2020-02-22
Alla Corte europea dei diritti umani ci sono cinque giudici già affiliati a Soros
Sono decine i cortocircuiti tra l'organismo e le Ong coinvolte nei processi. Open society spende 70 milioni per fare lobbying.Di 100 giudici permanenti che hanno fatto parte della Corte europea dei diritti dell'uomo nel decennio 2009-2019, ben 22 avevano potenziali conflitti d'interessi con almeno una di 7 Ong, tra le quali fanno la parte del leone associazioni ricomprese nel perimetro della tentacolare Open society, la fondazione di George Soros.Sono le conclusioni di uno studio presentato giovedì scorso dall'European centre for law and justice, un'organizzazione con sede a Strasburgo (come la Corte Edu), presieduta dal giurista francese Grégor Puppinck. Il centro studi ha analizzato 185 casi in cui erano coinvolte, a vario titolo, quelle Ong (Aire centre, Amnesty international, Commissione internazionale dei giuristi, Comitato Helsinki, Human rights watch, Interights e Open society). Ne è emerso che molto spesso, tra le toghe chiamate a decidere, figuravano personalità vicine a quelle stesse organizzazioni. Alcuni di quei giudici sono ancora alla Corte Edu. L'elenco dettagliato, fornito dall'Eclj, fa impressione. E com'era lecito aspettarsi, compare una sfilza di esempi soprattutto in relazione alla fondazione sorosiana. Basti pensare a Yonk Grozev, bulgaro tuttora in forza alla Corte: costui ha fatto parte del board di Open society nel suo Paese, oltre che di un'atra branca branca dell'ente creato da Soros, sia tra il 2001 e il 2004, sia tra il 2011 e il 2015. Proprio in questa veste, ha contribuito a finanziare il Comitato Helsinki (di cui, per di più, è stato membro fondatore a Sofia, tra il 1992 e il 2013). Ed è stato coinvolto in due procedimenti in cui figurava la sezione bulgara di quest'ultima associazione. In entrambi i casi, i ricorrenti hanno ottenuto una vittoria, sia pure parziale: sono cioè state contestate violazioni dei diritti umani al governo bulgaro.Ma di toghe Edu legate a Open society se ne trovano quasi da tutti i Paesi europei: delle 22 cui l'Eclj contesta conflitti d'interessi, 12 hanno collegamenti con la galassia di Soros. E 8 di quei 12 hanno fatto parte dei collegi chiamati a sentenziare su un caso in cui erano coinvolte Open society e le sue organizzazioni affiliate.Basti pensare a Egidijus Kuris, lituano, ancora membro della Corte, il quale, nel suo Paese, ha avuto incarichi nella fondazione sorosiana tra il 1993 e il 2003. Il lettone Martins Mits (pure lui tutt'oggi attivo) ha lavorato per due istituzioni culturali finanziate da Open society. Gli altri due giudici vicini a Soros e ancora a lavoro sono Darian Pavli (Albania) e Ksenija Tuckovic (Croazia): entrambi, in patria, sono stati esponenti di Open society.Le decisioni della Corte dei diritti dell'uomo, che è affiliata al Consiglio d'Europa e quindi non è un organismo dell'Ue, non sono vincolanti. Nondimeno, gli Stati che hanno aderito alla Cedu si sono impegnati ad applicarne le sentenze. Si tratta di pronunciamenti che possono modificare in modo sostanziale le legislazioni nazionali, specie in tema di diritti Lgbt o di sistemi penali. Un esempio italiano? A ottobre 2019, i giudici Edu avevano dichiarato illegittimo l'ergastolo ostativo per i mafiosi. Due settimane dopo, alla stessa conclusione (giudizio di incostituzionalità) è arrivata la nostra Consulta. Non che ci sia un rapporto di causalità diretta, ma è chiaro che, nel nome del dialogo globale tra giuristi, ci sia un'uniformazione dei pareri espressi dalle corti nazionali e sovranazionali. Un inquietante parallelo, poi, accomuna la Corte Edu alla Corte costituzionale italiana. Tra le ragioni per cui le Ong sono riuscite a penetrare così a fondo nei meccanismi che influenzano i pronunciamenti dei giudici di Strasburgo, il report dell'Eclj segnala infatti la pratica degli amici curiae: si parla di quelle circostanze in cui le Ong vengono ammesse alla discussione del caso in esame come «parti terze», come esperti della questione oggetto del giudizio. In verità, di «terzo» le Ong hanno ben poco: la loro neutralità, si legge nel resoconto, «è spesso solo di facciata». Alla fine, la consulenza si risolve nel più classico tentativo di fare lobbying. Ebbene: l'idea di ascoltare gli amici curiae è una delle innovazioni volute dalla nuova presidente della Consulta, Marta Cartabia (la sostenitrice della «giustizia dal volto umano», come ha detto a Repubblica). A questo punto, a salvare la Corte costituzionale da un assedio politico dei gruppi di pressione, può essere solo il buon senso dei magistrati: essi dovranno premurarsi di ascoltare sempre punti di vista tra loro contrapposti, per evitare che la Consulta si trasformi in una sorta di forum dedicato alle Ong e alle onlus progressiste. A fronte dei numerosissimi cortocircuiti tra giudici Edu e Organizzazioni non governative, mancano norme di trasparenza. E non esiste nemmeno una procedura che obblighi un giudice a chiamarsi fuori da un procedimento nel quale abbia maturato un conflitto d'interessi. Di 313 casi in dieci anni in cui c'è stata una defezione da parte di un membro del collegio giudicante, infatti, solo 12 sono stati motivati dai legami tra la toga e l'Ong coinvolta. Insomma, la Corte Edu è totalmente disarmata dinanzi a corazzate come la sorosiana Open society. Questa ha pubblicato un lungo manuale sul metodo di selezione dei giudici Edu, poiché sa che, soprattuto nei Paesi piccoli e con governi deboli, si possono condizionare le rose di candidati proposti per la nomina. Inoltre, ha investito ingenti risorse per influenzare la Corte di Strasburgo: il suo budget annuale parla di 90 milioni di dollari destinati alle «operazioni» in Europa e di ben 70 milioni alle attività legate alla Corte Edu. Se non è un'Opa, poco ci manca.
Francesco Nicodemo (Imagoeconomica)
(Ansa)
L'ad di Cassa Depositi e Prestiti: «Intesa con Confindustria per far crescere le imprese italiane, anche le più piccole e anche all'estero». Presentato il roadshow per illustrare le opportunità di sostegno.
Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)