2020-06-13
Alle Marche Giuseppi disse: «Comando io»
Luca Ceriscioli (Giuseppe Bellini - Getty Images)
Quando il governatore Luca Ceriscioli chiuse tutto da Roma giunse l'alt. E Francesco Boccia fece pure ricorso al tar.Il senatore pentastellato scatenato contro il magistrato. Roberto Calderoli: «Il csm la difenda».Lo speciale contiene due articoli.C'è un precedente, e i precedenti in diritto contano. Giuseppe Conte lo ha detto chiaramente: sul coronavirus comando io. Così accade che il 25 febbraio il presidente della giunta regionale delle Marche Luca Ceriscioli (Pd) convochi una conferenza stampa per annunciare un'ordinanza di chiusura di scuole e luoghi pubblici fino al 4 marzo, preoccupato di una possibile diffusione del virus in discesa dalla Romagna. Appena comincia a parlare arriva una telefonata di Giuseppe Conte. Quella telefonata è la pistola fumante che prova come sulle azioni di tutela, chiusura, istituzione di zone rosse Giuseppe Conte abbia rivendicato a se e solo a se la potestà di decidere. Il senso di quella chiamata in piena conferenza stampa è: ma che fai? Non ti azzardare. Ceriscioli prima abbozza, poi il giorno dopo emana comunque la sua ordinanza perché teme il contagio. Lo scontro istituzionale diventa pesantissimo. Giuseppe Conte lo ha già annunciato la sera prima. In una tesissima riunione alla Protezione civile si scontra con i presidenti di Regione che chiedono di agire, ma lui invoca un maggiore coordinamento. Dice: «Dobbiamo sempre adottare provvedimenti in piena concordia e devono essere nel segno dell'adeguatezza e della proporzionalità. Non è possibile che ognuno vada in ordine sparso, c'è il rischio di misure dannose sul piano, economico, sociale e complessivo». Alla fine, esasperato, Conte fa un atto d'imperio via etere, come sua abitudine. Alle 23,40 in un' intervista a Radio Uno detta: «Se non arriviamo a un coordinamento si renderanno necessarie misure che conterranno le prerogative dei governatori. Al momento le escludo, ma se dovesse aumentare il livello di emergenza adotteremo misure straordinarie». La mattina dopo appena Luca Ceriscioli prova a fare di testa sua il presidente del Consiglio interviene a gamba tesa. Ma siccome quel testardo di marchigiano va avanti Giuseppe Conte sempre affidandosi alle televisioni a L'aria che tira su La7 rimprovera Ceriscioli: «Ci ha sorpreso che dopo che tutti avevano concordato sul protocollo suggerito, le Marche abbiano realizzato uno scarto, una deviazione. Disporre la chiusura delle scuole crea problemi per i genitori. Ha solo effetti negativi e non positivi». A stretto giro il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia (Pd) tuona: «Con la sua decisione unilaterale di firmare un'ordinanza per la chiusura di tutte le scuole e Università della Regione Marche, il governatore Luca Ceriscioli si sfila dall'accordo raggiunto solo poche ore prima nell'incontro tra governo e Regioni alla Protezione civile e viene meno all'impegno preso con tutti gli altri governatori che invece si stanno attenendo alle disposizioni concordate». Boccia impugna davanti al Tar l'ordinanza del presidente delle Marche e quando il 27 febbraio i giudici amministrativi danno ragione al governo sempre Francesco Boccia trionfante commenta: «Lo Stato c'è si fa rispettare». Qualche mese più tardi, il 2 maggio, Boccia che se l'era presa con le Marche perché chiudevano le scuole impugnerà l'ordinanza della presidente della Regione Calabria Jole Santelli che invece disponeva la riapertura di bar e ristoranti. Dire che il governo ha fatto confusione forse è un'ovvietà. Boccia contro la Santelli che ha l'aggravante di essere di Forza Italia, dunque di centrodestra, è durissimo: «Penso che in un momento come questo nessuno può permettersi di anticipare scelte che non sono considerate sicure, mettendo a rischio la vita di lavoratori e clienti. Questo non è giusto. Mi auguro che la presidente Santelli segua le regole che disciplinano la vita delle nostre istituzioni. Sa che quell'atto è illegittimo». Il fatto che il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia ritenga preminenti i decreti del presidente del Consiglio che sono atti amministrativi rispetto all'ordinanza delle Regioni rende palese che il governo si ritenga unico responsabile della gestione della crisi Covid. Allora come può dire che la Lombardia poteva fare le zone rosse in autonomia? E come può dire che avendo schierato ad Alzano Lombardo carabinieri ed esercito doveva agire Attilio Fontana? È evidente che dall'inizio della crisi da Covid il governo ha avocato a sé tutti i poteri. Tant'è che il Tar bocciando Ceriscoli ricorda: «Al momento dell'ordinanza non c'erano casi conclamati di contagio dunque non era giustificato l'intervento». Anche se il famoso decreto del 23 febbraio, il giorno stesso del caso di Alzano, dispone che si possano adottare misure cautelative anche in assenza di emergenza conclamata. Ma il punto è un altro: quel decreto è come al solito scritto malissimo e genericamente dice che possono intervenire le «autorità competenti». Chi sono le autorità competenti? La Costituzione parla chiaro: tanto l'articolo 117 quanto l'articolo 120 pongono in capo allo Stato il compito di agire in caso di emergenza sanitaria nazionale. Ma del resto Giuseppe Conte e il suo ministro Francesco Boccia lo hanno detto in tutti modi che le Regioni dovevano solo obbedire. Ora Conte provi a spiegare al procuratore della Repubblica facente funzione di Bergamo, Maria Cristina Rota, che le cose dovevano andare diversamente. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/alle-marche-giuseppi-disse-comando-io-2646171342.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-grillini-si-scoprono-nemici-dei-pm-lannutti-indagate-quel-giudice" data-post-id="2646171342" data-published-at="1591989158" data-use-pagination="False"> I grillini si scoprono nemici dei pm. Lannutti: «Indagate quel giudice» Un attacco inaudito da parte del senatore del M5s Elio Lannutti, vicinissimo a Beppe Grillo, contro il procuratore facente funzioni di Bergamo, Maria Cristina Rota, infiamma il dibattito politico intorno agli interrogatori a Palazzo Chigi. «Giuseppe Conte», scrive Lannutti su Twitter, «i pm di Bergamo a Palazzo Chigi per sentirlo sull'inchiesta sulle zone rosse non istituite ad Alzano e Nembro. Sbaglio, o si tratta della stessa pm che ha già emesso sentenza assolutoria in tv per Fontana? Se ci fosse un Csm sarebbe già intervenuto. In un Paese normale», rincara la dose Lannutti, «con una giustizia e un Csm normali, l'esatto contrario di quanto acclarato col Sistema Palamara, con incarichi spartiti e pilotati ai vertici delle Procure, giudizi ad hoc a misura di potentati, la signora pm, invece di indagare su Conte, sarebbe già indagata». Il riferimento di Lannutti è a quanto affermato dalla Rota lo scorso 29 maggio, quando disse che l'istituzione della zona rossa «da quello che ci risulta, è una decisione governativa», affermazione parzialmente rettificata ieri. Le parole di Lannutti scatenano un vespaio di polemiche: «È bastato», dichiara il vicepresidente del Senato Roberto Calderoli, della Lega, «che il procuratore di Bergamo, Maria Cristina Rota, per accertare la verità sulla mancata istituzione della zona rossa in Val Seriana, decidesse in maniera corretta e legittima di ascoltare tutti i soggetti istituzionali informati dei fatti, e sottolineo tutti, per finire lei stessa nel mirino della furia grillina. Il Csm dovrebbe davvero intervenire come invocato dal senatore grillino Lannutti, ma dovrebbe intervenire per difendere e tutelare il pm Rota che invece Lannutti vorrebbe indagare. Siamo davvero», conclude Calderoli, «alla follia pentastellata». «Il grillino Lannutti», attacca la leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, «richiede l'intervento del Csm per mettere la museruola al pm di Bergamo che ha ascoltato il presidente Conte sulla mancata istituzione delle zone rosse. Siamo oltre il colpo di Stato: per i pentastellati i pubblici ministeri non hanno nemmeno il diritto di indagare, se le indagini si orientano su di loro. È proprio finita la stagione della onestà e dell'uno vale uno», aggiunge la Meloni, «e siamo ben oltre la casta: siamo ad un passo dalla dittatura. Bell'epitaffio morale sulla tomba politica di coloro che sono nati contro la casta e contro le immunità e che concludono la loro parabola politica minacciando e invocando sanzioni ai pm che svolgono il loro lavoro». «Ho sempre avuto simpatia per Lannutti», argomenta il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri, «che però, da quando è diventato grillino, è peggiorato notevolmente. Attacca il procuratore di Bergamo, tradendo il noto giustizialismo filo-giudici della sua parte politica, solo perché ha detto che gli errori in Lombardia li ha fatti il governo e non la Regione. Lannutti parla a titolo personale o a nome del suo movimento che è il pilastro del governo? Si lasci lavorare serenamente il procuratore», aggiunge Gasparri, «che bene ha fatto ad andare a Palazzo Chigi, perché i colpevoli stano lì dentro. Conte è un irresponsabile incompetente che dovrà assaggiare l'attenzione della magistratura. Le urla di Lannutti sono veramente deprecabili e attendo che in un lampo di raziocinio ammetta di avere sbagliato. In ogni caso», riflette Gasparri, «se si trattasse di una intimidazione alla magistratura bergamasca, non solo contraddirebbe le presunte tradizioni della sua parte politica ma risulterebbe un tentativo vano perché la ricerca della verità sarà da noi difesa e pretesa in ogni modo».
Ecco #DimmiLaVerità del 29 ottobre 2025. Ospite . L'argomento del giorno è: "La crisi del Pd e i tentativi di dar vita a un partito di centro alleato con la sinistra"
Cesare Parodi (Imagoeconomica)