2018-07-22
«Alibaba porta in Italia il Paypal cinese»
Rodrigo Cipriani Foresio, responsabile europeo delle attività del gruppo: «A livello mondiale la nostra app fa più transazioni di Mastercard. Convenzioni con 7.000 negozi del Belpaese. Siamo il tramite fra le imprese locali e Pechino: un mercato formato da 552 milioni di clienti».Rodrigo Cipriani Foresio (25 anni in Mediaset, ex presidente di Buonitalia e dell'Istituto Luce) è managing director per il Sud Europa e responsabile paneuropeo dello sviluppo delle piattaforme Tmall, Tmall global e Tmall direct import, le principali attività di e-commerce dirette ai consumatori di Alibaba, il gruppo fondato da Jack Ma nel 1999, con un giro d'affari di 768 miliardi di dollari. Ieri ha festeggiato i suoi primi 1.000 giorni ai vertici della società con il più grande evento mai realizzato da Alibaba fuori dalla Cina: The colours of Italian beauty, dedicato al mondo della cosmetica. Per l'occasione sono stati presentati quattro nuovi marchi (Deborah, Diego dalla Palma Milano, Rvb Lab e Kiko) che si aggiungono ai 15 già in portafoglio sulla piattaforma.L'industria cosmetica è uno dei settori commerciali più promettenti in Cina. Il profilo del consumatore si sta spostando verso una fascia d'età più giovane, con maggiore capacità di spesa e con una maggiore predisposizione per i beni di lusso. Le entrate del commercio al dettaglio della cosmetica in Cina sono cresciute da 19,5 miliardi di yuan nel marzo 2016 a 24,8 miliardi di yuan nel marzo 2018. E, secondo uno studio di Euromonitor international, il giro d'affari del segmento maschile è destinato a raggiungere quota 1,9 miliardi di yuan nel 2019. Qual è la vostra clientela?«L'80% ha meno di 35 anni. Il 55% sono millennial dai 18 ai 25 anni. Il settore del lusso ha una logica diversa, quindi abbiamo creato il Luxury pavilion per una clientela più ristretta. Sulla nostra piattaforma vendiamo dal latte alle Maserati».Come scegliete i brand? «Per andare su Alibaba bisogna avere un codice d'invito che arriva dal nostro reparto marketing. Oppure noi aiutiamo le piccole aziende a preparare la documentazione che serve per essere invitati. Tmall e Tmall global sono le piattaforme che permettono la vendita ai consumatori cinesi. Per essere su Tmall bisogna avere la legal identity cinese. Tmall global permette anche alle aziende senza la legal identity cinese e che non hanno presenza fisica in Cina di vendere online. Molti buyer cinesi non conoscono il mondo occidentale e questo è il motivo principale per cui, due anni e mezzo fa, fu deciso di aprire delle sedi in tutto il mondo per cercare di selezionare i nuovi brand di nicchia. Alibaba è un grande strumento che ti può mettere a contatto con 552 milioni di clienti immediatamente. Ma non è che si apre lo store ed è fatta. Ci vogliono un progetto, spesso una struttura dedicata, qualcuno che parli cinese, esperienza di ecommerce. E un piano a tre-cinque anni. Un impegno non da poco. La Cina può dare grandi opportunità e l'Italia è il secondo Paese in Europa per l'export. In Cina ci sono 1,5 miliardi di persone, 300 milioni di giovani della classe media che diventeranno 500 nei prossimi anni. Cercano prodotti di qualità, trendy, quindi l'Italia ha tutti questi requisiti. Il consumatore cinese va conosciuto. Oggi sono circa 200 gli store italiani presenti su Tmall e Tmall global e oltre 1.000 i brand italiani sulle piattaforme Alibaba». Quando arriverà Jack Ma in Italia? «Speriamo presto. Vorrei, intanto, iniziare a stringere relazioni con il nuovo governo, perché sono parecchi i temi di cui parlare. Ottimo il rapporto con il ministero dell'Agricoltura che ha assunto anche le deleghe del made in Italy, scelta intelligente. Abbiamo già iniziato le collaborazioni su tutti i prodotti alimentari. In più il sottosegretario allo Sviluppo economico con delega all'internazionalizzazione è il professor Michele Geraci, che insegna in diverse università cinesi. Ci apprestiamo a incontrarlo nelle prossime settimane». Che accordo avete con Ubi?«La piattaforma finanziaria di Alibaba, Ant financial services group, ha selezionato Zhong Ou asset management, partecipata al 25% da Ubi Banca, come gestore di uno dei quattro nuovi fondi di liquidità offerti dalla piattaforma di wealth management del gruppo, Yu'e Bao, che ha oltre 400 milioni di utilizzatori (creata per gestire in modo efficace le giacenze dei clienti destinate agli acquisti e ai pagamenti online, ndr). Nei primi due mesi di attività del nuovo fondo, Zhong Ou asset management ha registrato nuovi flussi in entrata per circa 8 miliardi di euro, provenienti da oltre 4 milioni di clienti. Lavoriamo con le principali banche italiane, Unicredit, Banca Intesa, Ubi, Banca Sella per diffondere il sistema di pagamento Alipay per i turisti cinesi in Italia». Alipay è la dimostrazione che bisogna conoscere l'ecosistema Alibaba, capace di organizzare la vita ai cinesi.«Un sistema di pagamento unico, usato da più di 650 milioni di cinesi. Fa più transazioni di Mastercard, e ha un'applicazione sul cellulare. È utilizzabile in 7.000 negozi italiani, per la maggioranza a Milano. Quindi, il cinese che arriva, e che spenderebbe non più di 10.000 dollari (il limite di contanti che si possono importare senza dichiarazione doganale, ndr), con Alipay può spendere molto di più. L'anno scorso sono arrivati in Italia 3 milioni di cinesi, si stima abbiano speso tra i 1.000 e i 1.200 euro a testa, che non è molto, ma 3 milioni per 1.000 fa 3 miliardi: con Alipay possono spendere il doppio».Quali sono le principali novità per il futuro?«Da poco sono entrati Thun e Foppapedretti. Ora stiamo cercando di sviluppare maggiormente Alibaba cloud, il più grande fornitore cinese di servizi di public cloud. Offre servizi in tutto il mondo ed è partner ufficiale dei Cio. Qualche giorno fa abbiamo concluso un accordo con il team di Fernando Alonso. In Italia ci sono già accordi con Costa Crociere e Pirelli, che ha anche uno store su Tmall classic». Jack Ma non è interessato alle nostre squadre di calcio? «No. Ma mi auguro che soprattutto l'Inter, che appartiene al gruppo Suning di cui Alibaba è azionista, presto venda i suoi prodotti su Alibaba. La Juventus lo fa già, come il Real Madrid, il Bayern Monaco e il Manchester City».
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