la panacea esplicativa». Nelle ultime ore, dopo l’alluvione di Valencia, abbiamo assistito al dispiegarsi di questo metodo, con robusto contorno di apocalisse (del resto, lo ha notato sempre Pelletier, questo genere di ecologismo è di fatto una religione che ha sostituito la natura a Dio). Ovviamente, nella baraonda gnostica, non possono mancare i toni da guerra santa, l’individuazione del nemico assoluto da combattere e l’invito alla mobilitazione totale.Ecco allora che, sulla prima pagina di Avvenire, Massimo Calvi ci comunica la tragica verità: «L’Europa non è più un posto sicuro». È la stessa tesi veicolata da Repubblica, che parla di «mezzo milione di vittime per le stragi climatiche» e scomoda il meteorologo Carlo Cacciamani per sostenere che «non esistono più luoghi sicuri». Avvenire, però, dà al tutto un tocco millenaristico imperdibile.Sul giornale dei vescovi, Massimo Calvi paragona l’alluvione all’11 settembre 2001, niente meno, e dettaglia: «È vero, il nemico è diverso, la minaccia non è un disegno lucido e folle originato dalla volontà umana di generare terrore e così il sacrificio di vite umane pagato a una natura verso la quale noi europei abbiamo imparato a rapportarci valutandone la forza e l’imprevedibilità, insieme alla bellezza e ai suoi doni». Ma certo, la dea natura ora ci presenta il conto, brama il sacrificio e per fortuna che a ricordarlo è un quotidiano cattolico.Non ci viene risparmiata nemmeno la tremenda profezia: «Il clima cambierà ancora, l’impatto di alcune attività umane è provato e le ricerche, oggi, dicono che superare anche solo per poco una certa soglia di temperatura globale potrebbe avere conseguenze climatiche irreversibili, pure se a un certo punto riuscissimo a tornare indietro. Questo non dovrebbe abbandonarci al fatalismo e alla rassegnazione, ma condurci a quella lucida consapevolezza capace di sostenere le decisioni migliori nell’affrontare una crisi che, sempre di più, riguarda tutti, senza distinzioni». Insomma c’è poca speranza: siamo in battaglia, siamo tutti coinvolti, dunque dobbiamo accettare le soluzioni che ci vengono imposte dall’alto senza rimuginare né criticare troppo poiché ne va della nostra stessa vita. Sulla Stampa lo ribadisce Telmo Pievani, che viene a tirarci per la giubba: «Potrebbe succedere lo stesso in Italia, la potenza della natura è fuori controllo». Casomai vi sentiste assolti...Oddio, non che altrove vengano offerte letture più approfondite e meno totalitarie. Consola il fatto che via siano inarrivabili punte di ridicolo a temperare le tirate mortifere. Sul Corriere della Sera, la scrittrice madrilena Rosa Montero - che, però, ha molti amici a Valencia - prima spiega che siamo di fronte alla «catastrofe più grande di questo secolo» (ma non era il Covid?), poi aggiunge che è colpa del riscaldamento globale e che «nessuno poteva essere preparato» e, infine, se la prende con la corrida. Ah, la tauromachia! In sostanza, la Generalitat valenciana e il suo presidente avrebbero smantellato una unità di emergenza che avrebbe consentito una risposta più efficace. Il tutto per destinare fondi, appunto, alla tauromachia. Ne deduciamo che dare la colpa alla politica si può, ma solo se è di destra e se difende antiche tradizioni come la corrida. Chissà, magari se i tori fossero stati liberi, avrebbero bevuto più acqua e i fiumi si sarebbero svuotati.Comunque sia, il concetto è chiarissimo: si può dire qualunque cosa a patto di non tirare in ballo le responsabilità dei governanti sedicenti ecologisti. Sommessamente, Adais Casares sulla madrilena Edatv, ricorda che è stato il governo di Pedro Sánchez a mettere in atto una politica che prevede di «effettuare ripulimenti minimi dei fiumi, dando priorità alla conservazione della vegetazione e della fauna», anche se tutto ciò «riduce la capacità di drenaggio dei fiumi, aumentando così il rischio di danni alla popolazione, all’agricoltura, alle infrastrutture pubbliche e alle proprietà private in caso di piogge intense». Queste scelte, sistematizzare in un documento del 2023, sono state ampiamente rivendicate da Teresa Ribera, ministro della Transizione ecologica. Sotto la sua supervisione, «il governo ha completamente vietato il dragaggio per rimuovere i sedimenti e ripristinare la capacità di drenaggio dei fiumi . Questa posizione è confermata sia nella risposta parlamentare del 16 marzo 2023 che in altri documenti ufficiali».Certo, può darsi che le piogge aumentino e che il clima cambi. Ma se non si puliscono i fiumi e non si prende atto della realtà decidendosi a mettere in campo interventi che rispondano alle nuove esigenze, ci si consegna disarmati al disastro. Purtroppo, che si parli di Valencia o della Romagna, pare di rivedere la stessa sceneggiatura: il film catastrofico è in realtà un film politico, ma i registi sono ben nascosti dietro l’ecologismo.