2025-05-05
Alessandro Orsini: «Per l’Ucraina non esiste più una soluzione diplomatica»
Alessandro Orsini (Imagoeconomica)
L’esperto: «Trump per Kiev non può far nulla: ha ristabilito le relazioni con Putin solo per evitare una guerra tra Russia e Europa, ma l’Ue non ha l’intelligenza per capirlo».Alessandro Orsini è professore associato di Sociologia nel Dipartimento di scienza politica della Luiss. Professore, Washington e Kiev hanno trovato l’accordo sulle terre rare, con conseguente invio di nuove armi all’Ucraina da parte degli Usa. Zelensky ha definito l’intesa «davvero equa». È così, secondo lei?«Non è un’intesa equa. È un contratto vessatorio di natura neocoloniale che Zelensky ha dovuto accettare con il coltello alla gola per avere armi in una situazione tragica. Il neocolonialismo è il colonialismo sotto mentite spoglie. Formalmente, l’Ucraina non è una colonia degli Stati Uniti, ma lo è nella sostanza. I proventi delle terre rare sono divisi al 50%. Poi questa percentuale si sbilancerà in favore degli americani con l’invio di nuove armi a Zelensky. I redditi e gli investimenti americani in Ucraina non potranno essere tassati da Kiev. È un privilegio fiscale tipicamente neocoloniale. Inoltre, gli accordi prevedono che la Casa Bianca metta le mani anche su oro, petrolio e gas. Il contratto non potrà mai essere modificato, né dal governo di Kiev, né dal Parlamento ucraino. Zelensky ha compromesso le possibilità di sviluppo degli ucraini per comprare le armi con cui condurre una guerra persa. Gli accordi escludono la Cina dalla ricostruzione dell’Ucraina. Una colonia può avere un solo colonizzatore». Donald Trump ha dichiarato che l’accordo con Zelensky potrebbe «inibire Vladimir Putin». «È inverosimile. La Casa Bianca ha creato un gruppo di contatto di 54 governi contro la Russia: non è servito a niente. Putin non è stato inibito dalle armi e dalle sanzioni di Nato, Unione europea e Stati Uniti. Figuriamoci se possa essere inibito dal contratto sulle terre rare. Tanto più che l’estrazione di queste risorse potrà avvenire soltanto a guerra terminata. Mentre Trump firmava il contratto con Zelensky per le terre rare, Putin bombardava Kiev a tappeto. Putin mi è sembrato piuttosto disinibito». Qual è la strategia di Donald Trump, ammesso ne abbia una ben definita?«Trump non ha una strategia. Non sa come uscire dalla guerra e, infatti, si è appena ritirato dalle trattative, certificando il suo fallimento come pacificatore. La Nato ha superato troppe linee rosse trasformando la guerra in Ucraina in una tragedia senza soluzione diplomatica. Siccome la Nato ha investito moltissimo per sconfiggere la Russia sul campo, Putin è giunto alla conclusione che i problemi in Ucraina possano essere risolti soltanto con la forza. Trump ne è consapevole ed è per questo che ha ristabilito le relazioni diplomatiche con Putin. Il fatto che Trump abbia ristabilito le relazioni con Putin è stata una decisione di grande intelligenza a vantaggio dell’Europa, ma l’Europa non ha l’intelligenza per capirlo. Immaginiamo che, a un certo punto, Putin valuti un attacco nucleare come fece durante la battaglia di Kherson nel settembre 2022. Trump potrebbe almeno parlare con Putin per dissuaderlo. Trump sa che l’Ucraina è spacciata. La sua strategia è aspettare il crollo. La vera paura di Trump non è il crollo dell’Ucraina, ma la guerra tra Russia e Inghilterra nell’eventualità che Starmer e Macron mandino soldati in Ucraina. L’Europa deve fare la guerra quando lo dice Biden e deve smettere di farla quando lo dice Trump. Come ho spiegato nel mio ultimo libro, Casa Bianca-Italia, l’Europa deve obbedire: questa è la logica della Casa Bianca. Trump non può permettere che l’Europa decida da sola cosa fare con la Russia. A Trump va bene il crollo dell’Ucraina, ma non la guerra diretta tra Russia e Europa». Chi, come lei, critica la spinta bellicista dell’Ue e della stragrande maggioranza dei media è tacciato di filoputinismo. Una lettura manichea, senza dubbio. Tuttavia, gli ucraini sono vittima di un’aggressione. A farne le spese maggiori sono i civili. Come sostenerli, se non con invio di armamenti?«Non si può fare più niente per i civili. I problemi verranno risolti sul campo con il massacro del popolo ucraino. È del tutto inutile domandarmi quale sia la soluzione diplomatica alla guerra perché questa soluzione non esiste più. Esisteva nel marzo 2022. Oggi è svanita».Perché?«Perché all’inizio della guerra Putin non chiedeva nemmeno un centimetro quadrato del territorio ucraino. Il 30 settembre 2022 la Russia ha annesso quattro regioni ucraine. E le ha annesse perché la Nato e l’Unione europea hanno esecrato la diplomazia giurando che avrebbero ridotto i russi in poltiglia. Io l’avevo detto che sarebbe andata a finire male, ma non sono stato creduto. All’inizio della guerra, avevo fatto la seguente previsione sotto forma di proposizione bivariata: “Per ogni proiettile della Nato che l’Ucraina lancerà contro la Russia, la Russia lancerà dieci proiettili contro l’Ucraina”. Così è stato. Impegnandosi a sconfiggere la Russia sul campo, l’Unione europea e la Nato hanno innalzato gli obiettivi territoriali di Putin. Putin ha detto: “Volete sconfiggere la Russia? Va bene, vediamo se ci riuscite”. E ha annesso quattro oblast. La Nato e l’Unione europea hanno pensato di sconfiggere un esercito fortissimo con un esercito debolissimo. Smettiamola con la retorica dell’esercito ucraino forte e invincibile. L’esercito ucraino non ha nemmeno i proiettili per la cacciagione. Un esercito totalmente dipendente dall’estero non è un esercito forte per definizione».Però Mosca avanza lentamente.«L’esercito americano in Donbass non avrebbe fatto meglio di quello russo, come dimostra l’esperienza in Vietnam e in Afghanistan. E, comunque, Putin sta usando la strategia incrementale. Il fatto di avanzare lentamente è una strategia studiata a tavolino per mantenere il consenso interno. Putin potrebbe avanzare rapidamente, se lo volesse, ma dovrebbe sconvolgere la società russa». Quali sono le colpe di Zelensky?«Nell’aprile 2022 Putin non voleva nemmeno un centimetro quadrato dell’Ucraina. Oggi vuole quattro oblast. Zelensky fece saltare le trattative perché era convinto che la guerra fosse più conveniente della diplomazia. E ha sbagliato i calcoli. Zelensky ha iniziato la controffensiva del 5 giugno 2023 nella certezza di spazzare via i russi. Terminata la controffensiva, l’Ucraina è sprofondata. Poi Zelensky ha continuato a commettere errori. Il 6 agosto 2024 ha invaso la regione di Kursk. Un altro fallimento colossale che ha accelerato la caduta delle roccaforti ucraine in Donbass. Il 6 agosto 2024 scrissi su X: “Per ogni passo avanti, l’Ucraina farà due passi indietro”. Così è stato». Però i colloqui della primavera 2022 non prevedevano nessuna garanzia di sicurezza per l’Ucraina.«Non per colpa di Putin, ma per colpa dell’Occidente. I Paesi della Nato e dell’Unione europea si rifiutano categoricamente di impegnarsi a sparare sui russi nel caso in cui, dopo la pace, la Russia riprenda ad attaccare l’Ucraina. Zelensky chiede un impegno formale di questo tipo a Stati Uniti, Italia, Francia, Germania e Inghilterra».Questi Paesi come rispondono a Zelensky?«Gli ridono in faccia. Se volessero, Francia, Inghilterra e Germania potrebbero dare le garanzie di sicurezza che Zelensky chiede loro. Ma sono terrorizzati dalle 6.000 testate nucleari della Russia. Quindi non vogliono dare nessuna garanzia di sicurezza perché non vogliono replicare il meccanismo di innesco della Seconda guerra mondiale. Ecco perché gli Stati Uniti non vogliono l’Ucraina nella Nato. L’articolo 5 ci porterebbe all’inferno oppure verrebbe disatteso, decretando la morte della Nato». Corsa al riarmo (in deroga ai vincoli economici imposti come dogmi e bypassando l’Europarlamento), elezioni annullate in Romania dopo la vittoria del candidato anti Ue, video grotteschi con kit di sopravvivenza… L’Ue si sta suicidando, senza averne contezza?«Il problema del suicidio è superato. L’Unione europea è morta il 24 febbraio 2022, politicamente parlando. Non ho mai visto un morto suicidarsi. Trump prende i soldi da Zelensky. Zelensky prende i soldi dall’Unione europea. L’Unione europea non prende i soldi da nessuno e continua a finanziare una guerra che ha perso malamente, ed è pure esclusa dai negoziati. Il fallimento politico dell’Unione europea si può riassumere così: ha dato tutto e non ha avuto niente, se non sconfitte e umiliazioni».Quale futuro vede per l’Ucraina?«Un futuro tragico. Putin la priverà delle regioni più ricche e strategiche. L’Ucraina perderà lo sbocco al mare quasi interamente. Perderà anche la sua indipendenza. Sarà sottoposta alla doppia sferza padronale di Stati Uniti e Russia. Una parte dell’Ucraina andrà alla Russia; l’altra parte diventerà la Bielorussia degli Stati Uniti». La partita dei negoziati tra Usa e Russia sull’Ucraina si gioca anche guardando al Medio Oriente. La Siria, dopo la cacciata di Assad, è un punto dolente per Putin. Secondo lei, che carte stanno mettendo sul tavolo a tal riguardo Casa Bianca e Cremlino?«Russia e Stati Uniti non vogliono una grande guerra in Medio Oriente. Israele sta facendo di tutto per scatenarla. Se Trump bombardasse i pozzi petroliferi dell’Iran, l’Iran, molto probabilmente, bombarderebbe i pozzi petroliferi degli alleati americani in Medio Oriente, con conseguente catastrofe economica per l’Europa e l’Occidente. Trump non prenderà l’Iran con i caccia, come Johnson non ha preso il Vietnam. Gli aerei non bastarono a Johnson e non basterebbero a Trump. La Casa Bianca può forse distruggere i siti nucleari dell’Iran, ma non il suo programma nucleare. Le conoscenze che l’Iran ha acquisito per arricchire l’uranio non possono essere bombardate. Con l’Iran occorre un compromesso, che richiede il rovesciamento di Netanyahu, non di Khamenei. Tutta la documentazione disponibile dice che l’Iran vuole vivere in pace con l’Occidente. La lobby israeliana collegata a Netanyahu dice il contrario. La sua funzione è inquinare l’informazione con notizie false. È una notizia falsa che l’Iran voglia distruggere Israele ed è una notizia falsa che l’Iran voglia vivere in guerra con l’Occidente».
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La consulenza super partes parla chiaro: il profilo genetico è compatibile con la linea paterna di Andrea Sempio. Un dato che restringe il cerchio, mette sotto pressione la difesa e apre un nuovo capitolo nell’indagine sul delitto Poggi.
La Casina delle Civette nel parco di Villa Torlonia a Roma. Nel riquadro, il principe Giovanni Torlonia (IStock)
Dalle sue finestre vedeva il Duce e la sua famiglia, il principe Giovanni Torlonia. Dal 1925 fu lui ad affittare il casino nobile (la villa padronale della nobile casata) per la cifra simbolica di una lira all’anno al capo del Governo, che ne fece la sua residenza romana. Il proprietario, uomo schivo e riservato ma amante delle arti, della cultura e dell’esoterismo, si era trasferito a poca distanza nel parco della villa, nella «Casina delle Civette». Nata nel 1840 come «capanna svizzera» sui modelli del Trianon e Rambouillet con tanto di stalla, fu trasformata in un capolavoro Art Nouveau dal principe Giovanni a partire dal 1908, su progetto dell’architetto Enrico Gennari. Pensata inizialmente come riproduzione di un villaggio medievale (tipico dell’eclettismo liberty di quegli anni) fu trasformata dal 1916 nella sua veste definitiva di «Casina delle civette». Il nome derivò dal tema ricorrente dell’animale notturno nelle splendide vetrate a piombo disegnate da uno dei maestri del liberty italiano, Duilio Cambellotti. Gli interni e gli arredi riprendevano il tema, includendo molti simboli esoterici. Una torretta nascondeva una minuscola stanza, detta «dei satiri», dove Torlonia amava ritirarsi in meditazione.
Mussolini e Giovanni Torlonia vissero fianco a fianco fino al 1938, alla morte di quest’ultimo all’età di 65 anni. Dopo la sua scomparsa, per la casina delle Civette, luogo magico appoggiato alla via Nomentana, finì la pace. E due anni dopo fu la guerra, con villa Torlonia nel mirino dei bombardieri (il Duce aveva fatto costruire rifugi antiaerei nei sotterranei della casa padronale) fino al 1943, quando l’illustre inquilino la lasciò per sempre. Ma l’arrivo degli Alleati a Roma nel giugno del 1944 non significò la salvezza per la Casina delle Civette, anzi fu il contrario. Villa Torlonia fu occupata dal comando americano, che utilizzò gli spazi verdi del parco come parcheggio e per il transito di mezzi pesanti, anche carri armati, di fatto devastandoli. La Casina di Giovanni Torlonia fu saccheggiata di molti dei preziosi arredi artistici e in seguito abbandonata. Gli americani lasceranno villa Torlonia soltanto nel 1947 ma per il parco e le strutture al suo interno iniziarono trent’anni di abbandono. Per Roma e per i suoi cittadini vedere crollare un capolavoro come la casina liberty generò scandalo e rabbia. Solo nel 1977 il Comune di Roma acquisì il parco e le strutture in esso contenute. Iniziò un lungo iter burocratico che avrebbe dovuto dare nuova vita alle magioni dei Torlonia, mentre la casina andava incontro rapidamente alla rovina. Il 12 maggio 1989 una bimba di 11 anni morì mentre giocava tra le rovine della Serra Moresca, altra struttura Liberty coeva della casina delle Civette all’interno del parco. Due anni più tardi, proprio quando sembrava che i fondi per fare della casina il museo del Liberty fossero sbloccati, la maledizione toccò la residenza di Giovanni Torlonia. Per cause non accertate, il 22 luglio 1991 un incendio, alimentato dalle sterpaglie cresciute per l’incuria, mandò definitivamente in fumo i progetti di restauro.
Ma la civetta seppe trasformarsi in fenice, rinascendo dalle ceneri che l’incendio aveva generato. Dopo 8 miliardi di finanziamenti, sotto la guida della Soprintendenza capitolina per i Beni culturali, iniziò la lunga e complessa opera di restauro, durata dal 1992 al 1997. Per la seconda vita della Casina delle Civette, oggi aperta al pubblico come parte dei Musei di Villa Torlonia.
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Oltre quaranta parlamentari, tra cui i deputati di Forza Italia Paolo Formentini e Antonio Giordano, sostengono l’iniziativa per rafforzare la diplomazia parlamentare sul corridoio India-Middle East-Europe. Trieste indicata come hub europeo, focus su commercio e cooperazione internazionale.
È stato ufficialmente lanciato al Parlamento italiano il gruppo di amicizia dedicato all’India-Middle East-Europe Economic Corridor (IMEC), sotto la guida di Paolo Formentini, vicepresidente della Commissione Affari esteri, e di Antonio Giordano. Oltre quaranta parlamentari hanno già aderito all’iniziativa, volta a rafforzare la diplomazia parlamentare in un progetto considerato strategico per consolidare i rapporti commerciali e politici tra India, Paesi del Golfo ed Europa. L’Italia figura tra i firmatari originari dell’IMEC, presentato ufficialmente al G20 ospitato dall’India nel settembre 2023 sotto la presidenza del Consiglio Giorgia Meloni.
Formentini e Giordano sono sostenitori di lunga data del corridoio IMEC. Sotto la presidenza di Formentini, la Commissione Esteri ha istituito una struttura permanente dedicata all’Indo-Pacifico, che ha prodotto raccomandazioni per l’orientamento della politica italiana nella regione, sottolineando la necessità di legami più stretti con l’India.
«La nascita di questo intergruppo IMEC dimostra l’efficacia della diplomazia parlamentare. È un terreno di incontro e coesione e, con una iniziativa internazionale come IMEC, assume un ruolo di primissimo piano. Da Presidente del gruppo interparlamentare di amicizia Italia-India non posso che confermare l’importanza di rafforzare i rapporti Roma-Nuova Delhi», ha dichiarato il senatore Giulio Terzi di Sant’Agata, presidente della Commissione Politiche dell’Unione europea.
Il senatore ha spiegato che il corridoio parte dall’India e attraversa il Golfo fino a entrare nel Mediterraneo attraverso Israele, potenziando le connessioni tra i Paesi coinvolti e favorendo economia, cooperazione scientifica e tecnologica e scambi culturali. Terzi ha richiamato la visione di Shinzo Abe sulla «confluenza dei due mari», oggi ampliata dalle interconnessioni della Global Gateway europea e dal Piano Mattei.
«Come parlamentari italiani sentiamo la responsabilità di sostenere questo percorso attraverso una diplomazia forte e credibile. L’attività del ministro degli Esteri Antonio Tajani, impegnato a Riad sul dossier IMEC e pronto a guidare una missione in India il 10 e 11 dicembre, conferma l’impegno dell’Italia, che intende accompagnare lo sviluppo del progetto con iniziative concrete, tra cui un grande evento a Trieste previsto per la primavera 2026», ha aggiunto Deborah Bergamini, responsabile relazioni internazionali di Forza Italia.
All’iniziativa hanno partecipato ambasciatori di India, Israele, Egitto e Cipro, insieme ai rappresentanti diplomatici di Germania, Francia, Stati Uniti e Giordania. L’ambasciatore cipriota ha confermato che durante la presidenza semestrale del suo Paese sarà dedicata particolare attenzione all’IMEC, considerato strategico per il rapporto con l’India e il Medio Oriente e fondamentale per l’Unione europea.
La presenza trasversale dei parlamentari testimonia un sostegno bipartisan al rapporto Italia-India. Tra i partecipanti anche la senatrice Tiziana Rojc del Partito democratico e il senatore Marco Dreosto della Lega. Trieste, grazie alla sua rete ferroviaria merci che collega dodici Paesi europei, è indicata come principale hub europeo del corridoio.
Il lancio del gruppo parlamentare segue l’incontro tra il presidente Meloni e il primo ministro Modi al G20 in Sudafrica, che ha consolidato il partenariato strategico, rilanciato gli investimenti bilaterali e discusso la cooperazione per la stabilità in Indo-Pacifico e Africa. A breve è prevista una nuova missione economica guidata dal vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri Tajani.
«L’IMEC rappresenta un passaggio strategico per rafforzare il ruolo del Mediterraneo nelle grandi rotte globali, proponendosi come alternativa competitiva alla Belt and Road e alle rotte artiche. Attraverso la rete di connessioni, potrà garantire la centralità economica del nostro mare», hanno dichiarato Formentini e Giordano, auspicando che altri parlamenti possano costituire gruppi analoghi per sostenere il progetto.
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